Third wheel

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Superata la prima rabbia, Scott non aveva comunque cambiato idea: voleva ugualmente avere la possibilità di parlare con Nicolas faccia a faccia. Sorprenderlo, senza stavolta dare di matto – non era molto ortodosso a pensarci, ma l'intromissione di Daniel, quella scioccante digressione, erano servite, suo malgrado, a farlo sbollire parecchio. Ora era pronto ad affrontare Nicolas con fermezza, senza rischiare di uscire dai gangheri e passare dalla parte del torto.

Sapeva che se si fosse recato alla Quarry Gallery a ora tarda l'avrebbe trovato lì da solo. Non era in ufficio, però. Inaspettatamente, lo trovò, moltiplicato all'infinito, nella propria stanza degli specchi.

"Nicolas" attirò la sua attenzione. Si schiarì la voce.

L'uomo trasalì, si voltò. Lo studiò per qualche secondo, come ad accertarsi che fosse vero e non qualche forma di allucinazione provocata dallo stare a lungo dentro l'environment. Alla fine, divenne cupo.

"Scott" lo salutò, sintetico. Non sembrava aver niente da aggiungere.

"Tutto qua?" sorrise obliquo il ragazzo, mani in tasca. "Dopo gli ultimi giorni, è tutto ciò che sai dire? Ti facevo più fantasioso."

L'uomo lasciò andare un sospiro rassegnato. "Mi sembrava di averti spiegato la situazione via telefono."

"Già. Con un messaggio in segreteria. Molto coraggioso, da parte tua."

"Scott... Lo so che non è coraggioso. Voglio solo evitare di mettermi di nuovo nella stessa situazione dell'altra volta. Se ora Hunter entrasse qui, e vedesse che ci siamo solo noi due..."

"Sei così incapace di mettere quell'uomo al suo posto? Non puoi pensare che farti trattare come uno zerbino sia giusto!" Nel parlare Scott aveva tolto le mani dalle tasche e le aveva strette a pugno, alzando progressivamente la voce.

"Non si tratta solo di lui. Non c'è niente che io possa offrirti, Scott. A parte il mio aiuto professionale."

"E non c'è niente che io ti abbia chiesto!"

"Non sono così cieco da non vedere che tra te e Hunter esiste una faida in corso che è appena iniziata" affermò Nicolas serio. "Siete destinati per natura alla rivalità e io farò di tutto perché tu non ti bruci prima. Ma non voglio finire in mezzo alle vostre beghe."

La rabbia di Scott si allentò, si sentì a disagio. "Io... Non credo di potermi considerare al suo livello..."

"Un giorno lo sarai. Tutta la carica erotica che avete sperimentato insieme, persino ciò che provi per lui, sfocerà un giorno nell'energia che porterà te a volerlo superare e lui a mantenersi un passo avanti a te il più a lungo possibile. È in quello slancio, che devi concentrarti, che ti porterà al successo. Ma io non sono un bonus compreso nel pacchetto. Non voglio schierarmi."

Con voce a stento ferma, Scott disse: "Quello che c'è stato tra me e te, non c'entra niente con Hunter..."

"Davvero?" incalzò Nicolas, padrone, a differenza del ragazzo, della conversazione, come se l'avesse già preparata da tempo.

"Io sono attratto da te."

"Anch'io sono attratto da te. Ma amo Hunter e questo non cambierà... Dici che farmi trattare come uno zerbino non è giusto, ma se è veramente così, è una decisione mia. Se una cosa fa soffrire Hunter, distrugge anche me. Non si può uscire da questo."

Ora Scott riusciva a vedere. Non era solo abitudine, ammirazione, che legava Nicolas a Hunter, ma devozione: se ne era schiavo, era felice di esserlo.

Come aveva potuto essere così cieco? Eppure gliel'aveva raccontato e bastava guardare alla sua creatura più preziosa, la sua meravigliosa galleria, a cui Nicolas dedicava la vita: l'aveva chiamata Quarry, preda. Era la sua dichiarazione d'amore verso Hunter.

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Nicolas, anziché fuggire, decideva di immolarsi, come una preda sacrificale, per il cacciatore di cui si era innamorato.

"Io credo... Che tu nutra ancora sentimenti per Hunter" continuò Nicolas, ora che Scott era rimasto senza parole. "Mescolati all'odio, forse, ma esistono e non ce la fai a sopprimerli, e proprio per questo vuoi farlo soffrire. Credo che anche adesso, la sua indifferenza ti ferisca molto più della mia."

"Non è vero!"

"Se vuoi che lui ti noti, che non finisca a considerarti come uno dei tanti che hanno occupato il suo letto, non è così che ci riuscirai. Non morendogli dietro e cercando di attirare la sua attenzione in questo modo. È con l'arte, che dovrai emergere. Un giorno Hunter ti vedrà come suo pari. Lo hai visto tu stesso, come ha mostrato di temerti. Ti avrebbe forse boicottato qualcuno che non crede che tu sia un potenziale rivale, un Edipo pronto a farlo fuori professionalmente e a prendere il suo posto?"

"Tu difendi davvero una persona che si comporta in quel modo?" gridò Scott con voce rotta. "Più farai così, più lui se ne approfitterà."

"È un problema mio, non tuo" tagliò corto Nicolas.

Non sopportando più la sua calma, la sua posatezza, Scott afferrò un bastone che era a terra e colpì con forza, di punta, uno degli specchi sulla parete, che vi si ruppe attorno in una fitta e scomposta ragnatela. Tutto l'environment di specchi rifletté quel danno, quell'elemento che rompeva l'ordine. Affannato, Scott abbandonò il bastone a terra e se ne andò, su tutte le furie. Non vi avrebbe mai più messo piede.

Nicolas era rimasto solo e guardò tristemente la crepa del vetro, da cui si staccavano pezzi che franavano al suolo. Raccolse il bastone da terra e lo posò, ordinatamente, contro una parete.

Aveva fatto quello che poteva. Era pronto al suo odio, sapeva di meritarselo. Sapeva anche che era meglio così, per Scott.

Adesso avrebbe trascorso la vita cercando di essere migliore di Hunter. Senza altre zavorre, si sarebbe impegnato a diventare un artista affermato.


Cameron era sul piede di guerra.

Cinquecentoottantaquattro messaggi.

Duecentosettantun chiamate.

Era a tanto così dall'ordinanza restrittiva.

"Possiamo vederci fuori dalla Yorick Skull? Ti prego."

Aveva numerose ipotesi da contemplare: cambiare numero. Buttare per sempre via il telefono.

L'ordinanza restrittiva di cui sopra.

Ryan Kowalski non accennava a perdersi d'animo. Cameron aveva fatto passare i giorni, invano, sperando si stufasse. Nessun risultato.

Fino a che, a quell'ultimo messaggio di WhatsApp, aveva risposto un secco ok. Senza luogo. Senza ora.

Era abbastanza certo che, in qualunque momento fosse uscito, avrebbe trovato Ryan magicamente ad attenderlo.

Si aspettava che sarebbe avvenuto fuori dagli studi, e invece lo trovò seduto nella sala d'attesa del corridoio d'ingresso, imbambolato a fissare il vuoto. Bello e fisicato com'era, e con quell'espressione dispersa, sembrava veramente un Ken della Barbie. Cameron lo guardò con profonda disapprovazione e lo spaventò quasi quando disse: "Vorrei capire perché ti fanno sempre entrare."

Il modello trasalì e si alzò subito, fissando Cameron insistentemente con una sfumatura di sollievo. "Ho ricominciato a lavorare, in questi giorni. Ho il mio primo shooting dopo la tempesta mediatica, sto tentando di riprendere a poco a poco... Non volevo farti la posta a casa. E negli studi dei Rovi della luna è comunque meglio che non venga."

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