Jonathan la aspettava seduto su una panchina, fumando una sigaretta con la sua solita aria spocchiosa e sicura di sé, la moto parcheggiata dietro di lui. Aveva jeans strappati e una maglietta bianca aderente, i capelli spettinati e la barba di qualche giorno. Guardava dalla parte opposta, assorto nei suoi pensieri. Sembrava quasi non stesse aspettando nessuno e non avesse fretta, come se il tempo per lui non fosse un problema, anche se Laura era già in ritardo di venti minuti. Ricordava davvero in modo impressionante una di quelle foto di James Dean che vendono ancora nelle bancarelle di oggetti vintage dei mercatini. Non appena Laura lo vide da lontano, tutta la sua sicurezza, la sua decisione e i buoni propositi le
crollarono addosso come un castello di carte, andando miseramente a farsi benedire. Si sentiva come nuda. In quel momento avrebbe voluto una bella armatura, una spada e un elmetto, come quelli che proteggevano i cavalieri medievali. Una fitta allo stomaco le annunciò che stava per mettersi in moto tutta quella serie di sintomi che la colpivano quando andava nel panico. A ruota il cuore cominciò a battere ad un ritmo vertiginoso e i palmi delle mani a sudare, le gambe a tremare. "Perché, perché, perché?!" E adesso? Forse, dato che non l'aveva ancora vista, poteva tornare indietro e correre a casa. In quel momento Jonathan spense la sigaretta, si voltò e la vide. Fu il colpo di grazia. Adesso Laura si sentiva davvero morire. Ah, quei maledetti occhi!
Scese dalla panchina e si incamminò verso di lei. La guardò tra lo stupito e il divertito. «Che fai, non vieni?» «Ciao.» Fu tutto quello che lei riuscì a dire per dimostrargli che era perfettamente padrona della situazione. «Continuiamo a stare qui in piedi a distanza di sicurezza?» la canzonò. Eh no, non poteva sempre farsi schiacciare da lui, non poteva mostrarsi sempre così vulnerabile. Lui lo sapeva, e ci giocava sopra. Aveva sempre il coltello dalla parte del manico. Ma la musica doveva cambiare. Fece un bel respiro e cercò di mostrarsi il più rilassata possibile, perché quel ragazzo le fiutava l'adrenalina nel sangue come fanno i cani. Si stampò in faccia lo sguardo più sicuro di sé che potesse mostrare. «Dove andiamo?» gli chiese.
«Sei tu che mi volevi parlare. Per me possiamo anche restare qui sulla panchina.» Laura valutò per un attimo la proposta, temeva potesse diventare una trappola. Ma sì, per il tempo che le occorreva per dirgli quello che gli doveva dire poteva benissimo andare bene. «Ok.» Si sedettero. «Come mai questo invito all'improvviso, dopo tanti silenzi e depistaggi?» cominciò a metterla in difficoltà lui. Gli parlò evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo. «Perché mi sfinisci Jonathan, perché dirti di no non serve a niente!» «Lo sai che non mi piace sentirmi dire di no» la sfidò. «Adesso basta giocare! Senti, io non so perché sei tornato e neanche lo voglio sapere...» «Davvero?»
Quel ragazzo era veramente di un'insolenza unica! «Non mi interrompere, non voglio perdere tempo. Quel che è stato è stato, ma adesso non voglio più avere niente a che fare con te. Non voglio venire con te da nessuna parte, su nessun'isola, o quel che sia. Quindi: non cercarmi, non chiamarmi, non mandarmi messaggi e non seguirmi. Ho chiuso con te, non voglio più nulla, neanche un'amicizia, ok?» Jonathan rise. Questo la irritò ancora di più. «Ah, sì? Davvero? Ne sei proprio sicura?» continuò ad istigarla. Laura cominciava seriamente a spazientirsi. Quando voleva Jonathan era davvero sfiancante. «Allora perché non me lo dici guardandomi negli occhi?» Colpita e affondata. Eccola, la mossa che vince la partita. Ora Laura ora non sapeva più come controbattere.
Era il disperato momento della telefonata a casa, dell'ultima richiesta di aiuto. Peccato che quello non fosse un quiz. Jonathan si alzò in piedi, la afferrò per un braccio e la attirò bruscamente a sé. La stringeva così forte da farle quasi male. Laura era in trappola ormai. Lui le piantò gli occhi negli occhi, prepotentemente. E fu quello che la fregò. Ormai erano pericolosamente vicinissimi, e lei non poté far altro che abbandonare tutte le sue resistenze e lasciarsi andare tra le sue braccia. Jonathan sentì il suo corpo finalmente cedere ed appoggiarsi al suo, le prese delicatamente il viso tra le mani e avvicinò a poco a poco le labbra alle sue. La baciò come lui sapeva fare, un bacio dolce e passionale allo stesso tempo. Laura adesso sentiva di non riuscire a staccarsi da lui, di non essersene mai davvero allontanata.
Era come se avesse aspettato quel bacio per secoli, ed ora provava un senso di liberazione, perché fino a quel momento aveva solamente trattenuto i suoi istinti, con grande difficoltà. Jonathan staccò lentamente le mani dal suo viso per cingerla in un abbraccio e continuò a muovere la sua lingua con maggior trasporto, lei assecondò i suoi movimenti. Sembrava dovessero recuperare gli anni trascorsi. Si staccarono piano, quasi senza fiato. Laura era stravolta, si sentiva completamente scombussolata. Ora capiva cosa potesse voler dire per Giulia quando le succedeva qualcosa di inaspettato e non programmato. Doveva essere una sensazione simile. «Non sempre servono le parole», esclamò Jonathan, risvegliandola dal suo torpore, «non tra noi.» Lei si limitò a guardarlo, sconfitta. Non sapeva cosa rispondergli. Lui le prese una mano tra le sue e la baciò
delicatamente. Laura la lasciò ricadere senza forze. Doveva ammetterlo, era completamente inerme davanti a lui, e pur con tutta la sua buona volontà non poteva farci un bel niente. «Forse hai bisogno di andare, adesso» le suggerì lui. Al momento bastava così. Aveva vinto, e questo era sufficiente per ora. Voleva cuocerla a fuoco lento, e sapeva che una volta a casa lei avrebbe rimuginato parecchio su quello che era successo. Sarebbe finita tra le sue braccia di sua spontanea volontà, e non avrebbe dovuto nemmeno aspettare tanto. Adesso era troppo turbata e non voleva calcare la mano. «Sì, hai ragione» gli rispose Laura, e si voltò per andarsene. Non aveva bisogno di girarsi indietro a guardare, poteva indovinare da sola l'espressione
trionfante del suo volto.
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La testimone della sposa
General FictionLaura è una ventinovenne immatura ed allergica alle responsabilità e alle relazioni serie. Dopo un'assenza di due anni durante la quale ha viaggiato per il mondo, si ritrova costretta suo malgrado a tornare a casa per fare da testimone di nozze alla...