37. Non potrai mai più avere una vita normale

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"L'uomo ha bisogno di quello che ha in di peggiore

per raggiungere ciò che di migliore esiste in lui." (Coelho)

Harry riprese conoscenza e farlo per lui fu doloroso. Gli martellavano le tempie in maniera assillante.

Ricordava solo vagamente la notte di luna piena, il vampiro, la lotta terribile, e la propria umiliante, terrificante sconfitta. Rivide un fotogramma inquietante dove una specie di orso dal pelo rossastro e riccio affondava le zanne nella gola di qualcuno che sembrava, ma non era affatto, un uomo. E quest'ultimo non era un uomo perché aveva dei canini lunghi e aguzzi, la pelle pallida e una voce stridula che ancora gli risuonava, come congelata, nelle orecchie.

Ma soprattutto risentì il tic tac di un orologio e questa fu la cosa che gli diede il brivido peggiore.

Harry si sforzò di identificare la visione, ma era come tentare di dare razionalità a un sogno di cui si ricordava troppo poco. Guardò se stesso e scoprì di essere in mutande sotto una montagna di coperte. Non aveva freddo, sentiva che la propria temperatura corporea era perfetta e il tepore lo cullava. Avrebbe voluto non alzarsi mai, ma sapeva anche che doveva farlo.

Di lati a lui erano stati lasciati dei vestiti della sua misura, caldi e puliti.

Scostò i lenzuoli e il piumone per scendere con i piedi sul parquet e vestirsi. Mentre si infilava l'ultima parte del vestiario, una camicia blu scura con un cavallino rosso ricamato sul taschino, si chiese dove fosse. C'era del legno dappertutto, di un colore simile al pelo di quello strano orso bipede e terrificante della sua visione.

All'improvviso ricordò, folgorato... ma certo! Era a casa di Mark.

Si mise le ciabatte rivestite di morbido velluto blu, domandandosi chi fosse il produttore geniale di quelle scarpe, e scese al piano inferiore.

John, seduto in poltrona, si massaggiava le tempie come se fosse incredibilmente stressato

«Harry» disse «Finalmente ti sei svegliato. Credevo che fossi morto»

«No, non sono morto» rispose il giovane, colpito «Avrei dovuto?»

«Le ferite di vampiro non si cicatrizzano, non si chiudono, ti ammazzano. Ma a quanto pare Mark e quel genietto matto di sua figlia sanno il fatto loro in materia. Anche se li ho sentiti gridare e pensavo che... che non ce l'avresti fatta. Ma come ho già detto, sanno il fatto loro!»

«Lo sanno davvero... » Harry si passò la mano alla base del collo, trovandolo liscio, risalì fino alla mascella e non trovò niente «Mi hanno tappato tutti i buchi»

«Hai perso molto sangue»

«Davvero mi sono trasformato in uomo lupo?»

«Davvero» Confermò una voce roca e amichevole, decisa quanto profonda.

Mark avanzò zoppicando leggermente, enorme, temibile, eppure molto meno minaccioso di come Harry lo ricordava. Non era vestito di nero, ma di un grigio chiaro tendente al panna che lo faceva sembrare ancora più largo e gli conferiva una strana luminosità. L'unico elemento scuro era una bandana che come al solito gli cingeva la fronte.

John non alzò neppure lo sguardo, ma notò lo stesso quello strano bagliore

«Ti sei messo vestiti chiari?» chiese

Scontramondi - 1. La pietra delle fontiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora