XI. Cuore contro cuore

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La fragilità con cui Jem era caduto addosso a Tessa, ormai senza più forze, aveva riportato alla mente di Annabeth i momenti terribili durante la Battagia di Manhattan.
Ricordava i figli di Apollo correre per le stradine di New York, per cercare i feriti e curarli.
Ricordava i drappi funebri bruciati al campo dopo la battaglia del Labirinto.
Dopo essere svenuto, Will aveva sollevato Jem con fin troppa facilità e lo aveva portato di corsa nella sua camera, seguito da Charlotte e Tessa.
Per un istante, la semidea aveva incontrato gli occhi della mutaforma e li aveva scorti lucidi di lacrime, quasi con un'espressione rassegnata
Come se si aspettasse da tempo quello che era successo.
Emma si era alzata di scatto, cercando di uscire dalla biblioteca, ma Julian l'aveva fermata.
"Non puoi, Emma" le disse, posandole una mano sul braccio "lo sai"
"Io devo andare, Julian" ribattè, cercando di divincolarsi.
Ma la presa del Nephilim era salda.
"Calmati, andrà tutto bene. Sai che sarà così"
"È il mio unico parente rimasto, maledizione! Sta male, io devo essere con lui!"
Julian l'attirò a sè, mentre lei soffocava dei lievi singhiozzi contro la sua giacca.
"Non puoi Em" le bisbigliò "in quest'epoca tu non hai nessun legame con lui. La sua famiglia, quella di quest'epoca, è con lui. Tessa, la donna che ama, è con lui. Will, il suo parabatai, è con lui. Ha tutto ciò di cui ha bisogno"
Annabeth distolse lo sguardo, come se quel momento di intimità tra i due Nephlim l'avesse colpita nel profondo.
Trovò Percy che la guardava.
"Cosa c'è?" chiese, a bassa voce.
Sentiva in sottofondo Emma che replicava a ciò che aveva detto Julian, sempre abbracciati.
"Non c'è bisogno di girarci intorno, sappiamo entrambi che la persona che vuole parlarci, al ballo, è Luke" sussurrò lui.
Lei si immobilizzò.
Certo che aveva pensato che la misteriosa persona citata dal Magister fosse Luke, eppure finchè rimanevano nel suo cervello erano solo congetture.
Ma ora che Percy le aveva dette a voce alta, erano diventate realtà.
"È tornato" mormorò quindi "Rachel... la profezia... io l'ho visto davvero al Mercato delle Ombre. Non so come faccia ad essere vivo, Percy, davvero, eppure è così"
"Credi che Crono sia ancora dentro di lui? So che hai detto che i suoi occhi erano azzurri, però Crono può essere ancora in lui, magari in maniera più leggera oppure..."
"Tu vuoi che lui sia ancora posseduto, non è vero?" Annabeth si alzò in piedi "Tu vuoi che lui sia ancora il cattivo della storia, non è così?"
Percy la imitò, alzando le mani per calmarla.
"Ascoltami, Annabeth, sai che un tempo Luke era anche mio amico, però lui è sempre stato incline all'oscurità"
"Tu non lo conoscevi come lo conoscevo io!"
Perchè Percy non capiva che Luke non era sempre stato così?
Che Luke era una persona buona?
Era stato il primo a prendersi cura di lei, il primo che le aveva offerto una famiglia, che l'aveva accolta a braccia aperte.
"So che un tempo gli volevi bene, ma devi guardare in faccia la realtà" ribattè Percy, che stava faticando a rimanere calmo "non puoi cercare di cambiarlo perchè vuoi che sia una persona migliore, perchè, purtroppo, non lo è"
"Tu non lo conosci!" gridò di nuovo lei.
Il suo grido attirò l'attenzione di Julian ed Emma, che si allontanarono e li guardarono.
"Va tutto bene, ragazzi?" fece lui.
La giovane Carstairs corrugò la fronte.
"Avete nominato un Luke?" chiese "Annabeth, non è questo il nome che hai citato ieri al Mercato delle Ombre? Chi è questo Luke?"
Annabeth crollò sulla poltrona, mentre veniva percossa dai brividi.
La sua mente era vagata senza il suo consenso alla Battaglia di Mnahattan, sull'Empire State Building.
"Una famiglia, Luke" aveva detto "avevi promesso"
Ricordò Luke che ritornava in sè, la luce omicida di Crono scomparsa.
Lo ricordò mentre si sacrificava, pugnalandosi con lo stesso pugnale che le aveva regalato anni prima, nel suo tallone di Achille.
Ricordò il suo drappo dorato con lo stemma di suo padre Ermes, un caduceo, e lo stesso dio che gli baciava la fronte mentre le Parche lo portavano via.
Lo aveva visto morire, come poteva essere ancora vivo?
Eppure lo era, e lei gli voleva ancora bene.
Percy, esitando come se avesse paura di venire morso, si sedette accanto a lei.
Le lanciò uno sguardo, poi prese una decisione improvvisa e l'attirò a sè.
Annabeth si concesse di chiudere gli occhi e piangere, rilasciando tutte le emozioni che le vorticavano in corpo.
"Scusa" le bisbigliò lui all'orecchio.
Lei scosse la testa, facendosi più vicina al corpo caldo di Percy.
Il ragazzo guardò Julian e Emma che li osservavano, imbarazzati ma anche curiosi.
"Abbiamo molto da raccontarvi" annunciò.

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