27) Donna

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Le dita si sfioravano, così come le loro braccia. Si chiamavano, attratte le une dalle altre, ma non potevano allacciarsi come avrebbero voluto. Perché erano all'esterno e non potevano andare in giro mano nella mano. Perché? Beh, lo sapete anche voi ormai.
Entrambi i piloti si erano accorti di avere un paio di paparazzi che cercavano di stare nell'ombra. Li seguivano cercando lo scoop. Forse aspettando solo che Jonah lo afferrasse e lo sbattesse al muro davanti a tutti. Elaja evitò di pensarci, visto che quell'immagine nella testa lo faceva quasi dare di matto. Sì, avrebbe voluto, ma... ne aveva paura. Paura ed eccitazione.
Il viso di Jonah era scuro, nonostante stesse cercando con tutte le sue forze di fingere che non fosse in quel modo.
La chiamata con il suo avvocato nemmeno un'ora prima lo aveva abbattuto più del previsto. Suo padre stava facendo di tutto per metterlo in cattiva luce, facendo così in modo di ottenere la custodia di sua nipote al posto di suo figlio.
Gay, vip e continuamente in giro per il mondo. Tre cose che non andavano bene per una bambina della scuola primaria.
«Se ti sistemassi, una casa stabile, una famiglia... forse avresti probabilità in più, Jonah.»
La paura più grande del pilota era che se la sua piccola Grace fosse finita con suo nonno, lui non avrebbe più avuto modo di vederla. Almeno su questo avrebbero potuto trovare un accordo? Qualcosa di solido, secondo la legge, che suo padre non si sarebbe potuto permettere di trasgredire.
I pensieri lo stavano mangiando vivo, così Elaja lo aveva afferrato e lo aveva trascinato fuori dall'albergo, con la scusa di avere fame. Sperava almeno di distrarlo.
«Ho voglia di gelato.» disse Elaja, mentre camminavano per le strade del Messico, alla ricerca di un posto in cui rimediare alle voglie del più piccolo.
«Sei come le donne incinte. O con il ciclo.»
Ed ecco che era partito immediatamente il broncio del rosso.
«Non sono una ragazza.» borbottò con fastidio. Neanche lui sapeva perché odiava sentirsi definire al femminile.
«Lo so. Ma ogni tanto hai atteggiamenti in comune con loro.»
Elaja non riuscì a percepire la punta di ironia nella voce del suo compagno, che si stava solo divertendo a prenderlo in giro. Il rosso si allontanò da lui automaticamente e Jonah emise una piccola risata, prima di afferrarlo dal collo e attirarlo a sé.
La schiena di Elaja si scontrò con il petto di Jonah, il quale teneva stretto il ragazzo che cercava di divincolarsi. Posizioni troppo scomode e ambigue all'aperto. Pericoloso. Elaja poteva sentire già i click delle macchine fotografiche dietro di loro.
«Andiamo, piccolo. Mi piaci un sacco.» Jonah gli sussurrò all'orecchio, prima che il rosso riuscisse a districarsi dalla sua presa.
«Non dovrei, visto che ti piacciono gli uomini e io sono come una donna, a quanto pare.»
«Sei dolce quando fai il permaloso, lo sai?»
Elaja sbuffò soltanto, roteando gli occhi.
«E poi lì sotto hai qualcosa che nessuna donna ha.»
«Non che ti serva a molto, visto che il passivo sono io.» borbottò a bassa voce.
«E il pompino che ti ho fatto ieri sera non conta? Ci gioco in altri modi io.»
Elaja si guardò intorno velocemente. «Vuoi parlare piano?» sibilò, afferrandolo per il polso. Non che a Jonah sembrasse importare il fatto che lì tutti parlassero la loro lingua. E che potessero sentirlo parlando con quel tono normale. Non gli importava nemmeno delle occhiatacce.
«Vuoi fare l'attivo?» gli chiese allora.
«Cosa? No!»
Elaja ci aveva pensato ogni tanto. Il solo pensiero di dominare Jonah lo faceva rabbrividire. Sì, sarebbe stato interessante provare, ma aveva perfino paura di non esserne in grado. E poi... sì insomma, gli piaceva anche troppo prenderlo.
«Bene, perché sarebbe stato un casino, visto che non te lo avrei lasciato fare.» continuò il più grande con un sorrisino.
«Sei un prepotente egoista. E poi non puoi dire così se non hai mai provato da passivo.»
Lo sguardo che Jonah gli lanciò a quel punto, gli fece capire perfettamente che la frase appena pronunciata non aveva senso.
Gli occhi verdi si spalancarono. «L'hai provato!» praticamente urlò. E menomale che dovevano fare piano.
Jonah scrollò le spalle. «Tanti anni fa, un paio di volte. E non mi è piaciuto, quindi adesso non lo faccio più.»
«No?» era strano come i loro gusti sessuali potessero essere uguali, ma così diversi.
«No. Mi sentivo quasi in trappola. Avevo bisogno di avere il controllo, non riuscivo a rilassarmi e non godevo per nulla.»
«Però quando sto sopra di te...»
«Sono comunque dentro di te, piccolo. Gestisco ugualmente io.»
Elaja rabbrividì al pensiero delle mani di Jonah che affondavano nei suoi fianchi quando lui tentava di cavalcarlo.
«Tu hai mai provato da attivo?»
Elaja scosse subito la testa, sorprendendo Jonah.
«Ho sempre avuto ragazzi più grandi e con manie di possessione.» si giustificò. «Però mi piace.»
Jonah sorrise. «Oh lo so perfettamente quanto ti piace, babe. Vieni, entriamo qui. Hanno anche il gelato.» e lo trascinò dentro alla pasticceria che avevano davanti. C'erano dei tavolini all'esterno e decisero di mettersi proprio lì per mangiare quella enorme coppa di gelato con tanto di colata al cioccolato bianco e panna. Jonah aveva preso un pezzo di torta, ma continuava a rubare il gelato del suo compagno, facendolo sbuffare di continuo.
«Dovresti condividere con il tuo ragazzo senza fare storie.» lo rimproverò scherzosamente Jonah.
Bene, almeno quell'uscita stava riuscendo a distrarlo veramente. Bastava concentrare tutta la sua attenzione sul rosso. Facile.
«Sì, ma io sono piccolo e devo ancora crescere. Quindi ho bisogno di mangiare il mio cibo senza nessuno che me lo rubi. Non vuoi che diventi più grosso?»
«No. Perché adesso stai perfettamente bene tra le mie braccia.»
E vedere il pilota più piccolo arrossire di colpo era una delle cose più belle che aveva il piacere di ammirare in quell'ultimo periodo.
«Ti ho messo in imb...»
«Jonah?»
Una voce femminile interruppe la frase del pilota e fece voltare entrambe le teste dei due.
Elaja aveva pensato subito che si trattasse di una sua fan, ma... il modo in cui Jonah la stava guardando... sembrava averla riconosciuta. Sì, doveva conoscerla per forza. Fisico da modella, capelli lunghi e biondi, occhi verdi da gatta, pelle diafana, labbra rosse e carnose e nasino all'insù. Quella donna, probabilmente dell'età di Jonah, era semplicemente perfetta.
«Julia.»
Jonah a quel punto si era tirato in piedi. E sotto gli occhi del suo ragazzo, aveva aperto le braccia e lei si era tuffata all'interno.
Lo stomaco di Elaja si era chiuso di colpo. Il gelato che aveva in bocca sembrava avere adesso un sapore disgustoso e forse era solo la bile che gli era salita in gola e si stava mischiando ad esso. Chi diavolo era quella ragazza? Visto che si trattava di una donna non doveva nemmeno preoccuparsi, ma allora perché aveva quella strana e brutta sensazione? Forse era il modo in cui Jonah aveva reagito, come aveva pronunciato il suo nome e come la stava guardando. Diavolo.
«Che cosa ci fai da queste parti?» Jonah subito le chiese, non appena si allontanarono.
«Lavoro. E visto che mi sono resa conto che il Gran Premio questa settimana era qui, mi sono detta: perché no? Avevo una voglia matta di vederti. Da quanto tempo non mi fai una chiamata, eh? Stronzo di un pilota.»
E Jonah scoppiò a ridere di gusto. Quel tipo di risata che Elaja gli aveva sentito fare poche volte.
Perché aveva improvvisamente bisogno d'aria se stavano all'aperto?
Il pilota più piccolo voleva alzarsi e andare via, ma non ne aveva il coraggio. Sempre se quei due se ne sarebbero accorti, nel caso in cui lo avesse fatto davvero. Era come se Jonah si fosse completamente dimenticato di essere con il suo ragazzo.
Elaja non sapeva neanche più dire di cosa stessero parlando in quel momento i due più grandi, visto che il suo cervello si era completamente bloccato.
«Non mi presenti il tuo copilota?» alla fine era stata Julia a chiederlo a Jonah.
«Oh sì, scusami. Julia, lui è Elaja. Elaja, Julia.»
Il rosso si costrinse a mettersi in piedi e a stringere la mano alla donna. Nessun sorriso. Nessuna parola.
«Il nuovo gioiellino della McLaren.» fu il commento di Julia, seguito da un sorriso, con il quale mostrò al più piccolo di avere due splendide fossette. Dannazione.
«Vuoi sederti con noi?» chiese Jonah a quel punto.
Se lei avesse detto sì, Elaja sarebbe tornato in hotel.
«No, grazie. Adesso non posso proprio. Stasera ti va di uscire con me, però?»
Oh bene. Ci mancava soltanto un appuntamento.
«Stasera?» ripeté il pilota e lei annuì.
«Se non hai nulla da fare.»
Jonah non dovette neanche pensarci su. «Certo. Si può fare.»
Peccato solo che avesse promesso a Elaja di studiare insieme il circuito del Messico. Da quando Niall aveva avuto lì il suo incidente, Elaja odiava quella pista. Ne aveva paura. Ma visto che il giorno dopo sarebbe stato il primo di prove e a quanto pareva Jonah aveva accettato di uscire con quella donna, la paura non sarebbe stata smorzata in nessun modo. Neanche con del semplice e buon sesso.
Julia se ne era appena andata, quando Elaja si era messo a fissare il suo piatto. Aveva appena toccato il gelato, ormai abbastanza sciolto. Aveva un aspetto orribile, nonostante poco prima sembrasse davvero buono. Era finito esattamente come il suo stato d'animo.
«Voglio tornare in albergo.»
«Non hai finito il tuo gelato.» disse Jonah, stranito dal comportamento del più piccolo.
«Non ne ho più voglia.»
«Ma come? Io te l'ho detto che sei peggio delle donne incinte.»
«Già.» e il fatto che non avesse neanche protestato, stranì Jonah ancora di più.
Il più grande si alzò in fretta, solo per seguire il rosso, che era già sul marciapiede accanto al locale e stava camminando in direzione del loro albergo.
«Che ti prende?» gli chiese perfino, mentre tornavano indietro.
«Niente.»
«È per Julia? Andiamo, è solo un'amica. Te hai Bess, no? Lei è più o meno la stessa identica cosa. La conosco da tanti anni.» cercò di spiegare.
Ma Elaja non voleva neanche sapere. Preferiva davvero non sapere. Lui... era solo deluso. Dal fatto che Jonah preferisse uscire con lei, dopo essersi perfino dimenticato totalmente del loro impegno già stabilito. E poi... sì, era anche un po' geloso di quella complicità che aveva visto subito tra loro. E preoccupato di come Jonah si fosse quasi dimenticato di lui.
«Va bene.»
«Non vuoi che ci esca? Dai, El. Te lo leggo in faccia che qualcosa non va. Dimmi almeno che cos'è. Lo hai detto tu che quando c'è un problema dobbiamo comunicare e tutte le altre stronzate sull'essere ormai maturi.»
Irritazione. Per il modo in cui Jonah si stava rivolgendo a lui.
«Non ti vieterei mai di uscire con qualcuno. Fa quello che vuoi.» disse scuotendo la testa ed entrando in hotel.
«Fa quello che vuoi? La devo interpretare come se a parlare fosse una ragazza? Fa come vuoi uguale fa quello che voglio che tu faccia?» Jonah non sapeva neanche perché stesse reagendo in quel modo. Era solo infastidito dal fatto che Elaja si fosse spento e stesse quasi cercando di farlo sentire in colpa. Lui non aveva fatto nulla di male.
Il rosso sentì la rabbia montargli dentro. Si voltò di colpo, guardando Jonah con occhi furiosi. «Io non sono una ragazza, cazzo! Se ti dico che puoi fare ciò che vuoi, significa che puoi fare ciò che diavolo vuoi.»
E senza dargli il tempo di ribattere, si era allontanato per poter tornare in camera.
Da quel momento in poi, i due piloti non si erano più parlati. Jonah era davvero uscito con Julia e aveva passato una serata davvero molto interessante, semplicemente seduti davanti a un panino e una Coca-Cola a chiacchierare di cose anche abbastanza importanti, che lo avevano fatto riflettere pure troppo. Non avevano fatto niente di speciale, nessun locale, nemmeno alcool, come il rosso avrebbe invece potuto pensare. Julia, a quanto pareva, aveva soltanto molto da dire al suo vecchio amico.
Soltanto al suo ritorno ad un orario anche fin troppo esagerato, con i pensieri che gli vorticavano in testa, Jonah si era reso conto dell'errore che aveva commesso con il rosso.
Aveva trovato l'altro pilota disteso sul letto, addormentato davanti al portatile. E quando lo aveva spostato, lo schermo si era illuminato, mostrandogli il circuito del giorno dopo.
«Cazzo.» aveva sussurrato, finalmente ricordandosi della promessa non mantenuta.
Un nodo gli chiuse lo stomaco, che divenne ancora più stretto quando si accorse delle tracce di lacrime sul viso del più piccolo.
La mascella di Jonah si serrò.
E investito dal senso di colpa, piuttosto che mettersi a dormire con lui, gli rimboccò le coperte, spense la luce rimasta accessa e uscì dalla stanza. Elaja era così stanco, dopo aver passato la serata a piangere e cercare di capirci qualcosa di quella maledetta traumatica pista, da essere rimasto completamente immerso nel mondo dei sogni.
E Jonah? Beh, quella sera di dormire con il più piccolo proprio non se la sentiva. Così semplicemente decise di non farlo.

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