Il piano, la fuga, la libertà - parte I

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Jonathan osservò con la coda dell'occhio l'ombra imponente di Bruce Sutherland avanzare nel locale, sembrava intento a perlustrarlo da cima a fondo in cerca della propria preda.

-vai a Rue de la Gaité e aspettami lì, ma se entro domattina non mi sono fatto vivo torna al ministero e prendi la prima passaporta per Londra-

Disse sbrigativo, terminando di illustrare ad Arya solo i dettagli salienti e fondamentali del proprio piano, mentre con lo sguardo monitorava i movimenti di Bruce e dei suoi tre compagni che avevano ormai terminato di passare in rassegna i tavoli più vicini all'ingresso.

-e non smaterializzarti, se è sobrio potrebbe accorgersene-

Aggiunse, ma Arya esitò. Perché esitava, maledizione.

-Arya te ne devi andare, ora, per favore-

Le ripeté, ma Arya, testarda come lo era sempre stata, rimase lì ancora il tempo per dirgli poche parole, che per un istante ebbero il potere di distogliere l'attenzione di Jonathan da qualsiasi altra cosa che non fossero quei due profondi occhi azzurri. I suoi occhi, Blackburn ne era ipnotizzato, lo era sempre stato, a dire la verità.

-grazie di essermi ancora fedele, nonostante tutto-

Gli aveva detto, ma Jonathan preso com'era dai propri pensieri e dai ricordi non si prese nemmeno la briga di risponderle. Quando infine ebbe elaborato dentro di sé quelle parole, di fronte a lui era rimasta solo una sedia vuota e persino il bicchiere di whisky che Arya non aveva nemmeno sfiorato era sparito, tanto che per un istante Blackburn si chiese se la breve conversazione che avevano avuto poco prima non fosse stato solo un momento di delirio dovuto a qualche bicchiere di troppo. Sarebbe stato tutto più semplice in quel caso, più doloroso, ma più semplice.

Invece Arya era tornata davvero nella sua vita, ma non da sola: Jonathan ripensò a quell'insieme di emozioni che non aveva mai percepito prima in lei, erano paura, ma anche un'indelebile felicità, con una manciata di ansia e un pizzico di un istintivo senso di protezione. Appena però quel pensiero sfiorò di nuovo la sua mente, cercò di allontanarlo immediatamente, aveva altro di cui preoccuparsi al momento: alzò infatti lo sguardo di fronte a sé, incrociando proprio in quell'istante quello furibondo del suo vecchio amico.

Ogni membro della confraternita possedeva, sin dalla nascita, un'abilità particolare: Jonathan percepiva e controllava, più o meno a proprio piacimento, le emozioni delle persone, maghi, streghe o babbani che fossero; Gabrielle era un'eccellente legilimens, tanto che anche i più esperti occlumanti avevano serie difficoltà a celarle i propri pensieri; Lilith, la nonna di Arya, aveva ricevuto la facoltà di vedere stralci del futuro, un dono che molti le invidiavano senza pensare che talvolta potesse rivelarsi una pericolosa e dolorosa arma a doppio taglio.

Bruce Sutherland però non percepiva emozioni, non era di certo un abile legilimens e tanto meno possedeva la "vista". No, l'abilità di Bruce era quella di essere irrimediabilmente, totalmente e indiscutibilmente privo di scrupoli, e la pietà, così come il perdono o l'indulgenza non erano debolezze che gli appartenevano. Inoltre, Bruce era anche noto per essere un freddo calcolatore oltre che un abile osservatore, nonostante l'apparente mancanza di autocontrollo: coglieva tutti i più piccoli particolari che agli altri sfuggivano, come il veloce "crack" di una materializzazione o il respiro pesante della sua prossima vittima, poi calcolava e infine agiva. Non a caso era stato nominato capo degli Esecutori, un corpo di uomini che faceva parte della più ampia corporazione delle Sentinelle le quali, con le dovute ed inevitabili differenze, potevano essere considerate l'equivalente degli auror al servizio del Ministero della Magia inglese: le Sentinelle erano, infatti, coloro che con mezzi più o meno discutibili amministravano la giustizia nel mondo delle ombre.

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