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MARIA

Abbiamo deciso di restare a mangiare in spiaggia con dei panini portati da casa.

"A che ora mangiamo?" Gabriele... sempre lo stesso! I nostri discorsi, di solito, sono solo sul cibo... non so come mai. Ma a me piace questo argomento, quindi sono contenta di affrontarlo.

Anche Alfonso resta con noi.

"Quando tutti i genitori se ne vanno, mangiamo!" Lo avverto io, seduta sul bagnasciuga, osservando gli adulti sotto i loro ombrelloni a scambiare quattro chiacchiere.

"Raga! Ho portato l'annuario!" Mi ricordo dal nulla.

"Dai Dai! Fammi vedere i pazzi dell'artistico!" Gabriele con la sua euforia, mi convince ad alzarmi dalla mia posizione comoda.

"Che fate?" La zia di Alessio guarda i miei movimenti mentre estraggo il libro con dentro tutte le foto del mio istituto.

"Ho portato l'annuario..." Dico io.

Scorro le pagine velocemente fino ad arrivare alla foto della mia classe. I ragazzi si accalcano intorno a me.

"Quanto è inutile l'annuario..." lo critica la zia del mio fratellone.

"Sinceramente vedo più inutile la gita in Polonia di 5 giorni che hanno fatto fare a Gabriele in terza media..." Controbatto. Eh beh! Devo sempre prendermi i calci in culo da questa qui? Non ho ben capito come funziona... posso pure non starle simpatica ma sinceramente il suo parere non mi interessa! Sempre a criticare...

Per fortuna la questione scema senza nessuna risposta. Non voglio litigare, soprattutto con i parenti dei miei amici. Non si sa mai, infondo sono loro che comandano, anche se domani arrivano i genitori di Al, così non dovrò più sorbirmi sua zia.

"Guardate! Sono l'unica sfocata!" Mi indico nella foto orrenda. Dopo aver detto i nomi di tutti i miei compagni di classe, facendo capire quali siano quelli più simpatici e quelli con cui vado meno d'accordo, scorro le pagine in modo veloce, ogni tanto vengo bloccata dai miei amici che si fermano a guardare le persone strambe che trovano. Spesso alcuni li conosco e racconto alcune esperienze. Arrivo alla 3°A Architettura e indico una ragazza con i capelli identici ai miei.

"Oddio, ma siete uguali!" Commenta Gab.

"Si chiama Chiara. È molto simpatica. Tutti dicono che siamo sosia e che ci hanno spesso confuse nei corridoi... siamo entrambe mancine, ha i genitori del sud, se non sbaglio Sicilia, porta gli occhiali, e il suo ragazzo si chiama... Marco." Dico infine.

"Fammi vedere Marco..." Chiede Ale. Faccio scivolare le pagine con le dita, fino ad arrivare alla 5°A Grafica. Ci passiamo 4 anni.

Ci siamo conosciuti per caso, un giorno, sull'autobus e da lì abbiamo iniziato a chiacchierare tutti i giorni in quelle due orette sul mezzo pubblico. Al mattino parlavamo tanto, ci sedevamo l'uno accanto all'altra e, quando lui non doveva ripassare per qualche verifica o interrogazione, parlavamo di tutto. Mi sono sempre trovata abbastanza bene con lui. Spesso la vedevamo allo stesso modo. Mi chiedeva anche consigli su cose scolastiche ed io a lui. Una volta due nostri amici, sull'autobus, volevano tagliarmi i capelli con le forbici, così decidemmo di scendere a circa 10 fermate prima e continuare a piedi nel freddo mattutino alle 7.30 in inverno. Dopo un paio di giorni e, dopo avermi lasciato il numero di telefono per mandargli una foto, iniziò a piacermi, così, dal nulla. Forse perché poco dopo mi aveva chiesto di uscire... Il 22 dicembre, ma avevo rifiutato subito perché non avevo tempo. Dovevo preparare le valige per scendere qui, in questo luogo fantastico. Il giorno dopo era l'ultimo giorno di scuola e non riuscii a salutarlo perché era iniziato il periodo "Partono i complessi" (devi spiegare meglio). Nella vacanze natalizie ci scrivemmo due volte massimo e ammetto che quelle due volte mi era piaciuto sentirlo. Però il primo gennaio non si fece sentire così decisi di dimenticarlo. E ci ero riuscita! Finché non arrivò il rientro a scuola. Uno sfarfallio nello stomaco mi aveva fatto capire che avevo solo mentito a me stessa e quel piccolo fuoco che si era acceso a dicembre, prima della mia partenza, era cresciuto ancora di più. Litigammo tanto, soprattutto per stupidaggini. Una settimana non gli rivolsi la parola perché un sabato, mentre eravamo sull'autobus, invece di parlare con me, si era messo le cuffiette. Un'altra volta mi ero confidata con un amico che avevamo in comune sull'autobus che però gli andò a raccontare tutto. Lo scoprii mentre Marco era in gita a Praga, verso febbraio. Per farmi star male, il signorino che sapeva della mia cotta, era venuto a raccontarmi dei suoi interessi amorosi per una mia amica... quanto mi sono arrabbiata quella volta. Per un mese circa non ci parlammo per un'altra delle mie stupidaggini con le Instagram Stories... poi chiarimmo, non ricordo bene come. Arrivò Pasqua. Mi ricordai dei suoi auguri il giorno di Natale, così stavolta feci io il primo passo. Continuammo a parlare, finché non mi chiese di uscire per chiarire i disguidi. Una settimana dopo, il 18 Aprile, uscimmo. Pioveva a dirotto. Lui era in macchina. Andare in macchina con lui mi spaventava... non che non mi fidassi, ma era pure sempre una persona che nel corso del tempo che avevo passato lontana da lui, mi era diventata quasi estranea. L'ho aspettato alla fermata dell'autobus. È arrivato. Sono salita. Ho guardato, per tutto il tragitto, le sue mani sul volante. Erano delicate. Ancora ricordo la delicatezza con la quale girava la chiave. Andammo in un parcheggio vicino casa mia. Ammetto che il mio cuore stava esplodendo. Mi ha chiesto di raccontargli come, quando, perché mi fossi innamorata di lui. Le mie guance si incendiarono di rosso. Imbarazzo totale. Lo guardai negli occhi.

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