Atto V [DC - Folgore]

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[DC – Folgore]

Tirava il maestrale.

Raffiche nette, affilate.

Correnti in viaggio verso ovest, sopra un cielo arso e carbonizzato.

E lì, nell'etere, stavano nubi in circolo continuo.

Masse nere spinte verso ovest, ritte sopra decine di tetti spioventi, in attesa di precipitare, di corrodere ogni tegola e ogni grondaia.

E questo, a Thomas, piaceva.

Gli pareva l'inchino della natura al suo cospetto.

Più un atto dovuto che una conseguenza, ma ancora una volta, come nel ripetersi ciclico delle sue esperienze, un prodotto di scarto della tecnica umana.

Residui di composti anidri dello zolfo e del nitrogeno, pronti a precipitare e distruggere tessuti, guaine, componenti metalliche.

A rendere testimonianza di quello scempio, Edison restava lì, quasi imbambolato, pronto a godersi entrambe le facce della medaglia:

Il trionfo e la decaduta.

Il suo futuro e quello dell'Impero.

Due vie distinte nel solco della storia, unite da una serie di punti di convergenza:

Quella serata, quel momento, quegli istanti.

C'era da dire che in quel ragionamento spezzato e irregolare, il passo dal cinismo scientifico all'egoismo esistenziale era stato breve.

E in effetti, il corso degli eventi avallava la sua tesi.

Sotto di lui, una folla alquanto eterogenea attendeva il suo comizio.

Era una massa di esistenze scialbe, scomposta e diluita lungo un centinaio di piedi di basolato.

Di certo non aveva di fronte una delle platee più elevate, ma poco importava.

C'erano curiosi di basso ceto, ubriaconi accucciati al marciapiede, qualche borghese annoiato.

C'erano pazzi che discutevano coi muri, senzatetto dalla barba incolta, qualche giornalista fuori servizio.

Un pubblico generico.

Di quelli che l'esterno non li tange e restano fermi in mezzo all'apocalisse aspettando una busta paga, uno scellino, una parola gentile.

Stupidi e compiaciuti della propria idiozia.

Piatti.

Già, e in quanto tali, limitati.

E in quanto tali, impressionabili.

Proprio per quello, Edison sapeva che tutto sarebbe riuscito come da programma.

Senza la minima sbavatura.

"È facile sconvolgere un'esistenza statica. Basta variarne definitivamente l'equilibrio, con buona pace di Le Chatelier e compagnia..." – si era detto a più riprese, e sapeva di aver ragione.

D'altronde, nessuno aveva mai osato una mossa del genere.

Non quando il Sommo di turno era in carica.

Non con quella stessa voglia di distruggere e ricostruire.

E se c'era qualcosa in grado di catalizzare le masse, era proprio la dissonanza tra formalismi, azioni e dimostrazioni.

Thomas si era assicurato la curiosità in tre, banali, mosse.

A essere onesti, più con la prima:

Nikola; a song of Electropunk and WarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora