Wonderwall

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Quel martedì ho intuito il significato della parola "perfezione".

Le aule universitarie, che qualche mese più tardi mi sarebbero iniziate a sembrare tanto scomode, apparivano così austere e cariche di quel sapere eterno, che ci avrebbe reso tutti stimabili professionisti, la macchinetta del caffè sembrava versasse un caffè al profumo di vita vera, solo qualche lezione più tardi ne avrei notato il colore grigio e il sapore orrendo. Quei signori dietro la cattedra non mi facevano più tanta paura come al liceo, sembravano grandi dispensatori di sapere, fini pensatori che mi avrebbero regalato tutti gli strumenti necessari per esercitare al meglio questa oscura professione che mi sono scelta. Giorni più tardi avrei preso coscienza che dietro quel linguaggio forbito e quelle giacche ben indossate (non sempre) si celavano fallaci esseri umani, i cui pensieri talvolta si sono rivelati così terreni da demolirne totalmente la magnificenza.

Ma dissertazioni scolastiche a parte, quel martedì portava soprattutto il tuo nome.

Dopo le ore di lezione ho raggiunto le mie amiche per un pranzetto veloce, con la tua voce il loop che mi ha accompagnato nel tragitto. Abbiamo consumato un panino tutte insieme, per raccontarci le prime emozioni di quella giornata, per quelle di noi che avevano già compiuto il grande passo, e le paure di quelle che ancora aspettavano "il loro primo giorno".

Io però stavo viaggiando già altrove. Come mi succedeva da quando ti avevo conosciuto, mi impegnavo a tenere a bada la mia testa che sfuggiva ad ogni controllo al primo frame dei tuoi occhi, e a nascondere alle altre quel sorriso ebete che mi compariva in faccia improvvisamente.

Salutate distrattamente le ragazze, sono tornata a casa. Pochi racconti veloci ai miei, cosa molto strana per la mia logorrea, poi via in camera, a fare il punto di quella giornata, a realizzare che nonostante le emozioni fino a quel momento fossero state qualcosa di molto vicino alla felicità pura, forse la magia doveva ancora arrivare, forse l'avrei vissuta di lì a qualche ora, o forse sarebbe stato l'ennesimo disastro, un altro fallimento totale da aggiungere alla già lunga lista di motivi validi per non crederci più, per pensare che la felicità fosse roba per gli altri.

Mi sono preparata, ho scelto i vestiti fingendo che non mi importasse di sembrare bella, ma di nascosto dal mio orgoglio mi sono guardata 1000 volte allo specchio, sperando che il risultato fosse meraviglioso almeno la metà dei tuoi occhi.

Mi sono spruzzata un sacco di profumo, sperando che tu non fossi uno di quei tipi che odia il "troppo", il troppo profumo, il troppo contatto fisico, il troppo parlare, il troppo amore.

Io ho quel viziaccio di eccedere in ogni cosa e amarmi significa amare il troppo, anche quando vuol dire tornare a casa con un odore che non è il tuo.

Forse speravo che anche tu ti fossi intinto del tuo profumo preferito, perché annusare l'aria e sentire una persona dentro di te rende eterni i legami, insanabili le tracce lasciate in chi ci respira.

Per la prima volta in 20 anni ho detto una bugia ai miei per uscire, cosa mai fatta neanche da adolescente...pensa a quanto mi avevi già resa stupida!

Ho preso la macchina senza rendermi conto fino in fondo che ti stavo raggiungendo. Ho parcheggiato, raggiunto il luogo del nostro incontro e ho realizzato solo lì, non trovandoti, che quella sera, oltre alla menzogna, ho fatto anche la prima mirabolante esperienza di arrivare in anticipo, privilegio che non ti ho mai più riservato.

Sono passati pochi minuti prima che tu comparissi in lontananza. La miopia, che tento di nascondere scordandomi mai per caso gli occhiali, mi hanno impedito di metterti a fuoco subito, o forse il sangue che scorreva mille volte più veloce nelle mie vene mi aveva annebbiato la vista.

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⏰ Last updated: May 26, 2019 ⏰

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