Il giorno seguente mi ritrovai su un letto di ospedale.
Il freddo delle coperte mi entrava fin dentro le ossa, provocando in me una strana sensazione.
Vicino a me non c'era nessuno e i letti vuoti stonavano in un luogo che generalmente doveva essere affollato.
Era pieno autunno e rimasi per un pò a guardare la pioggia che batteva ritmicamente sulla finestra.Alzai il busto dal letto, incrociando le mie gambe e sedendomi come se stessi meditando.
L'unica cosa che volevo sapere era dove fosse Mary in quel momento.Sentii bussare alla porta.
Un medico di reparto entrò timidamente, aveva una cartella clinica in mano, era molto giovane circa sulla ventina, e aveva una folta barba e degli occhi grigi.Vedendolo lo riempii di domande.
"Dov'è Mary?"
"Non conosco nessuna mary, non so di chi tu stia parlando.”
“Mary, la mia migliore amica dov'è? ”
“Ti ripeto non so di chi tu stia parlando.”Il mio sangue si gelò.
I miei respiri diventavano sempre più profondi e i miei occhi si stavano riempendo di lacrime.
Un forte senso di sconforto mi lacerò.“Senta, non so chi tu sia ma mi deve dire dov'è.”
"Non so dove sia, punto."
"Se non lo sai, lo scoprirò da sola. "Guardai il pavimento e poggiai i piedi a terra, poi alzai lo sguardo verso l'ingresso.
Il medico mi stava fissando.
Stava lì, immobile a fissarmi. .
Senza emettere respiri, senza dire una parola.
Immobile come una statua.Un brivido mi percorse, tracciando un segmento retto lungo tutta la schiena.
All'inizio non provavo paura.
Sentivo solo un moto ridondante di pensieri che vagava nella mia mente.
Ma Il terrore all'improvviso mi trafisse da parte a parte, lacerando i tessuti della speranza e tessendo paura.“Mi stai spaventando.”
“Io non faccio paura, almeno credo.”Il medico a quel punto prese un coltello a serramanico dalla sua tasca e mi aggredì.
Era come un feroce lupo, mi prese dal collo, mi sbattè contro il muro e mi alzò di qualche centimetro dal pavimento.Sbattevo i piedi sul muro, per liberarmi, ma ogni mio tentativo era inutile.
L'aria non penetrava più nei miei alveoli.
Cominciai a vedere sfocato: la morte mi stava aggredendo.La ragione stava per abbandonarmi.
Ma non ero pronta per morire.
Non era ancora il mio momento.
Non ero pronta per lasciare questo mondo.
Dovevo sapere la verità.Decisi di reagire.
Appoggiai i piedi alla parete con le piante che facevano presa sul muro, con le ginocchia colpii il mio aggressore: liberandomi dalla presa.Il “medico” cadde all'indietro.
Il coltello slittò sul pavimento di qualche metro, emettendo un rumore di graffi.Io invece piombai a terra.
Ancora stordita mi precipitai sul coltello.
Lo afferrai, ma il medico mi saltò addosso aggrappandosi alle mie spalle e stringendo con gli avambracci la mia gola.
Mi girai e con le gambe scalciai, cercando di tenerlo lontano.Quello era il momento di agire.
Agguantai il coltello sentendo il suo manico.
Sentivo ogni singola vena del legno, che graffiava sulla mia pelle.Indietreggiai con il gomito per caricare il colpo.
Lo sferrai nel basso ventre: la lama penetrò i muscoli.
Lui emise qualche gemito di morte, scivolando senza vita a terra.Io rimasi stesa a pancia in sù a guardare il soffitto, con il coltello insanguinato tra le mani.
Il sangue stillava dalla punta della lama, che colpiva armonicamente il pavimento creando piccoli schizzi.Restai lì e senza ragionare, mi alzai.
Poggiai le mani e terra e spinsi verso l'altro per alzarmi.
Mi diressi nel bagno che si trovava alla fine della stanza per pulire le mani dal sangue.
Era ancora spaventata.Entrai nel bagno e guardai lo specchio.
Era tutto rotto.
I segmenti rotti come isole erano separate dal resto dello specchio ancora integro, e fornivano una strana sensazione.All'inizio non ci feci caso ma guardando meglio...
Non ero più io.Dei lunghi capelli biondi ricci cadevano sulle mie spalle e il mio viso era pallido.
Guardai lo specchio stupita.
Come diamine era possibile e come era successo?Per quanto tempo ero rimasta lì?
E che fine aveva fatto Mary in tutto quel tempo?Non riuscii a pensare a lungo.
Le domande erano inutili senza delle risposte.
Decisi di trovarle.Uscii dalla porta che dava su lunghi corridoi.
Cominciai a vagare per l'ospedale.Quella scena mi sembrava "costruita", era come un gigantesco ospedale stereotipato.
Tutto troppo perfetto e tutto tremendamente solo.Nessuno stava male.
Nessuno camminava.
Nessuno veniva curato.Gli apparecchi medici erano accesi, ma nessuno gli utilizzava.
Le luci emettevano ad intermittenza e i bisturi nelle sale chirurgiche erano posizionati in modo perfetto, come se qualcuno poco prima gli stesse utilizzando.Perfino il velo verde per coprire la schiena del paziente era stropicciato.
Ma nessuno era nelle vicinanze.Era come se tutti fossero stati presi all'improvviso.
Come se fossero stati rapiti.Ma allora la domanda sorgeva spontanea.
“Chi era quel medico? E perché cercò di aggredirmi?"Nulla aveva più senso.
Qualsiasi tentativo di dare una spiegazione era vano e fine a se stesso.Forse sono stati rapiti da qualcuno?
Non lo so magari è possibile, oppure sono morti.
Oppure sono solo io paranoica, forse sono tutte paranoie.
Sì evidentemente sono solo paranoie, non mi devo preoccupare.Per un attimo sembrava fossi pazza.
Non connettevo più.Ma tutto cambiò quando qualcuno entrò da quella porta.
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LA MORTE NON MI FA PAURA.
ActionElisa è una ragazza che ha subito troppo. Gli eventi della sua infanzia la perseguitano, a tal punto da rendere la sua vita uno schifo. Elisa incontra Marco e con lui vive una ruggente storia d'amore, che porta nella sua vita molti cambiamenti. Pot...