You can't call the police

32 3 0
                                    

Termino con voce tremante la telefonata. Gli agenti mi hanno detto di passare il mattino seguente e di portare i biglietti con sopra scritte  le minacce. Non sono venuti subito perchè sono convinti sia solo uno scherzo di pessimo gusto, mi hanno comunque detto di chiudere per bene la casa e di attivare l'allarme.

Non mi hanno tranquillizzato molto visto che l'allarme lo avrei messo lo stesso.

Mi ristendo sul letto provando a dormire e trattenendo la tentazione di gettare quello stupido biglietto.

---

Il poliziotto davanti a me osserva confuso le scritte.

"Non hanno il minimo senso signorina King. Qualcuno era a conoscenza della sua uscita al pub?"

"Ci sono due ragazzi. Da qualche giorno mi stanno seguendo e non capisco il motivo. Qualche giorno fa mi hanno detto di recarmi al Red Rose, ho rifiutato ma poi ci sono andata ugualmente con la mia amica Lacey..."

L'agente mi fissa prima di cercare un modo per placare la mia ansia.

"Per prima cosa, lei è minorenne, ieri nessuno le ha detto che avrebbe dovuto portare i suoi genitori?"

Genitori. Un sorriso amaro lascia le mie labbra.

"Mia mamma non poteva venire."

Poteva, avrei dovuto dire voleva, ma ho lasciato perdere.

"Senta, per il momento mi lascia i biglietti e vediamo che fare, ma per andare nel dettaglio dobbiamo essere certi che sua mamma sia al corrente."

Saluto cordialmente ed esco dalla centrale. Oggi è una pessima giornata, le nuvole scure sono in simbiosi con il mio stato d'animo.

Sono incerta sul da fare, non so da chi andare. Vorrei tanto vedere Lacey e dirle tutto ma, come già detto, non me la sento abbastanza. Poi ci sarebbe mia mamma, forse dovrei sfondare la porta e dirle di affrontare il tutto con serietà.

Cammino senza meta per le strade Londinesi osservando i passanti felici. Mi sento come su una tavola da scacchi, tutte le pedine bianche ed io l'unica nera. Involontariamente, o forse no, mi dirigo verso il Red rose, come se i miei piedi fossero stati comandati da una forza esterna.

Entro piano e titubante. La stessa cameriera di ieri sera mi sorride cordiale e mi saluta con la mano. Il dubbio  sul perchè  sono venuta qua aumenta.

"Buongiorno, desidera?"

"Un cappuccino grazie."

Mi siedo sola in uno dei tavoli vuoti e mi guardo intorno, forse sperando di vedere Derek e Lea, ma di loro, nessuna traccia. Miss cameriera lunatica arriva con il mio ordine e quasi mi lancia la tazza su tavolo.

"Come mai mi guardi così? Non ti darò un birra!"

"Ma io non l'ho chiesta..."

"So che avresti voluto!"

Vorrei chiedere alla cameriera quali strani problemi le affliggono la mente ma un suono mi distrae dall'intento. Il campanello della porta suona e dei passi aleggiano improvvisi nel locale.

"Marta, ho bisogno delle chiavi, subito."

"Buongiorno anche te Ethan, mai nessuno che si interessa a me! Sempre e solo " Marta le chiavi."

"Come stai Marta?"

"Adesso non te lo dico, tieni le tue dannate chiavi."

Non ho parole, a quanto pare la cameriera lunatica si chiama Marta ed è scortese con tutti. Mi rendo conto troppo tardi di averla fissata per troppo.

"E tu torna al tuo cappuccino. Troppo cattivo? Meglio una birra?"

Ripeto: Il solo desiderio di darmi delle risposte mi ha spinta ad entrare.


---

Il pomeriggio passa lento, tra televisione e musica. Una classica giornata da Ronnie King, o almeno, così credevo. Tutto si è trasformato in menzogna quando alle 22:00 precise sento il telefono squillare e riconosco la scritta " sconosciuto."

"Pronto?"

"Non chiamare la polizia, non ti aiuteranno mai."

Un battito del mio cuore, lo sento bene mentre martella e cerca d'uscire violento dal corpo.

"Chi sei?"

La voce è camuffata, come quelle dei film horror, la stessa che avrebbe un maniaco in procinto di ucciderti.

"Una persona molto vicina. Ron, non è una minaccia, ti sto solo aiutando, non DEVI coinvolgere la polizia. Non forzare troppo tua madre, cerca di capirla, fino a pochi giorni fa sperava che tu non fossi destinata a questo."

"A cosa dovrei essere destinata? Conosci mia mamma? Dimmi subito chi sei?"

"Dolce principessa Ron, ti prego, attendi e non fare domande, sono le regole."

Rimango paralizzata sul posto, il corpo tremante e scosso dai singhiozzi.

"Papà.."

---

Spazio autrice:

Sarà davvero il papà di Ron? Quella frase così familiare alle sue orecchie e al suo cuore, ma niente è certo.

Spero vi piaccia la mia storia! fatemelo sapere nei commenti :)



TimelessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora