Capitolo 55 (ANNA)

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Sabato, 16 agosto 1997 (Anna, 18 anni)

Cristina entra in camera con fare baldanzoso alle otto del mattino, svegliandomi dopo appena poche ore di sonno. Marco è rimasto fin quasi le quattro e mezza e quando è andato via ero talmente su di giri che ho fatto fatica ad addormentarmi di nuovo. La piccola peste si siede sul letto accanto a me, nonostante le abbiamo ripetuto mille volte che deve sedersi sulla sedia perché io non riesco ancora a bilanciare il mio peso senza sentire dolori che mi fanno sudare freddo. Lei, però, ha ripetutamente ignorato i nostri avvertimenti e stamattina sembra più agguerrita del solito.

«Puoi sederti sulla sedia, per cortesia?» Le domando a denti stretti cercando di non fare caso al dolore intenso che mi arriva dal bacino e dalla gamba malandata.

«No» Mi risponde con aria piccata e altezzosa.

Cristina non è mai stata una mia grande fan come io non lo sono mai stata di lei ma non ci siamo mai fatte dispetti di questo genere, per questo sgrano gli occhi incredula di fronte alla sua risposta.

«No?» La domanda mi esce gracchiante e spaesata come se non volesse uscire dalle mie labbra.

«Cosa mi dai in cambio?» Alza un sopracciglio come se avesse tutte le verità del mondo in tasca.

«Scusami?»

Sono esterrefatta. Da quando si è fatta così impertinente questa ragazzina? Ha otto anni, per l'amor del cielo. Da quando è passata dall'essere una bambina che gioca con le bambole e piange di fronte ai cartoni animati all'essere un'adolescente intrappolata in un corpo pre-adolescenziale?

«Cosa mi dai in cambio per sedermi sulla sedia?» Ripete impertinente come se fossi stupida.

Alzo entrambe le sopracciglia e la guardo con sfida. Se pensa di giocare così con me e vincere si sbaglia di grosso.

«Ti lascio vivere? Cosa ne dici, ti piace come idea? Ma se non vuoi posso sempre chiamare la mamma e raccontarle quello che stai facendo» mi gioco la carta del rimprovero che con lei, di solito, funziona sempre. Odia quando la mettono in castigo e non le permettono di giocare con le sue amiche.

Questa volta, però, non ottengo il risultato sperato, anzi, questa piccola iena posseduta sorride come se avesse appena vinto alla lotteria.

«Se tu dici alla mamma che mi sono seduta sul letto io le dico che c'era un ragazzo qui in camera tua stanotte»

Le sue parole escono fluide e innocenti a tal punto che mi si gela il sangue nelle vene. Come fa a sapere di Marco? La porta era chiusa a chiave, gli chiedo sempre di farlo quando entra, non può averlo visto... non può... come? Mi impongo di tenere una faccia neutra anche se non sono per niente una brava attrice.

«Come scusa? Quale ragazzo?» Fare finta che non ci sia niente da sapere mi sembra la tecnica migliore da usare.

Cristina si alza dal letto, incrocia le braccia sul petto e mi guarda con un mezzo sorriso di sfida. Questa bambina sta cominciando a spaventarmi seriamente.

«Vi ho sentiti parlare stanotte e anche due notti fa. Mi sono svegliata per andare in bagno e ho sentito che c'era qualcuno. Quando ho appoggiato l'orecchio alla porta ho sentito che era un ragazzo»

La sua spiegazione è tanto semplice quanto sconvolgente. Io non l'ho nemmeno sentita andare in bagno e la stanza comunica con la mia su tutta la lunghezza. Come è possibile che non ce ne siamo accorti? Scoppio a ridere. Una risata talmente finta che se fosse determinante a salvarmi la vita sarei morta ancora prima di cominciare.

«Ma di cosa stai parlando? Non c'era nessuno qui con me. Come poteva entrare una persona qui dentro senza che la mamma la facesse passare dalla porta principale? Io non posso alzarmi dal letto, non vedi?»

La sua determinazione sembra vacillare per una frazione di secondo ma poi torna a guardarmi con quel sorriso compiaciuto.

«Dalla finestra!»

È come se avesse avuto l'illuminazione adesso, dopo che le ho fatto notare che solo la mamma poteva averlo fatto entrare. Maledetta la mia boccaccia e la mia lingua lunga.

«Certo. Come no»

Sento la mia voce vacillare e lei sembra farsi sempre più forte.

«Mamma» comincia a gridare la piccola iena.

«Stai zitta. Vuoi che le dica la storia del letto?» Mi esce un sibilo dalla bocca, a denti stretti, anche se vorrei gridarle di stare zitta.

Lei si gira a guardarmi con l'aria di vittoria stampata in faccia.

«Cosa vuoi? Ti do quello che vuoi ma tu non devi chiamare la mamma e non devi dire una parola ad anima viva. A nessuno, capito?»

Cristina annuisce soddisfatta.

«Giuramelo a voce... e con le mani davanti bene in vista. Conosco i tuoi giochini di incrociare le dita per annullare il giuramento»

A volte vorrei avere l'ingenuità e la spensieratezza di una bambina di otto anni che crede che basti incrociare le dita dietro la schiena perché un giuramento o una promessa non siano valide. Cristina alza gli occhi al cielo in maniera talmente impertinente che mi dà quasi fastidio.

«Lo giuro» dice a mezza voce, annoiata, e con le mani tese in avanti.

«Giuralo sulla tua collezione di Barbie»

Cristina sembra allibita, lo so che ho toccato un nervo scoperto, lei adora quella collezione di bambole.

«Giuro sulle mie Barbie» ripete a denti stretti.

«Non mi basta. Giuralo su tutta la collezione» ok, forse adesso sto esagerando, ma non voglio che ci sia nessuna scappatoia per lei. Non può fare la spia proprio adesso.

«Lo giuro su tutta la collezione di Barbie» lo dice a denti stretti, come se mi stesse odiando e un po' mi sento soddisfatta.

«Bene. Cosa vuoi?» Torno agli affari.

«La tua maglietta dei Take That. Quella nera» annuncia fiera.

Aspetto che vada avanti con l'elenco ma alla fine sembra che si fermi così, con quella misera richiesta. Davvero ha fatto tutto questo casino per una maglietta da quindici mila lire al mercato? Fa proprio schifo avere otto anni, un'informazione che potrebbe farti vivere servita e riverita almeno fino ai quindici, e non saperla usare a tuo vantaggio. Mi viene quasi da ridere ma resto seria e non dico assolutamente niente per qualche secondo, fingo di valutare attentamente questa proposta per far aumentare a dismisura il valore di questa maglietta.

«Ok, prendila, è nel primo cassetto» le dico con fare serio.

Cristina si illumina, corre verso il cassetto, lo spalanca, prende la maglia e corre via dalla stanza senza neppure richiuderlo. Quella piccola opportunista. Tiro un sospiro di sollievo e fatico a trattenere una risata. Se Marco viene a sapere di questa cosa, prima mi uccide e poi non si presenta più a casa mia nemmeno sotto tortura.

[COMPLETA]Come in quella vecchia PolaroidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora