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Attenzione: alcune scene potrebbero essere un po'... oltre? Poi non dite che non vi avevo avvisato.

Buona lettura!

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NESSUN PUNTO DI VISTA

Si sedette sul letto di legno, tamburellando le dita contro la superficie piatta mentre fissava il terreno con uno sguardo stordito. Aveva una tuta arancione, il suo corpo libero e completamente pulito dal sangue secco. Egli aprì con un gesto violento la tuta, fino all'ombelico e diede un forte strattone, in modo che ci fosse uno strappo nella parte superiore della vita, esponendo la sua pelle tatuata.

Riusciva a concentrarsi solo sulla sottile linea nera che sfrecciava di fronte a lui. La cosa era molto strana e lo confuse. Ma portò anche rabbia in lui. Strinse i pugni sul letto di legno, dondolandosi avanti e indietro, parole sommesse uscivano dalla sua bocca. "No!" Urlò, lasciandosi andare nel letto. Strinse i suoi capelli e chiuse gli occhi. Sapeva che cos'era quella linea. Lo stava solo aspettando.

Una guardia non troppo lontana si diresse verso la sua cella, per controllare il ragazzo. Socchiuse gli occhi per trovare il ragazzo seduto in un angolo che si dondolava avanti e indietro. Tirò fuori la torcia ed andò a prendere le chiavi. Accarezzò la propria cinghia sulla vita, ma non riusciva a sentire le chiavi.

Quando tornò a fissare il ragazzo notò l'oggetto argentato che penzolava dalla sua mano. Sussurrò parole sconnesse mentre trascinava la punta della chiave nel suo braccio. La guardia aveva visto un sacco di carcerati intenti a masturbarsi nelle loro celle, ma non aveva mai visto una persona tagliarsi in quella maniera, si chiedeva come avesse fatto a prendere le chiavi. Il ragazzo era un misto di urla e lamenti, e questo causò l'avvicinamento di un'altra guardia nella cella dove c'era confusione.

"Ne hai ancora per molto, ragazzo?!" La guardia gridò e il ragazzo girò la testa, urlando loro pietà.

"I-io n-on..." Ansimò pesantemente, non ancora in grado di dire una semplice parola prima di emettere un altro gemiyo. La guardia diede una botta alla sbarra di ferro sperando così di spaventare il ragazzo. Aprì gli occhi iniettati di sangue, mordendosi il labbro inferiore mentre cercava di controllare il suo conflitto interiore.

So che tu vuoi il male. So che tu vuoi far soffrire le persone. Una voce sussurrò al suo orecchio ed emise un altro delizioso e doloroso gemito, mentre pensava alla sua piccola cura. Il taglio nel suo braccio non era molto rassicurante, ma riuscì a non dare ascolto al dolore pungente, si concentrò sulla rabbia che stava provando in quel preciso istante. Di certo non voleva che quello accadesse. Voleva bloccare l'inferno prima che fosse troppo tardi, ma aveva in mente altre cose per la testa. Strinse i denti e fissò le guardie, tirando la mano libera dal fondo della sua tuta arancione. Si guardò la mano, esaminando le vene viola sparse intorno ad essa. Battè un forte pugno nel muro sporco e cementato e le guardie borbottarono mentre si allontanavano dalla sua cella, facendo arrabbiare Harry ancora di più.

Si alzò in piedi barcollando e corse verso le sbarre di ferro maledicendoli tirando infiniti pugni. Quando divenne silenzioso Harry si lasciò sfuggire un sospiro, appoggiando la testa contro le sbarre. Il sudore colava lungo il suo viso, il sollievo ora visibile sul suo corpo teso, ma ben presto tutto svanì quando sentì un brivido lungo la sua schiena. Non osò neppure voltarsi.

"Mi piacerebbe vederti farlo." La voce minacciosa sussurrò al suo orecchio facendolo congelare. "So quello che la tua fottuta mente vuole."

"No." Sussurrò Harry.

"Torna nel tunnel. Lei vuole vederti." Rispose la voce, nella menzogna che Harry ci credesse.

"Non devi nemmeno nominarla!" Urlò stringendo i pugni.

"Promessa..." Ed improvvisamente, si ritrovò a respirare correttamente e voltò di scatto la faccia per trovare il niente di fronte a lui. "Dannazione." Mormorò passandosi una mano ruvida fra i capelli. Voleva trovare un modo per fuggire e anche se sapeva che poteva farlo capiva che non sarebbe stato molto facile. Però, mentre si sedeva nel letto di legno, un dolore improvviso si manifestò nella sua gamba, facendolo gemere in agonia. Si diffuse rapidamente anche nell'altra gamba prima di salire nel petto. Tutto il suo corpo era in dolce agonia di un dolore immenso che non poteva sopportare. Era come se un migliaio di coltelli affilati s'infrangessero sul suo corpo tutti nello stesos momento.

Inclinò la testa all'indietro, artigliando la cannottiera bianca, volendo toglierla. Strappò l'apertura anteriore e abbassò lo sguardo, il suo petto che saliva e scendeva lentamente, mise una mano tremande nel taglio, facendo una smorfia prima di fissare le sue mani. Vene viola spuntavano dappertutto, e proprio mentre pensava che il dolore fosse finalmente cessato si manifestò nuovamente nel suo petto.

Si alzò, chiedendosi cosa ci fosse di sbagliato in lui. "Solo perchè ho fatto più cazzate di te, non significa che tu debba incazzarti." Ringhiò in giro per la stanza, sentì una spinta improvvisa e volò nel muro. Il cemento colpì il suo naso, facendolo sanguinare. Harry si voltò, ancora senza vedere nulla.

"Ti stai dando da fare, fotutto stronzo!" Sputò Harry, asciugandosi il sangue dal naso con il dorso della mano e si guardò intorno alla stanza. "Dovrò passare il resto della mia vita qui dentro. Perchè non mi uccidi, fai qualcosa per divertirti!"

Si rivolse a contemplare il silenzio. Sentì un forte eco nel suo orecchio. I suoi occhi girarono dietro di lui, una leggera brezza fredda correva davanti a lui. Sentiva che la temperatura della stanza si stava alzando, ancora e ancora. Si trascinò verso le sbarre, colpendole con dei calci per ottenere l'attenzione di una guardia. Poi si mise a gridare.

"Fa un cazzo di caldo qui! Cerco di dormire e mi sento come se fossi sotto ad un fottuto sole!"

La guardia scosse la testa ridacchiando, per poi andarsene. Harry diede un altro pugno nelle sbarre di ferro. "Bastardo!" Gridò e si tolse quella stupida cannottiera che lo ricopriva, buttandola a terra. Ogni volta che si muoveva si sentiva a disagio, il sudore colava lungo il suo corpo e bruciava mentre prendeva a calci e pugni il muro.

"Mi arrendo..." Mormorò stringendo i pugni e aspettando.

"Cazzo, ho detto che mi arrendo!" Gridò alzando lo sguardo al soffitto.

"Volevo sentirtelo urlare." Ridacchiò la voce.

Il mondo di Harry si spense, voltando pagina per accogliere a braccia aperte il nero che lo stava segretamente aspettando.

Deranged (italian translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora