26°- Le tre fiamme.

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- Scusami se ti ho interrotta, dicevi qualcosa a proposito di tua sorella. Giusto?-
Ondine annuì. Era da circa due ore che chiacchieravano allegramente sotto coperta, il tempo non era dei migliori, dei nuvoloni si avvicinavano velocemente verso la nave.
Erano in viaggio da tre giorni, ad Ondina non pesava il fatto di stare su una nave ventiquattro ore su ventiquattro, ma Rhaegan si sentiva chiuso in una gabbia.

- Si chiama Ocèane, spero per te che non avrai mai il piacere di incontrarla. E' la persona più infida e crudele che potrai mai conoscere. Beh...lei voleva obbligarmi a...uccidere voi umani.-
Rhaegan deglutì, non voleva neanche immaginare i metodi che adottavano le sirene per uccidere quei poveri marinai ammaliati dalle loro voci.
- Io mi rifiuterò sempre di farlo. Sono scappata, nascondendomi qui sulla terra ferma. Sai, non è facile nascondersi nell'oceano, mio padre ha occhi su tutto.-
- E tua madre? E' come te o...come loro?-
- Mia madre è morta.-
- Scusami, mi dispiace.-
Abbassò lo sguardo, imbarazzato. Fuori dalla piccola finestrella ovale, dove si affacciava l'orizzonte e il mare, piccole gocce di pioggia si univano con l'acqua del mare.
- Ci sono abituata. E' successo quando ero molto piccola, è stato uno di voi ad ucciderla. Mia madre e mio padre non si amavano più da tempo, fu così che mia madre si innamoro di un bellissimo capitano di una enorme nave da carico. Lui le promise che l'avrebbe portata con sé nei suoi viaggi. Invece quella notte...si presentò tutto l'equipaggio e...-
Rhaegan le strinse la mano. Immaginava già come sarebbe finita quella storia, aveva ragione Ondine, alcuni umani sono veramente crudeli.
- E' per questo che mia sorella, mio padre, e credo quasi tutto il resto delle creature marine odia gli umani.-

- Magari tu non hai potuto passare molto tempo con tua madre, e neanch'io. E' stata uccisa dal cristallo di Atlantide, così come tutta la mia famiglia. Quel regno, è il cristallo di Atlantide che gli dà tutta l'energia di cui ha bisogno.-
- Come quello che indossi al collo?-
Annuì. Ma quello era solo una piccola parte di cristallo, tutti gli abitanti ne portavano uno, un tempo riusciva a guarire le ferite e far rimanere giovani allungo, riusciva a fare miracoli. Ma adesso Rhaegan era sicuro che gran parte del suo potere era sparito.
- Perché tu, Rhaegan, se l'unico sopravvissuto da quella catastrofe?-
Sorrise ironico. Si faceva quella stessa domanda ogni notte, prima di chiudere gli occhi e rivedere il corpo di sua madre che veniva risucchiato da quell'immensa luce blu. Il viso in lacrime di sua sorella, gli occhi disperati del padre che lo supplicavano di fuggire, di salvarsi, almeno lui.
Quegli incubi lo perseguitavano da quella notte, quando era solo un bambino e non sapeva dove andare. Era cresciuto senza l'aiuto di nessuno, aveva da sempre badato a se stesso.
Per questo motivo, la storia di quel vecchio signore gli parve impossibile. Aveva visto con i suoi occhi l'intero regno distruggersi.
Lui era destinato a diventare il sovrano di Atlantide, era l'unico figlio maschio, il maggiore della famiglia Nedak. Ma da quello che aveva sentito, sua sorella minore, Kidagakash, aveva combinato un bel po' di casini.
Semmai fosse arrivato nella sua vecchia terra avrebbe voluto fare una lunga discussione con la regina. Dove aveva trovato quelle uova di drago?
E come  era riuscita e farle schiudere?
Era sicuro che una volta che quelle creature fossero cresciute avrebbero ridotto in cenere l'intero regno.
Ma perché gli importava tanto proprio adesso?
Per più di diciotto anni era rimasto fuori da quel mondo, perché doveva preoccuparsi?
Aveva troppe domande e dubbi che lo tormentarono quella notte, infatti non chiuse occhio.


Per giorni, ad Atlandide, Kida si sentiva come un'estranea.
Quando camminava per i corridoi, quando riceveva i sudditi, persino quando usciva si sentiva osservata dall'alto in basso, seguito da sussurri e bisbigli da parte degli abitanti. La ragione principale erano i suoi draghi.
Il popolo non era d'accordo che li tenesse, pensavano fosse un pericolo, proprio come le aveva detto la Megera. Ma Kida non poteva venir meno alla sua parola. Aveva promesso di prendersi cura di loro ed era quello che avrebbe fatto.
I tre cuccioli di drago dovevano stare al sicuro, in un luogo dove nessuno poteva mai trovarli.
Nel cuore della foresta, c'era un varco, un passaggio nascosto dalla vegetazione, e una volta superato quello vi risiedeva un'incavatura dentro un muro di roccia. Era lì che aveva nascosto i draghi.
Ogni giorno, al calar del sole, Kida li andava a trovare. Non potevano stare da soli per molto tempo, erano ancora piccoli e avevano continuamente fame. Si nutrivano di carne di animale, non era difficile da trovare per chi sapeva cacciare.
- Ehi.-
Sussurrò la ragazza una volta che fu entrata in quella concava. I cuccioli emisero strani versi e a piccoli passi si avvicinarono alla loro "madre".
- Avete fame, vero?-
Disse, uscendo dalla sua sacca della carne fresca. I draghi si avvinghiarono subito ad essa, divorandola quasi all'istante.
- Siete sempre molto affamati...Mi dispiace dover passare così poco tempo con voi.-
Kida parlava con loro, lo faceva ogni giorno da quando erano nati. Era più che sicura che quelle creature riuscivano a capirla.
Una volta che si nutrirono, la regina prese il più grande tra le sue braccia. Emanava uno strano calore, proprio tra il petto e la gola. Chiunque si fosse bruciato tenendo a lungo quella creatura, ma lei non sentiva il minimo calore.
Dopo qualche ora dovette lasciarli nuovamente. Lei sapeva che soffrivano ogni volta che li abbandonava, ma non poteva correre rischi.
Quando rientrò a palazzo, incrociò subito lo sguardo di ser Jhoran. Era immobile sulla porta d'entrata. Ma lei proseguì dritto, senza degnargli il minimo sguardo.
- Kida, aspetta!-
La regina venne trattenuta dal polso. La sua presa era forte e decisa, e dovette fermarsi.
- So che non vuoi sentire ragioni, ma tutto il popolo si sta rivoltando contro il palazzo, contro la corona e contro di te.-
La ragazza abbassò lo sguardo, sospirando.
- Lo so bene Jhoran. Il popolo mi odia, per questo non posso essere la vostra regina.-
- Non dite sciocchezze, vostra altezza. Voi sarete sempre la nostra regina, nessuno può proibirvelo. E' un vostro diritto.-
- Lo so.-
Rispose di rimando Kida, sorridendo ironicamente. Alzò lo sguardo e finalmente incrociò gli occhi scuri del cavaliere.
- Cosa posso fare? Se continuano così si scatenerà una rivolta. Ma non posso accontentarli. Io mi prenderò cura di quei draghi e prometto che loro non faranno del male a nessuno.-
L'uomo sospirò. Era sempre stata molto testarda nelle sue decisioni, sopratutto se si trattava di mantenere la parola data.
- Non puoi garantirlo...-
Kida sapeva che lui stava provando a capirla, a schierarsi dalla sua parte.
- Fidati di me.-
Cercò di sorridergli, mentre delicatamente gli accarezzò la guancia con la punta delle dita. Il soldato chiuse gli occhi abbandonandosi a quel tocco. Ma non appena riaprì gli occhi lei era già lontana, allora scosse la testa ritornando al suo posto. Con mille pensieri e preoccupazioni che gli sfioravano la mente.
La regina stregava tutti, chiunque stava al suo fianco ne diventava dipendente.

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