Interrogazione parte due
Matteo
Come il mio scagnozzo ha parlato? com’è possibile? Ora mi tocca dire tutto. Ormai sono con le mani legate, non posso fare altro che parlare. Non è giusto, ho sognato una vita col lusso e invece ora mi tocca stare in carcere perché non ho altra scelta.
Così rassegnato e con i pugni chiusi, racconto tutto. Purtroppo non sono riuscito nel mio intento di tenermi tutto e riuscire a scappare da qui. Leggo negli occhi del tenente gioia e rivincita nei miei confronti. Vorrei fargli eliminare quel sorrisino dal viso, ma non posso farlo, ormai ha vinto lui mentre io ho perso.
Inizio a dirgli tutto, da come ho iniziato la mia carriera da malvivente sino a oggi. Il bastardo mi guarda con i pugni serrati, si vede che è arrabbiato e che mi vorrebbe spaccare la faccia; ma non può farlo perché la sua stupida legge non glielo permette. Io abbozzo un sorriso nervoso, però capisco che sono ormai nei casini.
Concludo il mio racconto, dicendo che i crimini da me commessi, sono frutto della mia pazzia e del fatto che non me ne pento affatto. Lui mi guarda male, come se mi volesse uccidere seduta stante. Sorrido compiaciuto. Almeno mi sono tolto la soddisfazione di sbeffeggiarlo con le mie parole taglienti. Dopo aver confessato, il mio interlocutore chiama un suo collega, che in meno di cinque minuti è dentro.
Mi ammanetta e mi porta fuori. Mi avvisa sin da subito che verrò portato in isolamento, come anche il mio scagnozzo. I crimini sono troppo cruenti per essere inseriti con gli altri carcerati. A me poco importa, perché tanto solo ero prima e solo rimarrò anche ora. Mi porta alla macchina, abbasso lo sguardo dalla vergogna quando vedo i giornalisti che cercano di accaparrarsi le notizie più succulente.
Per mia fortuna, il carabiniere li allontana dicendo che non ha niente da dichiarare. Delusi, vanno via lasciandoci finalmente respirare. Salgo nell'autovettura e vengo portato in carcere. Una volta dentro, una guardia mi fruga tra nei vestiti come se volesse cercare qualcosa di compromettente per me.
Sbuffa quando nota che non ho niente né nelle tasche del pantalone e né in quello del giubbotto. Quando vengo trascinato dentro, i carcerati iniziano a urlarmi delle parole veramente brutte, come se fossi l'orco del momento.
Ora capisco il perché dell’isolamento: se fossi stato con loro, sarei morto quasi subito. Certo, qualcuno ne sarebbe stato felice, ma io no. Amo troppo la vita e di certo non mi farò ammazzare da loro. Del mio scagnozzo non so più niente, se non il fatto che pure lui è in isolamento quanto me.
A me poco importa, perché è soltanto un lurido traditore. Ed ecco, sono arrivato alla mia cella. È piccola, ha un letto e un lavandino. È poco confortevole, ma stranamente mi piace. Sono un duro e quindi non mi spaventa tutto ciò. <<Ti porterò il cibo a mezzogiorno, e alle diciannove. Chiaro?>> mi chiede la guardia prima di andare via.
Non riesco neanche a dire di si, che mi ha già chiuso lì. Sono solo, avrò tempo per ragionare e forse non capirò i miei errori. Non so se ci riuscirò, ma vorrei tanto provarci. I giorni trascorrono molto lentamente. L’unica cosa che posso fare è lavarmi, vestirmi.
Non vedo mai nessuno, o meglio, solo la guardia che mi porta il pranzo e la cena. Ho perso la cognizione del tempo. Non so l'ora e che giorno sia. Però resisto, perché se cedo sono perduto. Vorrei tanto fumare, mi manca molto, ma non posso fare niente devo stare qui dentro senza poter fare nulla.
Dopo lunghe settimane, capisco che ho commesso tantissimi errori, non so che mi prenda, ma ho come una gran voglia di cambiare il mio modo di essere. Forse è grazie al libro di religione che mi sono fatto dare dalla guardia e che leggo tutti i giorni senza sosta.
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Mia sorella Violeta
General FictionHiristina e Violeta sono due ragazze bulgare adottate dalla stessa famiglia. La prima è sempre stata con i suoi, mentre la seconda odiava avere dei genitori ed è quindi scappata via facendosi una vita sua. La loro storia s'intreccia quando anche Hir...