Daniel
"Non posso credere di starlo facendo sul serio" sentenziai, mordendomi con nervosismo le unghie. Tenendo stretto il telefono fra le dita, inumidite da un lieve strato di saliva sulla superficie dei polpastrelli, notai quanta agitazione stesse percorrendo il mio corpo in quel momento. Le dita, tremanti, faticavano a digitare il messaggio che avrei dovuto inviare all'amico di Fabio, presentatomi in un discorso di poche parole fatte la sera prima al telefono.
Il mio corpo era pervaso da potenti vampate di calore che mi facevano traspirare in modo graveolente. I pensieri che si accavallavano mi impedivano di ragionare in maniera lucida.
Come avrei iniziato il discorso?"No, no. Perché sono andato a cacciarmi in questo pasticcio?" mi domandai, cercando al più presto una soluzione. Il ticchettare dell'orologio a cucú scandiva il passare dei secondi e l'apprestarsi della lancetta dei minuti a varcare il numero dodici, dava il segno che per una nuova ora stava nascendo l'alba.
"Devo assolutamente sbrigarmi" mi rimproverai.
"Tanto, che io stia qui a pensare o mi getti a capofitto, poco cambia. La stronzata si fa comunque, che attenda o agisca" dissi, cercando di accelerare quelli che sarebbero stati i miei tempi infiniti.Buonasera, Fabio mi ha parlato di te. Sarei disponibile a uscire previa conferma.
digitai, facendo scontrare ripetutamente i pollici sulla tastiera del mio cellulare.
Rileggendo mi sentii un emerito idiota."Cavolo, ma a chi stai scrivendo, al presidente?" mi domandai, scontrando un palmo della mano contro alla fronte, anch'essa sudata. Dopodiché cancellai il messaggio che avevo pensato sostituendolo con uno meno sofisticato. In fondo si trattava di un mio coetaneo. Più grande di me di pochi mesi. Circa otto. Così mi pareva di ricordare.
"Peró che figo, un novantotto. Come Fabio" dissi, riflettendo fra me e me.
Ma quello non era il momento di lodare colui con cui sarei dovuto uscire.Ciao. Usciamo domani?
"Oh, per caritá, non è mica Tommaso" mi rimproverai nuovamente.
"Nemmeno lo conosco, che cavolo chiedo a capofitto di vederci in nemmeno ventiquattro ore?!" domandai a me stesso.
"Pensa, Daniel. Pensa".Ciao, sono l'amico di Fabio, quello di cui ogni tanto ti parla . Mi farebbe molto piacere uscire con te. Per te domani andrebbe bene?
"Bene. E ora? Invio o no?" mi chiesi.
"Oh, andiamo Daniel. Hai fatto tutta 'sta fatica per trovare le parole giuste e adesso vuoi buttare tutto all'aria?" mi rimproverai. Sapevo quanto sbagliato fosse quello che stessi per fare. In fondo questo ragazzo si sarebbe posto mille domande su di me, anche avesse deciso di accettare. E da una brutta reputazione nessuno mi avrebbe salvato.Senza nemmeno rileggere il messaggio cliccai invio. Non volli rifletterci su, perché già sapevo quali paranoie mi avrebbero psicologicamente distrutto.
"Nooo!" strepitai quando ormai le due spunte grigie erano apparse accanto alla nuvoletta verde menta.
Dopo aver riletto, quando ormai l'sms era stato persino ricevuto, mi resi conto della gaffe.
"Non mi sono neppure presentato" notai.
"Che figura di merda" sentenziai.
"Se dirá di no, saprò il motivo".Attesi trepidante una risposta, che non tardó ad arrivare. Da un lato non fu nemmeno eccitante. Avrei voluto aspettare con i nervi a fior di pelle, la curiosità a divorarmi da dentro.
"Oh, e adesso cosa devo fare? Leggere? Farlo aspettare? Bruciare il cellulare?" mi domandai.
"No, no. Se scegli l'ultima ti bruci ogni possibilità di uscire con quel ragazzo"."Ciao, sono molto felice tu abbia deciso di voler uscire. Per me va bene domani. Facciamo sotto casa tua alle quattro?".
"Oddio. Ma è troppo carino" dissi fra me e me, appoggiando una mano sul mento.
"Mi viene praticamente a prendere".
Cercando di trattenermi per non squagliarmi al suolo, scrissi un messaggio di conferma, dandogli il mio indirizzo di casa. Era fatta, in una ventina di ore avrei avuto il mio appuntamento dopo mesi che non uscivo al di lá delle mie quattro amicizie.La lancetta piú lunga dell'orologio sovrastò il numero dodici. Erano ormai le otto.
"Okay, Daniel" dissi al mio ego interiore.
"Come te lo immagini questo ragazzo?".Siccome mi era parso molto cortese e disponibile, credetti che non potesse essere anche troppo bello. Non si poteva avere tutto, ma già la gentilezza faceva guadagnare molto, per me.
Se provavo a concentrarmi, lo immaginavo di un normale castano, con gli occhi scuri. Alto quanto me, forse con gli occhiali.
Per l'appuntamento mi vestii senza badare troppo a fronzoli: una polo blu, un paio di bermuda e delle scarpe in tessuto abbinabili.
Ricevendo un messaggio non appena fosse arrivato, scesi sotto, continuando a sistemare il colletto della Lacoste, che proprio non voleva saperne di drizzarsi sulle mie clavicole.
Davanti a me, al di lá della porta in vetro della villetta, un ragazzo alto e di spalle si guardava attorno. Non era sicuramente lui. Già visto di sfuggita sembrava fin troppo bello per essere uno che avesse preso un appuntamento col sottoscritto.
Biondo, dalle spalle larghe e glutei tonici, se ne stava con una mano in tasca, a evidenziare i suoi avambracci dalla pelle stranamente ambrata in quel periodo dell'anno e la peluria chiara.Chiudendo il portone esterno con un lieve rumore, provocai il suo voltarsi verso di me. Le sue iridi incontrarono le mie. E accadde l'imprevisto : di un colore che mai avevo visto, mi fecero sentire il sangue gelare nelle vene per la loro bellezza. Blu chiaro, parevano di cristallo; circondate da un contorno scuro, mettevano in risalto il cuore di esse, notevolmente più chiare in prossimità della pupilla.
"Ciao" mi salutò sorridendomi, e precedendo qualsiasi mia azione.
"Ciao" ebbi la sfacciataggine di farfugliare, rimanendo incantato a osservare il suo volto. Le labbra sottili, così come le sopracciglia chiare e le ciglia corte erano tutt'altro che i classici canoni di bellezza maschile, ma combinati nel suo volto davano origine a uno dei ragazzi più belli che avessi mai visto.
Il suo busto, che pareva esplodere sotto alla sua polo bianca, metteva in evidenza il lavoro che aveva sicuramente fatto per ottenere un fisico del genere.
Non poteva essere appena maggiorenne."Tutto bene?" domandò. Non seppi se lo ebbe fatto per gentilezza o per far sí che il mio sguardo si distogliesse dal suo busto. Forse ero stato troppo insistente e i suoi occhi, tanto belli quanto sicuramente funzionali, lo avevano percepito.
"Sì, grazie. E tu?" voltai la frittata.
"Tutto a posto". Accennando un sorriso, l'osservai. I suoi denti grandi fecero capolino dalle sue labbra esili e chiare.
"Dove vuoi andare?" domandai, scioccamente.
"Dove vuoi tu" rispose, non dandomi altra scelta che fare delle proposte per non rimanere lí impalato, muto e imbarazzatissimo.
"Potremmo andare in centro" proposi, banalmente. Era possibile che non avessi pensato a una meta per il nostro appuntamento?
"Certamente" rispose lui, forse per non risultare scortese. Speravo che davvero ne fosse interessato.