Over the love

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Basta.La schiena si arcuò. Ogni muscolo un brandello teso.Le dita artigliarono le lenzuola. Persero sensibilità.Improvvisamente furono strappate dal loro appiglio e il polso imprigionato in alto, sopra i cuscini.Il corpo dell'altro aderì al suo dopo quel gesto, come se si potesse andare oltre. Esisteva un "oltre" dopo quello che facevano?Sentì le costole toccare quelle di Artù, i suoi addominali contrarsi contro i propri, i muscoli del bicipite guizzare contro la sua guancia. Perché lui non lo guardava. Aveva affondato il volto nel suo collo, baciando e mordendo e d'istinto, Merlino sollevò i fianchi per andargli incontro.Il braccio di Artù dietro la schiena, le dita che premevano sulle ossa del bacino, portandolo a sé.Lasciò completamente il suo corpo, poi vi affondò di nuovo. Merlino strinse i denti: sapeva quello che stava cercando di fare. Artù voleva che cedesse, che facesse crollare l'ultima barriera che li separava, che non fosse così insopportabilmente lui e che gli dicesse che era giusto quello che nascondevano, che non era peccato. Anche se era una bugia.Lo prese di nuovo. Di nuovo.E di nuovo.Faceva male, quasi sempre ma Merlino non riusciva a smettere. Non trovava la forza di farlo e cosa più orribile di tutte, non gli veniva naturale.Gli circondò le spalle con le mani, scivolando sopra il sudore. Celò il viso nel suo collo, le labbra serrate, lasciando che quel gesto parlasse per lui. Non usavano mai la voce in quelle stanze. Artù lo morse mentre lo prendeva, lo morse forte e il suo piacere iniziò a tendersi come una corda sul punto di spezzarsi, guidato dal tocco dell'altro che sapeva essere di un'impietosità assurda quando voleva punirlo.Lo puniva perché quasi s'impediva di respirare quando era con lui. Lo puniva perché aveva smesso di guardarlo negli occhi, perché cambiava strada se s'incrociavano nei corridoi, perché non rideva più come una volta, non lo prendeva più tanto in giro e le risposte che sempre aveva sulla punta delle lingua nelle ultime settimane sembravano bloccate da qualcosa di orribilmente simile alla soggezione.Lo puniva perché qualcosa si era incrinato e Merlino lo sapeva.Gli bloccò il polso.Contro la propria spalla, la bocca di Artù tracciò il brivido di un sorriso.Si era fermato, ancora dentro di lui. Per un istante del tutto irrazionale Merlino si rese conto di cosa significasse avere Artù Pendragon. Era già suo, in una maniera che non aveva niente a che fare con il sesso e tutto con il destino eppure, quelle notti rappresentavano una sfaccettatura che era diventata l'ennesimo tassello da incastrare nella loro esistenza.-Dove ho sbagliato?- lo sentì sussurrare.Merlino raccolse il respiro per dire qualcosa. Non sentiva quasi mai Artù in quei momenti e si era convinto che la voce la perdesse quando faceva l'amore, che la nascondesse in una scatola assieme al buon senso e sospettava, anche all'amore per Gwen. Forse per non sporcarlo.-Non mi rispondi?-E invece aveva una voce roca, affannata come se fosse stancante starsene per tanto tempo chiusa in gola. Artù si sollevò a guardarlo e lui, malgrado tutto, gli lanciò uno sguardo. La sua espressione era impertinente, la bocca gonfia e la fronte sudata, tanto che i capelli si erano scostati tutti adagiandosi lungo le tempie come oro imperlato di pioggia.Merlino non riusciva a capire come diavolo facesse a rivolgergli la parola. Per lui era un'impietosa tortura doverlo anche solo nominare davanti a Gaius. Perché era diventato un segreto, un blasfemo, ignobile e caldissimo segreto.-Non serve- disse alla fine, era certo che Artù leggesse nei suoi gesti fin troppo bene.L'altro ghignò.-Per una volta dai credito alla mia sagacia, vedo--E' che non... voglio. Non in quel modo- mormorò -Mi sembrerebbe tutto più irreale-Serrò le palpebre. Aveva parlato troppo.-Non intendevo...-Ma fu costretto a strozzare le parole e schiudere la bocca.Gli occhi di Artù lo trafiggevano mentre lo violava ed erano impassibili davanti alla sua reazione.-Irreale è una cosa che non senti. Che non puoi vedere- spinse di nuovo, sfiorando le con le dita i suoi addominali –Che non puoi toccare- La sua bocca sfiorò quella di Merlino, del tutto incapace di non gemere silenziosamente, di non chiudere gli occhi e stringere i denti e fare di tutto per non arcuare la schiena.Poi Artù si portò un ginocchio al fianco e per qualche motivo quel gesto lo fece sentire più nudo delle parole.-E' irreale?- sussurrò Artù. Anche la sua voce iniziava a spezzarsi. –Quanto ti sembra irreale tutto questo?-Il corpo di Merlino trovò la risposta prima della voce: con una mano scese lungo la schiena artigliandogli una natica, le dita affondarono nel muscolo già contratto. Spinse il corpo di Artù nel proprio, tanto da trovare quel punto che faceva perdere un battito a entrambi.Poi lo baciò.Succedeva di rado e se Artù gliel'avesse chiesto in quel momento avrebbe risposto che si, quello era irreale.Morse la sua bocca e sfiorò la sua lingua e distrusse con le mani il disordine dei suoi capelli, aggrappandovisi, mentre raggiungeva il limite.Le labbra di entrambi cercarono respiro senza trovarlo e Merlino sentì nascere dal fondo della gola un gemito, un ringhio, una stilla di dolore.Artù lo cancellò. Cancellava sempre tutto quando restava in silenzio, il volto nell'incavo del suo collo, il petto che lentamente cercava di riprendere fiato e le dita che strisciavano sulle lenzuola stringendo come se volessero spezzarle.Ed erano sempre momenti senza voce, qualsiasi fosse il contesto, l'evento che aveva condotto a quel prendersi furioso, fosse stata una risata, un incontro casuale o un momento rubato alla notte.Quello che non riusciva a cancellare restava dentro.A marcire. *** Merlino guardava fuori dalla finestra, nel laboratorio del cerusico. Gaius non c'era. aveva lasciato detto a una guardia nell'ala est del castello che usciva di corsa, per recarsi da una partoriente.Merlino era rimasto a preparare rimedi. Una catastrofica influenza che lui aveva il sospetto fosse causata da un maleficio, aveva dimezzato le guardie disponibili alle mura di Camelot, tanto che avevano allestito un ricovero per i malcapitati. Per fortuna dalle terre oltre i confini non giungeva alcuna minaccia di invasione. L'importante era non far trapelare la notizia che metà dell'esercito era a letto con la febbre e con dolorose ferite sanguinanti. Lui e il vecchio avevano lavorato ad un rimedio potenziato con la magia per quasi una settimana.Seduto a gambe accavallate, il tacco di uno stivale puntellato contro la parete, Merlino incrociò le braccia. Un disordine immane sul tavolo alle sue spalle.Con la punta delle dita sfiorò la pelle appena sotto il collo, dove cominciava la clavicola. L'aveva coperta con il fazzoletto blu. Non c'erano segni ma per lui era come ci fosse un marchio.Se chiudeva gli occhi poteva sentire ancora la bocca di Artù schiudersi in quel punto, mentre si lasciava andare, incapace di trattenere un gemito.Artù non lasciava mai nulla al caso. Poteva sembrare un ritratto freddo del suo carattere ma dire che non era cambiato niente da quando quella faccenda li aveva travolti, sarebbe stata una bugia. Avrebbe significato sputare in faccia a tutto quello che avevano costruito perché, checché ne dicesse Merlino, il loro rapporto si era sempre basato su fiducia e sincerità.E anche se lui si sentiva ancora un dannato bugiardo da quel punto di vista poteva dire che la fiducia fra loro si esplicava bene anche in situazioni che non comprendevano esattamente cappa e spada.Dove non c'erano donzelle da salvare, regni da difendere, promesse da mantenere.Dove c'era il buio, gli sguardi rubati, gli amplessi consumati contro una parete, oltre una porta sbarrata, con Gwen dall'altra parte a ignorare tutto.Come fosse cominciata con esattezza e quando non riusciva a ricordarlo, a trovare un inizio.Non ce la faceva nemmeno a dirlo a parole. Gli veniva un groppo in gola ogni volta che provava a mettere le parole Artù e sesso nella stessa frase. Se tornava indietro con la memoria ricordava solo un lungo periodo di pace, nel quale Artù portava la corona con orgoglio e Camelot era continuamente da difendere e Gwen una sovrana giusta e degna.Poi una sera le parole con le quali consigliava Artù avevano iniziato ad assumere il contorno di un desiderio. Quello di evitargli qualunque dolore, di mettere fine a ogni dispiacere. Non che non lo avesse mai provato ma mai così intensamente. Forse perché la stanchezza e gli anni iniziavano a segnare il volto di Artù. O perché la loro routine si era spezzata di colpo dopo le nozze. Qualunque fosse la ragione, qualcosa si era incrinato fra loro e Artù aveva iniziato a ignorarlo, ad evitarlo il più possibile, a trovare scuse su scuse per non doverlo incontrare.Ed era stato lui, Merlino a non demordere, a cercare lo scontro a sbarrargli letteralmente la strada e chiedergli la ragione di quella distanza.Era stato lui a non capire, ma dopo settimane poteva dire di non aver voluto vedere il modo in cui Artù continuava a guardarlo, aveva respinto ogni sguardo che gli lanciava di nascosto e quando pensava a come ognuno di essi bruciava, semplicemente si ripeteva di essere stupido. Non aveva voluto dare importanza a tutte le volte in cui restava a osservarlo mentre si allenava da solo, al fatto che avrebbe potuto disegnare ogni singola cicatrice. Non si era chiesto da dove nascesse quell'impulso di cercare la sua presenza.Era stato cieco. Fino a che Artù non l'aveva messo spalle al muro, avvicinandosi tanto da annullare sistematicamente ogni dubbio prima ancora che il destino giocasse loro uno scacco matto. -Dimmi di andarmene- gli aveva sussurrato.-Io... voglio che ve ne andiate-La bocca di Artù aveva parlato direttamente al suo orecchio.-Dillo con più convinzione--Vattene via- Riemerse dai ricordi con un sospiro, serrò le labbra.Alla porta risuonarono dei colpi e l'uscio si aprì prima che avesse il tempo di rispondere: Artù era sulla soglia, la mano sulla maniglia.-Cercavo Gaius-Merlino si rese conto che doveva averlo visto mentre allontanava le mani dal viso.-Non c'è, tornerà più tardi- rispose, alzandosi e riavvicinando la sedia al tavolo. –Posso darvi io ciò che vi serve se mi dite cosa-Cominciò a tappare boccette, riempire mortai, rimettere ampolle in fila.Artù chiuse la porta e nel momento in cui lo fece Merlino capì che assumere un atteggiamento naturale sarebbe stato ancora più difficile.Sollevò gli occhi dal lavoro: Artù lo fissava, l'incertezza sul suo volto evidente da un unico gesto, ovvero quello di mordersi il labbro inferiore.Sbatté le palpebre.-Che c'è?--Non voglio che le cose cambino. Voglio dire... che ...- abbassò lo sguardo, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni –non voglio che mi odi-Merlino abbassò le braccia lungo i fianchi.-Io non vi odio--Ma non mi guardi in faccia-Per tutta risposta Merlino distolse lo sguardo.-Non significa che vi odi- Trasse un profondo respiro, stringendo i bordi del tavolo, gli occhi bassi.-Io non ti odio Artù. Non potrei mai odiarti--Si ma...--E' stata anche una mia scelta- sbottò –E potessi tornare indietro, probabilmente lo rifarei-Inghiottì a vuoto.-Se non ti guardo è perché...- le parole morirono in gola.In quel momento la porta si aprì e Gaius caracollò all'interno con due ceste colme di bende, una bacinella d'acqua in bilico in cima. Sistemò tutto per terra prima che Artù potesse aiutarlo.-Buonasera Sire. Ah, Merlino, devi aiutarmi. Dobbiamo recarci alle mura ad ovest. Ho individuato un focolaio dell'infezione, partiremo da lì per debellarlo-Merlino prese una cesta vuota e iniziò subito a impilare ciò che poteva servire: bende, medicamenti, boccette d'acqua pulita. C'erano delle foglie secche sul fondo ma le ignorò.-Posso aiutare Gaius?- domandò il sovrano.Il vecchio scosse la testa.-Assolutamente no Sire. Non è per sfiducia anzi, occorre che vi proteggiate in ogni modo. Pensate anche a Ginevra, potreste metterla in pericolo-Ciò detto uscì dal laboratorio e Merlino si attardò nel chiudere la porta.-Vi terrò informato, non temete-E chiuse l'uscio.Solo per riaprilo una manciata di secondi dopo.-Lo farò davvero, non è tanto per dire-Quando richiuse nuovamente l'uscio Artù sospirò, un mezzo sorriso in volto. *** -E' molto grave?-Merlino sollevò gli occhi da una fasciatura all'avambraccio. Si era seduto a gambe incrociate nella sua stanza, accanto alla sponda del letto e tolta giacca e fazzoletto si era tirato su la manica della casacca.Una larga chiazza si spandeva dal polso fino al gomito. Tolse la benda, lasciandola cadere sulle proprie ginocchia: la ferita era molto profonda e fosse stato da solo, probabilmente avrebbe pianto. Gli occhi gli bruciavano terribilmente. Il dolore era così forte che gli veniva da rimettere.Artù si chinava per sbirciare, mordendosi il labbro.-Stai per svenire?--Spiritoso, è una stregoneria, per questo la ferita fatica a cicatrizzarsi- rispose. Si appoggiò per un attimo al giaciglio, mentre la magia del suo corpo rigenerava la pelle martoriata.Inghiottì a vuoto. Sentì qualcosa di freddo lungo il collo: Artù aveva bagnato la cocca di una pezzuola nell'acqua fresca e la stava passando sotto la mandibola.Gli occhi di Merlino guizzarono verso di lui.-Me lo hanno insegnato in tanti anni di addestramento militare. Quando devi razionare l'acqua ma sei costretto a usarla per far rinvenire un ferito meglio usare punti chiave: dietro l'orecchio, lungo i polsi o le tempie.Merlino richiuse di nuovo gli occhi, lasciando che gli bagnasse anche le tempie.-Non lo sapevo--Per quello che può servire... non so se nel tuo caso farà effetto--Sono una creatura della Religione Antica, ma pur sempre un essere umano- Artù sbuffò una risata.Era notte inoltrata e anche se Gaius era nuovamente uscito Merlino non faceva che gettare occhiate alla porta, temendo che entrasse e trovasse Artù nella sua stanza, impegnato a fargli domande come "Hai provato un altro incantesimo?" o "Non c'è niente nel libro che ti ha regalato Gaius?"Merlino ancora si chiedeva come fossero arrivati a quel punto e quando ci ripensava non riusciva a fare a meno di serrare gli occhi. Artù aveva avuto esattamente la reazione che si aspettava una volta scoperta la sua magia. Ma non c'era stato nulla di epico, niente di eclatante, una clamorosa dose di iella e maledizione, una sfuriata di quelle che mai aveva visto da parte di Artù.Semplicemente perché si era svolta in completo silenzio. Era rimasto così deluso che lo aveva allontanato di colpo, disgustato. E Merlino era fuggito da lui, si era rintanato nella sua stanza e aveva pianto tutte le lacrime che aveva e anche di più.Miracolosamente, era riuscito a tenere la cosa segreta a Gaius.Artù lo aveva ignorato per settimane, più di quanto facesse già ma alla fine, si era progressivamente riavvicinato, come un fiore che cerca inconsciamente il sole. Passata la burrasca, ne era arrivata una peggiore.Solo che il punto in cui li stava portando sarebbe stato senza ritorno.-Mi ammalerò anche io?- chiese Artù, mentre lui riponeva l'occorrente con cui si era medicato sotto il letto.-No- disse Merlino, tornando in laboratorio. –Se riesco a evitarlo-Artù lo osservava dalla cornice della porta, le braccia incrociate.-Non mi seguite se mi reco con Gaius oltre le mura, mi annoierebbe dovervi curare-Artù sbuffò.-Non vorrei mai darti questa seccatura-Merlino sentiva i suoi occhi addosso: svuotò la bacinella, gettò le bende sporche nel braciere e rimestò le ceneri spente.Dopo dieci minuti si azzardò a guardarlo.-Mi stai fissando- sbottò.Artù arcuò un sopracciglio.-Sto cercando di capire con quale cadenza ti scordi dell'etichetta-Merlino serrò gli occhi.-Scusate-Artù lo guardò come a chiedergli se fosse veramente un imbecille e lui per tutta risposta si schiarì la voce.-Dovreste tornare adesso, Gwen si accorgerà che non ci siete-Artù affondò le mani nelle tasche dei pantaloni e si avviò alla porta.-Gaius quando torna?--Non lo so-Nella stanza c'erano poche candele accese e il profilo di Artù che si girava per guardarlo con una mano ancora sulla maniglia, era visibile appena.-Posso restare qui per un po'?-Cadde il silenzio.-Non ho detto che chiudo a chiave la porta-Merlino si sentì avvampare.-Fa come vuoi- borbottò. L'ansia premeva alla bocca dello stomaco come se qualcuno lo stesse stringendo in una morsa.Se ne stava con le braccia dietro la testa e fissava il soffitto. Artù era appoggiato di schiena contro la parete, sotto la finestra, il viso ammantato di buio.Merlino strinse le labbra.-Tu sei assurdo- decretò –Io lo sapevo che l'altro lato della medaglia non poteva che essere un completo imbecille-Artù sbuffò una risata.-Non tanto, dato che un altro al mio posto ti avrebbe già messo alla gogna per un'affermazione simile-Merlino schioccò le labbra, seccato.-Vorrei farti notare che mi hai ignorato per settimane--E io che non mi guardi in faccia per più di dieci secondi-Silenzio.-Perché?- mormorò Artù –Prima mi stavi dicendo il perché--Non ci riesco--...provaci--No, intendevo che non riesco a guardarti. Mi... torna tutto in mente- sussurrò, girandosi su un fianco e dandogli le spalle –Mi sento male perché non riesco a fermarmi-La voce gli uscì arrochita dal pianto ma non poté evitarlo. Serrò le dita intorno al cuscino.-Tutto il mio destino ha preso una piega diversa. Non... doveva andare così. E ogni volta che ti guardo mi ricordo che sto sbagliando tutto. Tutto-Artù si alzò lentamente e lui si passò in fretta le dita sugli occhi ma l'altro non si avvicinò, si limitò ad aprire la porta e a uscire. La prima volta che aveva baciato Artù, il mondo era crollato.Ricordava ancora discussioni, voci che si alzavano di tono, poi le grida. E poi le sue braccia ai lati del viso e le proprie dita che, impacciate, lo attiravano a sé, la morbidezza della sua bocca che gli riempiva il cervello e infine il suo sapore. Di pioggia. Di uomo. Di Artù.La prima volta che si era concesso a lui invece era scolpita nella sua memoria con una vividezza estrema.L'ennesima stanca giornata in cui si erano evitati di proposito, l'ennesima notte insonne. Si era alzato senza sapere neanche come avrebbe fatto a svegliarlo senza attirare l'attenzione di Gwen ma conscio che sarebbe arrivato a stregarla pur di ottenere il silenzio e la solitudine che gli servivano per chiarire le cose.Ma non aveva fatto in tempo ad aprire la porta che Artù l'aveva dischiusa, incontrando il suo sguardo, stupito. Lo aveva trascinato letteralmente dentro e per un folle momento Merlino aveva temuto che Gwen potesse svegliarsi, urlargli contro e capire tutto. Capire che qualcosa stava cambiando.Ma lei non c'era e di certo Artù non lo avrebbe mai fatto entrare se fosse stata in quella stanza.L'aveva spinto contro la porta e intrappolato con le mani.La sua fronte si era abbandonata contro il legno, stanca.-Adesso, dillo con più convinzione- Merlino balzò dal letto prima che i pensieri potessero distruggerlo ancora e si precipitò fuori, nel corridoio.Lui non aveva ancora svoltato l'angolo.-Artù-La voce gli era uscita come un sussurro, imbarazzata, incrinata. Una supplica di cui si sarebbe vergognato dopo, e non gli importava niente.E lui si girò lentamente, scrutandolo. Le voci annegavano una nell'altra, le mani stringevano, slacciavano, artigliavano.Quando la pelle di Artù toccò la propria il mondo esplose dietro le palpebre e Merlino arcuò la schiena contro il pavimento. Sentiva la sua bocca lungo la mandibola, il collo, la spalla. La pelle del bacino strusciava contro la pietra fredda. Le dita di Artù la sfiorarono portandosi una coscia al fianco, la sola che aveva liberato nella fretta di sentirlo nudo contro di sé.Merlino raccolse quella mano e ne baciò il palmo, passò lentamente la lingua lungo le dita. Artù si irrigidì completamente, la voce gli si strozzò in gola, perfino la sua intimità reagì a quel tocco.Merlino sentì un'ondata di calore salirgli dritta al cervello.Quando Artù lo violò, nascose istintivamente il volto nell'incavo della sua spalla, mentre le dita dell'altro affondavano nel suo corpo e le ginocchia tremavano e un sibilo di dolore gli usciva attraverso i denti.Annegò un gemito contro il suo orecchio. Il viso di Artù si mosse appena, come se volesse guardarlo ma un momento dopo quell'impulso fu soffocato dalla consapevolezza che gli avrebbe fatto male, più di tutto il resto.Lo prese lì, sulla ruvida pietra, un braccio a circondargli il viso, la mano a stropicciare i capelli e una meravigliosa incertezza nei movimenti. Come se non l'avesse mai fatto prima.Merlino piantò le unghie nella sua schiena, la voce che si spezzava ad ogni spinta, amplificata dal silenzio intorno. E poi il piacere, la durezza estrema di un momento che si scioglie e lunghi respiri appagati e occhi chiusi. Contro il mondo. *** -Forse dovrei andare via, Gaius-Il vecchio lo guardò, le sopracciglia aggrottate.-Intendo fuori Camelot, a cercare le cause di questa febbre--In realtà avevo pensato di chiedertelo Merlino, solo che non so quanto pericoloso possa essere--Non importa, ci andrò lo stesso. Avete stabilito il fulcro del maleficio?-Il vecchio annuì.-E' stata Morgana a diffonderlo ma dubito che il suo obbiettivo fosse Camelot. Considerando quanto in là si è esteso nelle terre al nord, credo che il suo scopo fosse indebolire i regni di confine, in modo da privare Camelot di qualsiasi alleato in caso di battaglia. Evidentemente avrà pensato – e a ragion veduta- che avremmo smascherato presto il trucco se l'epidemia si fosse semplicemente scagliata contro di noi-Merlino annuì.-Capisco--Il nucleo dell'anatema è una manufatto della Religione Antica, sospetto si trovi nella foresta di Ashetir, in un luogo sconosciuto ai più- disse il cerusico, lanciandogli uno sguardo. –Credo che tu non faccia eccezione--Ma non potrei trovarlo grazie alla magia?--Probabilmente si ma dubito che Morgana non abbia piazzato creature o guardie nel perimetro della caverna per custodire il segreto che cela. Bisognerebbe prima liberarcene, ma mandare te sarebbe come accendere una torcia e cercare contemporaneamente di nascondersi--Che intendete fare allora?--Innanzitutto dare meno nell'occhio di te e usare tutti i mezzi a mia disposizione per disfarci di ogni ostacolo sul sentiero che conduce alla caverna. Chiederò l'aiuto dei druidi, di certo la devastazione di Ashetir sarà un problema per loro quanto per noi-Il vecchio sorrise.-Nel frattempo me ne vado a zonzo quando mi pare, questa scusa di dover propiziare la nascita di bambini mi ha dato campo libero- esclamò, rimestando allegramente la colazione. –Nessuno vuole avere a che fare con puerpere furibonde-Merlino gli chiese di fare molta attenzione e disse che sarebbe andato a raccogliere agnocasto e susine. Preso un cesto vuoto si diresse verso la città bassa, superò il mercato e le mura della città. Ben presto fu nei campi di grano. Stavano maturando in fretta e gli piaceva guardare il sole sbiadire dietro quelle lame dorate, specie quando c'era il vento e le scuoteva come fossero state spade affilate.Si abbandonava sulla terra, senza riuscire a sentirne la consistenza tanto era spesso il manto di spighe, poi chiudeva gli occhi. Lo faceva spesso anche prima che le cose cambiassero, solo che i pensieri non erano gli stessi. *** Non riusciva a ricordare il momento in cui mentire a Gwen era diventato disgustosamente facile.Non lo meritava e lo sapeva eppure ogni volta che toccava lui, ogni volta che si affacciava nel suo campo visivo, il senso di colpa verso Ginevra annichiliva. Puf. Si riduceva ad uno sbuffo di fumo.Inconsistente.Quando suo padre era morto Artù aveva letto il proprio fato sul suo epitaffio, con una chiarezza così lancinante che si era sentito perso.Ma c'era lei. Lei che lo comprendeva, che lo consolava, che qualche volta riusciva a intuire i suoi pensieri come solo una persona era riuscita a fare fino a quel momento.Questa era la cosa più disgustosa di tutte: aveva cercato lui in Gwen.I suoi modi, il suo sarcasmo, la sua capacità di metterlo a nudo con occhi che avevano iniziato a mancargli.Perché Merlino si era allontanato e all'inizio non era stato intenzionale, forse.Ma poi la distanza si era dilatata, non solo in termini di tempo ma anche sotto forma di sguardi non ricambiati, di parole non dette. E lui, Artù, si era reso conto che quella distanza stava diventando incolmabile e si era scoperto a desiderare la sua voce, la sua risata.Perfino il modo di pronunciare il suo nome non gli riusciva più come un tempo. Si era disabituato a Merlino, aveva iniziato a tenerlo dentro, nascosto come un segreto e custodito come un ricordo doloroso.E a quel segreto se n'era aggiunto un altro.Vorrei che fosse qui.E un altro ancora.Lo odio.Eppure lui non se n'era andato, Merlino era sempre lì, sempre. A ricordargli che aveva un profilo purissimo, che armeggiava delicatamente con qualunque cosa toccasse ma soprattutto che si accorgeva maledizione, si accorgeva sempre quando lui lo fissava di nascosto.Non era mancanza di lui. Era mancanza del significato di lui nella sua vita.E faceva male, come non essere in sé, come perdere il controllo per la rabbia, come affondare la spada nel ventre di qualcuno. Era euforia, senso di colpa, pentimento e piacere.Merlino era soprattutto quello, il sottile piacere di averlo intorno, di osservarlo esistere e circumnavigare la sua vita.Artù aveva cercato di cancellare tutto quello, evitandolo. Ed erano state giornate senza uno scopo in cui i sorrisi di Gwen non avevano fatto altro che scavargli un solco al centro del petto.E più lei scavava, più emergeva il dubbio e cercare di convincersi che non fosse quello il sentimento che provava era inutile. Semplicemente aveva cercato a forza di definire l'indefinibile, non aveva voluto vedere che quelle cose stavano in un certo modo fino a che non era stato Merlino a sbattergliele in faccia.-Mi state evitando--...scusami?--Non mentite con me!--Proprio tu parli di bugie? Alza di nuovo la voce con me e giuro che te ne farò pentire!-Era già stato difficile scavalcare il vuoto delle sue menzogne. Rendersi conto di essere stato preso in giro per anni anche se in fondo, c'era sempre stata una ragione. Però gli era rimasto dentro quel pizzico di orgoglio ferito. A ricordargli che Merlino non aveva voluto fidarsi di lui che sì, non aveva voluto metterlo in una posizione scomoda rivelandosi ma che aveva anche avuto paura di lui. Si, ne era certo. Aveva avuto paura di quello che avrebbe potuto fargli.E andare avanti con quella convinzione e rendersi conto di volerlo era stato come viaggiare su due sentieri diversi. Aveva fatto di tutto per farli conciliare ed era stato difficile.Immensamente difficile.Lo aveva afferrato per una spalla e aveva cercato i suoi occhi perché non riusciva a levarsi dalla testa il dubbio che Merlino sapesse, che avesse capito e che fosse disgustato. Era arretrato di un passo.-Ma che cosa volete da me?- la sua voce era stata debole, un soffio disperato.-E tu che cosa vuoi invece?- aveva gridato, sbattendo una mano contro il legno mentre l'altro girava la testa di scatto come se temesse che potesse colpirlo. Come se potesse anche solo pensare di colpirlo.-Dimmi di andarmene--Voglio... che ve ne andiate-Il suo respiro era accelerato. La sua guancia profumava di lavanda.-Dillo con più convinzione--Vattene via-E quando Merlino lo aveva guardato, Artù aveva capito che la sua disperazione nasceva dal volere l'esatto opposto. Era stato quello il momento che aveva cambiato tutto. Non un bacio. Non il fatto che si era messo completamente a nudo nella mani di un altro uomo. Quelle erano solo cose, contorni di un'idea, di una serie di azioni che avrebbero condotto comunque a quel vicolo cieco.Una parte di lui, quella del ragazzo arrogante messo a posto da un servitore tanti anni prima aveva sempre voluto Merlino.Come si vuole vivere, allo stesso modo in cui si vuole alzare lo sguardo per vedere il cielo quando è limpido: per istinto.Era il desiderio di una vita, quello che non sai di avere ma che ti porti dietro comunque perché prima o poi farà capolino dalla tua coscienza e ti indicherà la via. Il tassello che rimette a posto tutto.Ed era ingestibile. Merlino era la cosa più forte, complicata e ingestibile della sua vita. *** Quando fece ritorno a Camelot la cesta era piena. Non aveva fatto che raccogliere fino a che non era rimasto spazio da riempire. Dopo il tramonto era entrato in laboratorio, solo per scoprire che c'era una specie di circolo in sua attesa.Gwen e Artù erano seduti al tavolo da lavoro e Gaius riempiva un bollitore di rame con dell'acqua calda, farneticando di rimedi, epidemie, missioni.A quella parola gli occhi di Artù lo fecero letteralmente a brandelli.-Merlino per quale motivo non ci hai detto che avevi intenzione di partire per una missione così pericolosa da solo?- chiese Gwen, la voce preoccupata.Lui abbozzò un sorriso rassicurante.-Non è così pericolosa e poi volevo recarmi lì solo per indagare. Comunque Gaius mi ha chiesto di attendere ancora- -Se dovessi andare, Artù verrà con te-Merlino sentì la terra mancargli sotto i piedi.Posò il cesto, distogliendo con tutte le proprie forze lo sguardo da Artù. L'ultimo incontro con lui era stato... c'era stato qualcosa di diverso. E lui, Merlino, era stato fin troppo esplicito nel mostrargli cosa voleva e dopo che Artù si era abbandonato dentro di lui era rimasto in silenzio, immobile. Aveva percepito il suo respiro acquietarsi contro la pelle. E si era alzato lentamente e altrettanto lentamente si era rivestito, azzardandosi a lanciargli uno sguardo mentre si infilava la casacca. Lo aveva colto per puro caso ed era stato meravigliosamente incerto. Era stato un brivido.Strinse il manico della cesta a due mani.-Non occorre. Camelot è già sguarnita, privarla del sovrano mi sembra un'incuria--Ma qui ci sono ancora uomini assai valenti Merlino. E poi è il dovere di ogni sovrano essere in prima linea-Merlino si costrinse a non guardarla: avrebbe voluto fare due cose in quel momento: urlarle contro e fissarla scioccato.La Gwen di un tempo non avrebbe mai permesso che Artù si allontanasse, Camelot in pericolo o meno. Se fosse stato in suo potere lo avrebbe impedito e invece l'orgoglio e l'amore di Artù per il suo popolo l'avevano plasmata.Era proprio la migliore regina che Camelot potesse auspicare.-Interpreto solo la volontà di Artù. Sarei di ostacolo con sciocche proteste. E poi Gaius mi ha rassicurata che non sarebbe molto pericoloso. Vi spalleggerete a vicenda-Merlino non riuscì a spiccicare una parola, era semplicemente troppo arrabbiato. Sbatté la ciotola contro il tavolo.-Certo che non mi siete stato molto d'aiuto. Non voglio portarlo con me-Gaius lo fissò, colpevole.-Gwen è stata irremovibile--E da quando vi fate mettere nel sacco da Gwen?-Il vecchio fece spallucce.-Per quanto per me sia come una figlia ha pur sempre una corona in testa, Merlino--Io non volevo tornare-Gaius posò ciò che aveva in mano e lo avvicinò, l'incredulità in ogni passo.-...come?-Merlino chiuse gli occhi.-Non... subito almeno. Volevo andare un po' a Eldor, vedere mia madre e magari tornare la prossima primavera--...stai scherzando vero?-Quando notò che non rispondeva Gaius gli fece sollevare il volto con le dita.-Cosa c'è che non mi dici?--Niente- Si divincolò con la maggiore disinvoltura che gli riuscì di simulare.-Ha a che fare con Artù?-Il suo corpo rispose irrigidendosi all'istante. Negli ultimi tempi reagiva in sua vece fin troppo spesso.Abbozzò una risata, nascondendo il viso mentre gironzolava per il laboratorio.-Il mio destino non ha forse sempre a che fare con quell'asino?-Rise ma la smorfia di pianto si disegnò lo stesso sul suo volto.Se c'era una cosa che apprezzava di Gaius era la capacità di mostrare discrezione. Gli sfiorò appena la spalla con la mano ma non cercò il suo sguardo.-Vedrai che saprò toglierti d'impaccio. Spezzerò l'incantesimo così tu avrai del tempo da dedicare a tua madre, dopotutto non la vedi da anni. Spiegherò io le cose ad Artù quando sarà il momento. Adesso devo recarmi nuovamente al confine, non preoccuparti per me. Fra i libri di Geoffrey ne ho trovato uno sulla stregoneria druidica e sono perfettamente protetto contro eventuali attacchi o anatemi-Quando uscì, senza aspettarsi una risposta, Merlino spense tutte le candele tranne una, lasciandola a consumarsi sul tavolo. Si scioglieva lentamente, creando una tiepida bolla di luce al centro della stanza. Il buio cominciava a mangiarsi le ombre, risputandole fuori più nere di prima.Disteso sopra il giaciglio di Gaius aspettò che si infittissero, dicendosi che doveva aver davvero perso la testa per permettere al vecchio di andarsene a zonzo come nulla fosse fra stregoni, malefici e chissà cos'altro. La sua fiducia nei suoi riguardi era incrollabile ma restava pur sempre un vecchio. Stava di fatto però, che se lui, Merlino, si fosse fatto mettere fuori combattimento poi Camelot avrebbe perduto sul serio il baluardo più potente di cui disponeva.E poi, Artù lo aveva letteralmente incatenato al regno tanto che se avesse cercato di allontanarsi l'avrebbe presa sul personale. E Merlino non avrebbe saputo dargli torto.Non si girò neppure quando la porta cigolò pigramente sui cardini ma portò due dita agli occhi, strofinandoli piano.-Che cosa vuoi?- sospirò.L'unica risposta che giunse fu un rumore soffocato: Artù si era accasciato contro lo schienale di una sedia e cercava di reggersi in piedi inutilmente. Chinò il capo e strinse i denti, le nocche erano bianche a forza di stringere il legno.Merlino balzò dal letto e si precipitò da lui: gli scostò i capelli dal viso e si accorse che lungo il collo e probabilmente anche lungo la schiena, si dipanava una ferita paurosamente simile a quella che lui stesso si era curato il giorno prima.Lo trascinò fino al giaciglio e lo sorresse con un braccio mentre tamponava il danno con la stregoneria. Non poteva curarlo del tutto perché Artù non possedeva poteri magici e pertanto non era del tutto immune –o quasi- come lui.Lo sentì aggrapparsi alla sua spalla ed emettere un basso gemito di dolore attraverso i denti.Merlino cercò di velocizzare i tempi di cicatrizzazione ma la sua magia servì a poco: sapeva che la caratteristica di quel maleficio era rallentare la normale risposta dell'organismo, come se privando l'aria intorno alla ferita di ossigeno ne impedisse il ricostruirsi. Inoltre Gaius gli aveva spiegato che sulle persone comuni l'effetto era ancora più doloroso perché dava la sensazione che la ferita si riaprisse a ripetizione, che una lama scavasse sempre nello stesso punto.Artù era impallidito ma resisteva ancora, tuttavia le sue iridi erano come sbiadite.Merlino avvertì qualcosa avvinghiarsi allo stomaco.Gli tolse lentamente la casacca e lo appoggiò contro la parete. Si sarebbe sporcata di sangue ma non gli importava niente. Corse al tavolo e sparse tutto ovunque per cercare l'unguento che lui e Gaius avevano realizzato potenziandolo con la magia. Prese delle bende pulite facendo cadere boccette e ampolle. Una si frantumò a terra.Quando tornò da Artù che lo fissava cercando di restare lucido nonostante il dolore, gli diede una pezzuola.-Ti farà male. Mordila-Con la mano fece comparire qualche altra fiammella che aleggiò in circolo intorno a loro. Se qualcuno fosse entrato in quel momento sarebbe stata la sua fine. Nessuna scusa lo avrebbe salvato dall'accusa di stregoneria ma era l'ultimo dei suoi pensieri.Artù prese la pezzuola ma prima che potesse morderla e approfittando della sua distrazione, Merlino fece colare l'unguento sulla ferita. Artù sussultò e si aggrappò così forte al suo braccio da fargli male.Merlino era certo che non gridasse per puro orgoglio, infatti quando lo tirò su, incominciando ad avvolgere le bende con le mani sporche di sangue notò che sembrava sul punto di svenire. Era talmente pallido che la gola gli tremava in continuazione. La fronte era lucida di sudore.Gli scostò qualche ciocca col dorso delle dita, poi riprese a lavorare.-Ti viene da vomitare?- domandò dopo un po'.Silenzio.-No-Represse un mezzo sorriso e avvolse stretto il bendaggio. In quella maniera la cura avrebbe fatto effetto prima, imprigionando l'aria che serviva alla cicatrizzazione e fungendo da contrasto al maleficio. In poche ore si sarebbe rimesso e se fossero stati fortunati, nessuno lo avrebbe saputo.Dopo che ebbe finito Artù riuscì a stare seduto senza oscillare. Inghiottì un'altra volta e lo guardò: Merlino aveva idea di avere i capelli scompigliati, forse la faccia sporca di sangue. Le mani erano un disastro, tanto che si alzò e le immerse nel catino, mandando a mente di cambiare l'acqua prima del ritorno di Gaius che comunque non sarebbe stato prima dell'alba.Dopo un paio di secondi, scemata l'adrenalina, sospirò. Si asciugò le mani e le poggiò sul bordo del catino.-Mi hai fatto morire di paura, maledizione- sibilò.-Non era mia intenzione- fu la risposta.Si girò, fulminandolo.-Adesso è sicuro che non ti lascio venire con me ad Ashetir-Lo sguardo che Artù gli rivolse diceva esattamente "Certo, e credi davvero di avere potere su di me?", con quelle esatte parole, punteggiatura compresa.-Non offenderò la mia intelligenza chiedendoti come ti sei procurato un contagio ma la domanda è: perché diamine sei andato al confine ovest?-Quando Artù distolse lo sguardo lui sollevò le mani.-D'accordo, non lo voglio sapere. Lascia stare--Ho accompagnato un soldato al ricovero che abbiamo allestito oltre la cittadella. L'ho incontrato mentre ero in perlustrazione ed era ferito, non potevo lasciarlo lì, gli altri uomini dovevano continuare la ronda, siamo già in pochi-Merlino sentì subito la rabbia scemare.-Davvero non vuoi che venga con te?--Artù, non so nemmeno se andrò- Ricominciò a sistemare -E poi hai ancora da chiederlo dopo tutti i miseri tentativi che ho fatto per dissuadere Gwen?-Silenzio.Ultimamente Artù aveva sviluppato un'oscura capacità di colpirlo con silenzio. fece cadere un mazzolino di lavanda. Non fece rumore sul legno.-Scusa. Non vorrei essere così--Così come? Detestabile?--Arrabbiato. Non vorrei essere così arrabbiato- sussurrò –Ma non lo sono con te-Si girò ma abbassò lo sguardo, fissandosi gli stivali.-Senti Artù io... pensavo di...-I movimenti dell'altro che si alzava gli spensero le parole in gola. Gli fu di fronte in un attimo.-Guardami-La sua voce era a un passo dal perdere il controllo.-Ti prego-Merlino sollevò gli occhi su di lui. Solo quelli.-Ti disgusta così tanto che devo pregarti affinché tu lo faccia?--Lo sai che non è così--Ma perché...--PERCHE' TI ODIO! VA BENE?- Si allontanò di scatto, così di scatto che dopo qualche attimo se ne pentì. -Ti odio perché non ho mai permesso a nessuno di ridurmi così. Ti odio e ti voglio come non ho mai odiato né voluto niente in tutta la mia vita. E quando ti guardo mi sento... mi sento nudo- serrò le palpebre e strinse i pugni, tutto il suo corpo chiedeva di gridare ma la coscienza gli diceva di no. Non avrebbe mai più trovato il coraggio di voltarsi, non dopo quelle parole.La mente gli rimandò immagini ignobili, ricordi che custodiva gelosamente ma che non poteva sopportare.Ogni singola azione era valsa a scoprirlo e assumevano tutte un significato se lo guardava negli occhi.-Va via, ti scongiuro-Artù lo fece voltare e lo spinse a forza contro il bordo del tavolo, i polsi bloccati sulla superficie fredda e ruvida.-Dillo con più convinzione--Artù ti prego...--Credi che io non senta niente? Se ti vedo anche solo a lontano, mi sento morire- mormorò, la fronte contro la sua spalla. –Ogni dannato giorno mi sveglio con la paura che Gwen lo legga in faccia il mio tradimento, che in qualche modo capisca tutto-Con lentezza, le dita della sua mano destra si mossero. Merlino le sentì sfiorare le proprie, un gesto che non aveva mai fatto. Lo imprigionava di solito, lo teneva fermo. Come se la voglia che aveva di lui non bastasse a inchiodarlo dov'era.-Non mi pento- sussurrò. –Non mi pento di niente-Merlino avrebbe voluto rispondere ma fu il proprio silenzio a tradirlo.Artù sollevò lentamente lo sguardo.-...tu invece si-Quelle parole suonarono come una condanna.Merlino distolse lo sguardo. Di nuovo.Si maledisse per quella reazione ma la voce l'aveva spenta la paura, il rimpianto di aver detto troppo, la vergogna. Artù però non glielo lasciò fare.-Dimmelo in faccia Merlino- sibilò sulle sue labbra. Provò a parlare ma non ci riuscì.Artù annuì lentamente. Quando puntò lo sguardo altrove, la gola tremò e quel gesto fu come acqua sul fuoco. Merlino sentì la propria mano sporgersi per fermarlo o forse lo immaginò soltanto. Il suo corpo era delle tutto paralizzato, come se tutto ciò che li coinvolgeva da mesi si fosse condensato in un solo agghiacciante momento, così definitivo, che non aveva avuto il coraggio di viverlo.Lo osservò raccogliere la casacca e uscire dal laboratorio poi si sedette per terra, il capo fra le ginocchia. Gaius lo trovò così al suo ritorno ma non fece domande. Gli sfiorò i capelli e attese che lui raccogliesse il coraggio per mostrarsi. Ignorò gli occhi lucidi e parlò allegramente mentre preparava la colazione.-Buone nuove!- esclamò –Ho individuato con precisione la caverna in cui è custodito il manufatto che reca a queste terre una simile disgrazia. Per questa volta Camelot non si schiererà in prima linea-Merlino cercò di non far apparire la voce come uno che ce l'ha scorticata per aver pianto tutte le proprie lacrime.-Che volete dire?- domandò, fingendo di addentare un pezzo d'uvetta dalla focaccia che il medico gli aveva portato. La inghiottì ma era come un macigno, la gola gli faceva male.-Il nostro unguento non solo è in grado di ridurre l'infiammazione e far cessare gli effetti devastanti del maleficio ma rende la persona immune ad esso. Mi spiego ora?-Il mago annuì.-Ciò vuol dire che dovremmo prepararne tantissime once e distribuirle a tutto il popolo--Esattamente. Ma se gli dei ci assisteranno sarà la sola cosa che dovremmo fare. I druidi si stanno occupando della distruzione del manufatto. Difendere Ashetir è una loro priorità mentre la nostra è proteggere il regno e le sue genti. L'incontro con i loro emissari è stato particolarmente proficuo e anche affascinante, devo ammettere. Non incontravo sacerdoti druidi dai tempi in cui mi dedicavo alla stregoneria- esclamò, sospirando. –Ad ogni buon conto è meglio così, dedichiamoci a cose che rientrano maggiormente nel nostro ambito di competenza. Probabilmente saremmo riusciti nell'impresa ma di certo avremmo imbastito un piano di abnorme stupidità-Merlino non riuscì a fare a meno di sorridere, anche se controvoglia. Si alzò, traendo un lungo respiro.-Allora mettiamoci al lavoro- Due ore dopo erano immersi fra miriadi di effluvi, profumi speziati, acqua che sobbolliva, piccoli bracieri accesi. Fu una mattinata sfiancante per certi versi ma Merlino ne fu felice. Lavorare gli impediva di pensare ma sopra ogni altra cosa lo teneva così occupato da non dargli il tempo di andare a zonzo per il castello rischiando di incontrare Artù.L'espressione ferita del suo viso continuava a trafiggergli il petto ogni volta che riusciva a scalfire la soglia della coscienza. I suoi occhi lucidi, il modo in cui la gola aveva tremato.Artù ci teneva.Ed era quella la cosa peggiore. Si era legato a qualcosa che non potevano avere, che il destino non aveva scritto e che avrebbe comportato troppi cambiamenti, troppa sofferenza, troppo di tutto.All'inizio era stato uno sfogo, quel prendersi e ignorarsi per settimane. Si erano crogiolati in qualcosa che aveva lentamente avvolto le spire intorno alle loro vite ed era stato come sopportare una bufera.Quasi non si erano resi conto di quanto fosse pericoloso e da parte sua, Merlino poteva dire che anche se il suo intuito gli aveva suggerito più volte di smettere, lo aveva ignorato.Era troppo forte il brivido di appartenergli e non aveva voluto scacciarlo, ben sapendo di star travisando tutto. Tutto.Però, come aveva detto ad Artù, non riusciva a fermarsi. E lui si era allontanato ormai, lo aveva ferito a morte e in fondo era meglio così. Adesso doveva solo trovare il coraggio di andare via, qualche anno magari, il tempo di far passare la burrasca.Era certo però che nessun lasso di tempo e nessuna distanza sarebbero stati sufficienti. Anche se fosse tornato dopo dieci anni, il profumo di Camelot gli avrebbe ricordato ciò che era stata la sua vita. E pensarla senza ricordare di aver voluto Artù, di averlo baciato e toccato e di avergli raccontato cose che neanche ad una stanza vuota si direbbero, avrebbe significato bruciare il passato.E Artù era stato un fuoco dentro.Perciò le fiamme non sarebbero servite.Verso il tramonto, quando finalmente poterono riposare, restarono a guardare il tavolo stracolmo di ampolle, le ceste, i ripiani sulla credenza. Ognuna di essere sarebbe bastata circa per tre persone, quindi ne avevano preparato un numero che si, era abbastanza contenuto ma per gli standard a cui erano abituati a lavorare, era comunque alto.-Adesso vorrei decisamente andare a letto ragazzo--Certo Gaius, sarete stanco. Domattina comincerò il giro di visite--Cerca di essere il più veloce possibile, serviranno comunque più di tre giorni se saremo soltanto noi due- rispose il vecchio, cambiandosi dietro il paravento e infilando la veste bianca da notte. Si sedette sul giaciglio con un brontolio di dolore, le spalle ricurve.Merlino lo aiutò a stendersi.-Avete fatto un gran lavoro, il resto lasciatelo a me- lo rassicurò.Gaius lo guardò si soppiatto. Quando usava quello sguardo Merlino sentiva che era in arrivo una predica o una lettura del pensiero.Abbozzò un sorriso ma svanì quasi subito. Scostò una sedia dal tavolo e prese un libro, fingendo di leggere. Le linee tracciate sulla pergamena si confondevano, si sfocavano.Inghiottì più volte.-Che cosa c'è Merlino? Se non vuoi dirmelo non importa ma sappi che potrei aiutarti-Avrebbe voluto gridare. Distolse lo sguardo, puntandolo verso il pavimento. Se avesse guardato la porta, probabilmente quel momento avrebbe preso una piega diversa.-Ne dubito. E comunque non ho nessun problema--Nessuno che possa definirsi tale o nessuno che io possa risolvere?--...un po' entrambe le cose-Cadde il silenzio.-Hai bisogno di allontanarti da Camelot?-Una lacrima incominciò a scendere lungo la guancia. Non l'aveva sentita sbocciare.-Forse si--E quanto ha a che fare questo con Artù?--...più di quanto mi piacerebbe ammettere- masticò ogni parola, faticò a farle uscire ma la sua coscienza continuava a rassicurarlo, a dirgli che era al sicuro, che Gaius non avrebbe potuto neanche immaginare quello che gli stava nascondendo. Semplicemente perché quel pensiero non gli attraversava neanche la mente. E mesi prima, non avrebbe attraversato neanche la propria.-Vedrai che un giorno ti apprezzerà per ciò che sei. So che vorresti con tutto te stesso rivelargli il tuo dono ma è presto Merlino, non è pronto per comprendere e qualcosa mi dice che non lo sarà per molto tempo ancora-Annuì.-Grazie della vostra sincerità--Prego, anche se dubito di aver toccato il tasto giusto- fece una pausa –Non questa volta almeno-Merlino aspettò che si addormentasse, spense la candela sul tavolo e andò nella sua stanza, rannicchiandosi sotto le coperte. Faceva più freddo del solito quella sera, o forse era la sensazione che quella stanza fosse troppo grande per lui. Una volta era rimasto con Artù fino all'alba, a parlare di cose stupide.Solo che il suo profilo era meno fiero alla luce della luna, più simile a quello di un ragazzo che di qualcuno stanco della vita. I capelli erano meno cresciuti allora ma Merlino ricordava di essere rimasto a fissare i riflessi argentei delle stelle imbrunire l'oro delle sue ciocche, sporcandolo.Era l'epoca in cui il volto di Artù catturava la sua attenzione in modo del tutto personale e aveva imparato a leggerlo, a tradurre in gesti i segreti che gli confessava. Aveva trovato un vecchio cimelio del padre e lo aveva lucidato, organizzato un torneo per il prossimo Beltaine ma nessuno lo sapeva ancora. E Merlino aveva spinto tanta gente a fare tante piccole cose, di quelle che avrebbero potuto renderlo felice senza che se ne rendesse conto.La loro amicizia aveva distrutto anche le ultime briciole di barriere sociali e rubare una notte o due per chiacchierare in silenzio, all'inizio non era sembrato un passo falso.Ma quello succedeva mesi prima e da allora di passi falsi ne avevano compiuti così tanti da non avere più i mezzi per rimediare.Sospirò, fissando il cielo.Presto ci sarebbe stata la "notte delle scie" come la chiamava il popolo. Per qualche sera l'anno, una in particolare individuata grazie agli scritti druidici, si potevano scorgere brillanti scie luminose nel cielo.Lacrime di luce, le chiamava sua madre e una volta, tempo prima, Gwen si era riferita le aveva chiamate stralci di stelle.Merlino poteva dire di conoscerla bene ma davvero, non riusciva a capacitarsi di come potesse essere tanto cieca. Forse lui era di parte ma si vedeva lontano un miglio che in Artù si era incrinato qualcosa e Gwen era sempre stata una buona osservatrice. Era sempre riuscita a capirlo e invece adesso sembrava plasmata dalla sua volontà, come il metallo di un fabbro. Da che era sempre stata l'ago della bilancia fra loro, Artù era riuscito a scavalcarla, forse a manipolarla, tanto da renderla cieca al proprio tradimento.O forse era lui che riusciva a cogliere ogni singola sfumatura del carattere di Artù. Il suo corpo gli parlava e lo aveva sempre fatto, anche prima.Inconsciamente Artù gli aveva insegnato a leggere il disprezzo nella bocca serrata o la rabbia. A trovare l'incertezza che si nascondeva sempre nella piega della bocca, a scovare la solitudine nel tremolio delle ciglia e a scacciarla via con un sorriso o una frase irriverente.A lui veniva facile spiegare Artù e dopo il confine che avevano passato, lo era diventato in una maniera quasi indecente. Adesso l'incertezza la sentiva sulla pelle, dentro il corpo. La trovava in un movimento incerto, in un respiro spezzato, nel gesto che faceva di stringere le lenzuola quando raggiungeva l'apice. Anche senza voce era come se gridasse nel suo corpo.Adesso Merlino scorgeva il coraggio in parole che sapeva, per lui erano difficili da pronunciare e vedeva la fierezza e la paura. Era come se ogni più piccola curva del suo corpo trasmettesse un imperativo e gli chiedesse di guardarla.E a lui piaceva guardare Artù. Gli era sempre piaciuto farlo. Qualcosa di pesante calò improvvisamente sul suo viso, come la sensazione di soffocare che si prova nei sogni solo che da lieve e inconscia divenne reale. Sgranò gli occhi e si divincolò ma qualcuno lo teneva stretto.-Zitto idiota o ci farai scoprire!-Gli occhi di Artù brillavano. Merino si rese conto che era ancora notte inoltrata e che il silenzio era rotto da rumori ovattati, voci concitate, scoppi di grida. Artù si allontanò per permettergli di sporgersi verso la finestra: piccole luci brulicavano fra le strade cittadine.-Incendi!- Si girò di scatto verso il biondo che si era seduto su una sedia e si sfregava il viso. Non lo aveva notato perché per lui era quasi abituale ma indossava l'armatura. Aveva appoggiato la spada sul tavolo. Il suo viso era sporco, probabilmente a causa del fumo.-Non solo- rispose lui. –Ci hanno attaccati dal confine ovest, una soffiata ha spifferato che eravamo sguarniti. E' quasi un'ora che combattiamo per difendere il confine ma sia la Città Bassa che la Cittadella sono protette. Gli incendi sono sporadici, causati dal panico--E che diavolo aspettavi a chiamarmi?- esclamò Merlino.Artù si imbronciò.-Non ne ho avuto il tempo, ho dovuto condurre Gwen in un luogo sicuro. La situazione è rientrata, non sarà certo una combriccola di banditi a far cadere il regno di mio padre-Merlino andò alla porta.-Gaius non c'è- disse Artù prima che potesse aprire ma lui lo fece comunque. Il laboratorio era desolato, vuoto. La gran parte delle boccette che avevano riempito era sparita, forse fu solo una sensazione ma gli sembrò di scorgere i segni di una fuga precipitosa.-Non è al confine, ma mi ha detto che i druidi lo avrebbero aiutato-Merlino serrò i denti.-Non se ne sarebbe andato senza salutarmi o senza portarmi con lui--Ti ha protetto- disse Artù, passandosi una mano fra i capelli. –C'è un incantesimo di occultamento intorno a quest'ala del castello. Mesi fa mi hai insegnato a riconoscerne uno, no?-Merlino si sedette, lentamente.-Volevo controllare che stessi bene- mormorò Artù, giocherellando con il bordo di un guanto di pelle. Se li era tolti.-Hai lasciato la tua postazione per venire qui?-Lui tornò alla finestra.-Forse non ci crederai Merlino, ma non sono un completo imbecille- i suoi occhi saettarono per un attimo verso di lui –E non pianto in asso qualcuno solo perché mi ha respinto. Non ho più cinque anni-Ci volle un momento perché il reale significato di quella frase colpisse il bersaglio.-Cos... io... quando mai ti avrei respinto razza di stupido?-Artù lo fulminò ma subito quell'espressione lasciò il posto a qualcos'altro, qualcosa che Merlino non riuscì a definire con esattezza. Lo osservò sedersi sul giaciglio, una mano fra i capelli in modo da nascondergli parte del viso.Sospirò.-Lascia stare, non importa più ormai-Merlino si domandò per quale ragione la voce gli fosse morta in gola. Era come una grossa cosa ingombrante intrappolata a metà fra la bocca dello stomaco e le corde vocali.Artù serrò le labbra e celò ancora di più il viso.-Dove ho sbagliato?- Era stato un mormorio, quasi inudibile. Gli tornò in mente l'ultima volta in cui gliel'aveva domandato, in un contesto diverso.-E me lo chiedi?-Artù non si mosse.-Tutto è sbagliato Artù. Tutto--Per questo vuoi andare via?- il suo sorriso divenne ancora più amaro. E furioso -Ti ho sentito parlare con Gaius, ieri sera--Io... credo che dovrei-Artù scattò in piedi.-Sai cosa penso Merlino?--Non osare dirmi che non m'importa- sibilò –Non osare--Sei tu quello che se n'è pentito. Così come sei solo e soltanto tu quello che non ha il coraggio di permettersi un po' d'egoismo--Non posso condannarti--IN NOME DI COSA?!-La voce di Artù esplose nella stanza, tanto che quando tacque il silenzio fu amplificato.-Di un fato deciso prima che venissimo al mondo? Dove sta scritto che non puoi avermi?-Merlino abbassò lo sguardo.-Io... io non...--La verità è che non rischieresti neppure se potessi. Il tuo destino- pronunciò quella parola con sprezzo, -ti ha condizionato tanto da levarti il coraggio-I suoi stivali fecero un passo indietro.-Preferirei mille volte scegliere la strada sbagliata che percorrere quella giusta da solo. Ma noi due siamo diversi-Si era sbagliato. Artù sapeva colpirlo anche con le parole. Prima che potesse uscire Merlino lo raggiunse e premette una mano contro il legno, forte, tanto da ammutolire ogni suo gesto.Nonostante gli desse la schiena, gli sembrò di scorgere attenzione nella sua postura dell'altro, nel lieve movimento del collo.-Lasciami. Andare- scandì.La sua cotta di maglia era gelata. Contro la fronte sembrava neve. Ferro e neve.-La sola cosa di cui mi pento e non avere la forza di fermarmi- sussurrò Merlino. Voleva dirglielo, prima che fosse tardi.Nuove esplosioni e grida superarono il velo di silenzio che li aveva avvolti. Merlino si allontanò un poco.-Vai adesso-Artù riaprì lentamente gli occhi, spostandoli appena nella direzione in cui c'era la finestra, poi si voltò verso di lui.Merlino sentì qualcosa spaccarsi nel petto mentre il suo respiro si infrangeva contro la tempia. Era più che furioso: la rabbia era impressa in ogni lineamento, come scolpita, incisa a fuoco. La bocca stretta, il profilo teso, le dita che premevano contro il suo braccio. Eppure il desiderio c'era, anche lì riusciva a leggerlo.-Dimmelo con più convinzione-Ecco, cosa voleva dire avere Artù Pendragon.

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