Serendipità

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Sbattè la porta talmente forte che il libro lasciato sul mobiletto in ingresso volò sul pavimento, cadendo in picchiata come un aereo colpito in pieno dalla contraerea nemica.

Rimbalzò sul parquet e rimase lì, spalancato sulla prima pagina, dove poche parole, recitavano:

"Serendipità:

la fortuna o il destino del trovare qualcosa di piacevole

o di valore mentre non lo si stava cercando."

Lei era uscita di corsa, lasciandosi alle spalle tutto: la borsa, il portafoglio, le chiavi di casa, il cellulare e una parte di sé che ormai non sentiva più sua.

Uscì vestita com'era, senza nemmeno un filo di mascara a difenderle gli occhi.

Cercò le chiavi della macchina e imprecò, anche se non lo faceva mai, quando si rese conto di averle lasciate dentro ed essersi chiusa fuori.

Girò nervosa per il garage, pensando a come sbollire la rabbia.

Poi, notò il telo e lo scostò, scoprendo la moto.

La fiancata portava ancora i segni del cacciavite con cui gliel'aveva rigata.

Si era quasi messo a piangere, domandandole come aveva potuto fare questo alla "sua piccola".

Quella, era "la sua piccola".

Una stupida moto era il suo progetto di vita, non chi aveva sprecato i suoi anni più belli a stargli accanto, illudendosi che servisse a costruire qualcosa di solido e duraturo.

Cercò il barattolo sulla mensola più altra.

Per fortuna c'erano le chiavi di riserva.

Mise in moto, e l'indicatore della benzina indicava quasi il pieno.

Allora indossò il giubbotto, si allacciò il casco, montò in sella, e partì sgasando.

Sarebbe dovuta passare da suo padre a prendere almeno le chiavi di casa, ma non era il caso.

Gli sarebbe bastato guardarla per capire come stava, per contare uno per uno i demoni che aveva dentro.

Non avrebbe detto nulla, ma lei avrebbe riconosciuto il dolore nel suo silenzio complice, e suo padre, così buono e generoso, questo non lo meritava.

Le aveva detto subito che non era per lei.

Ma lei testona, niente.

Questo pensava, sgasando in autostrada, guidando male e in modo imprudente.

Decise di andare al mare, anche perché sarebbe stata impresentabile per qualunque altro posto.

Cantava nel casco, stonando e quasi urlando, per anestetizzare il dolore, con lo stesso effetto di una caramella contro la febbre alta.

Stringeva il manubrio fino a farsi le nocche bianche.

Il cielo era plumbeo, e non aveva altro che il giubbotto, in caso di pioggia.

Accelerò lungo il rettilineo circondato solo dalla campagna vuota.

L'estate era ormai finita, e con lei tutto il resto.

Arrivò prima del previsto.

"Giusto in tempo per la pioggia.", pensò tra sé e sé, ironica.

Tirava un vento fastidioso, ma il giubbotto le faceva mancare l'aria.

Lo lasciò nel bauletto, chiuse fino al collo la zip della felpa, e si incamminò.

La spiaggia era deserta.

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