6 - Pezzi di un puzzle (1)

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La finestra dell'antro di Papillon era chiusa; nessuno aveva osato portare via le sue farfalle ed il nastro della polizia era anche lì, attorno alla botola di accesso, ed era intatto. Ladybug lo strappò per muoversi nella stanza, mentre Carapace la guardava intimorito.

«Davvero possiamo? Non è un crimine?» domandò.

Scrollò le spalle. «Sono certa che faranno un'eccezione.» gli disse.

Trovò subito la macchia di sangue secco sul pavimento, accanto ad essa c'era un numero che la indicava come prova; Ladybug tremò al pensiero che attraverso esso avrebbero potuto rintracciarla, ma non poteva più farci nulla. Strinse il braccio a sé, premendo le dita sulla ferita come per ricordarsi che era stato tutto reale, e chinò il capo.

Carapace fu il primo ad avere il coraggio di rompere il silenzio, o forse semplicemente non si era reso conto di quanto essere lì la disturbasse.

«È qui che è successo?» domandò.

Ladybug annuì, cercando di riportare alla memoria un ricordo qualunque di ciò che era avvenuto in quella stanza.

«Chat Noir mi ha contattata per dirmi che aveva scoperto la vera identità di Papillon, siamo venuti qui per affrontarlo, speravo che negasse tutto e dimostrasse la sua innocenza, ma non l'ha fatto.» rivelò.

Inspirò, l'aria era fredda e sapeva di terra, forse perché proveniva dal giardino attraverso la finestra a cui ora mancava il vetro.

«Adrien era in casa, quando è successo?»

«Non lo so, può darsi. Non sembrava che ci fosse. Sinceramente ero così concentrata su Gabriel Agreste che non l'ho cercato quanto avrei dovuto. Chat Noir mi ha assicurato che sarebbe stato bene, però.»

Forse non avrebbe dovuto ascoltarlo, sarebbe stato meglio fermarsi a controllare prima di cercare Gabriel Agreste, ma non aveva avuto alcun motivo per non credergli, quando l'aveva detto, quindi si era fidata di lui. Solo in quel momento realizzò che avrebbe potuto essere lo sbaglio più grande della sua vita.

«Credi che lui stia bene?» domandò Carapace.

Ladybug sentì gli occhi pizzicare, la ferita al braccio pulsò per un istante come se fosse fresca, ma subito il dolore si acquietò tornando nell'angolo della mente da cui era sfuggito, soffocato dalla voglia di piangere e gridare per smorzare quella insistente sensazione di non essere all'altezza e di essere un fallimento.

«Non lo so!» sbottò. «Non so dove fosse e non so dove sia e mi dispiace! Questa è tutta colpa mia!»

Sentì le prime lacrime scivolarle giù per la guancia, le asciugò in fretta, sperando che Carapace non le notasse, ma probabilmente lui l'aveva già fatto.

«Non è colpa tua, potrebbe non esserlo mai. Di Gabriel, voglio dire del signor Agreste, probabilmente, ma non tua.» rispose lui, tendendo una mano come per volerla confortare.

Ladybug scosse il capo, consapevole che nessuna rassicurazione avrebbe potuto cambiare le cose o farla sentire meno in colpa. Il passato era passato, l'unica cosa che poteva fare era imparare dai suoi errori per evitare di rifarli e per questo doveva impedirsi di sottovalutarli e lasciarli scivolare via. «Avrei dovuto preoccuparmi di più di Adrien, però, ed assicurarmi che stesse bene.»

Carapace le si avvicinò, sorrise e le sfiorò un braccio. «Adrien sa badare a sé stesso e di sicuro non ti incolpa affatto per quello che è successo, né per non averlo trovato.»

Con un sospiro, Ladybug pensò che avrebbe voluto potergli credere. Avere Carapace lì con lei era bello, decise, quasi come avere al suo fianco Chat Noir, anche se lui sarebbe rimasto sempre unico ed insostituibile. Sorrise.

L'ombra del gatto - INCOMPIUTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora