II. Prima Verità

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Theo non riusciva a dormire. Sdraiato sul divano, con ancora il sapore di carne sulla lingua e nelle orecchie la conversazione che aveva animato la cena appena trascorsa, osservava il soffitto.

Immaginava di poterci guardare attraverso, ma sapeva che se fosse stato fatto di vetro lui avrebbe dovuto sollevare il capo per vedere quello che voleva: Liam, sdraiato sul suo letto, ancora sveglio.

A cosa stai pensando?

Perché sapeva che era ancora sveglio, lo sentiva dal ritmo incostante del suo respiro e dal battito accelerato del suo cuore. Ogni tanto gli sfuggiva un sospiro, si rigirava tra le lenzuola, batteva la testa contro il cuscino e i piedi contro il materasso, e i suoni erano così chiari alle orecchie di Theo che se avesse chiuso gli occhi lo avrebbe immaginato accanto a sé e non avrebbe fatto alcuna differenza.

Un gioco pericoloso.

Sapeva che non avrebbe dovuto. Era stupido, ed era sconveniente, ed era una seria violazione della sua privacy, ma non riusciva a distrarsi. Ogni volta che i suoi pensieri cambiavano strada, c'era qualcosa nascosto tra di loro che non vedeva l'ora di riportarlo in quella direzione.

La madre di Liam era stata gentile. Non aveva fatto molte domande. Theo non era sicuro di cosa Liam le avesse raccontato, di cosa lei sapesse e cosa no, ma la cena era andata avanti tranquillamente, come se loro fossero l'ennesima famiglia normale nell'ennesima cittadina normale.

Theo era l'amico normale invitato a una cena normale, e «Resterà a dormire qui», aveva detto Liam senza guardarlo, «perché sta avendo dei problemi con l'impianto idraulico a casa».

Problemi normali.

Lui neanche ce l'aveva, una casa.

Un cigolio lo riportò al presente. Con l'udito seguì Liam mentre al piano di sopra apriva la porta della sua stanza e si avviava giù per le scale, i piedi nudi che attutivano il rumore dei suoi passi. Theo si alzò a sedere.

«Ancora sveglio?», chiese quando se lo ritrovò di fronte, sollevando un sopracciglio.

Liam non gli rispose. I suoi capelli erano sparati in tutte le direzioni, e a Theo sarebbe venuto da ridere se non fosse stato per la serietà del suo sguardo.

«Che succede?»

Liam si sedette in fondo al divano, così vicino ai suoi piedi che se Theo avesse piegato la caviglia le sue dita gli avrebbero sfiorato la schiena.

Ma non si mosse. Attese che fosse lui a spezzare il silenzio, nonostante la curiosità avesse cominciato a formicolargli nello stomaco.

Liam si prese la testa tra le mani e sospirò. «Non so che fare».

Nessuno di noi lo sa.

«Che vuoi dire?»

«Prima che succedesse questo casino, prima dei cacciatori e dell'Anuk-Ite e Dio sa cos'altro… Scott era pronto a partire per il college. Malia stava per volare in Francia o chissà dove, e Stiles era già andato via».

Theo aggrottò le sopracciglia. Non capiva dove volesse andare a parare. «Quindi?»

«Io non… volevo che se ne andassero».

Liam sgranò gli occhi, ma continuò a fissare un punto non meglio precisato tra i suoi piedi. Si ostinava a non guardarlo, come se Theo non esistesse. Forse ne aveva bisogno, per non rendersi conto della linea sottile che stava attraversando. Così al mattino avrebbe potuto dimenticare tutto.

Theo sbuffò dalle narici, un po' seccato, ma strinse le labbra e non disse niente. Attese, ancora una volta, e ancora una volta Liam ricominciò a parlare.

Le tre verità di Theo Raeken (Thiam)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora