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Quella mattina mi ero svegliata tardissimo ed ero stata costretta a correre a lezione senza nemmeno aver fatto colazione.

Entrai nell'aula dopo il professore e tutti si girarono a guardarmi, così scappai nel primo posto libero e mi sedetti.

Il mio cellulare prese a vibrare, lo presi dalla tasca della gonna di jeans che avevo indossato quella mattina e lessi il messaggio che mi era appena arrivato.

-Ci vediamo a pranzo?-

Era Alessandro.

Sorrisi istintivamente e proprio mentre stavo per rispondergli sentì urlare dal professore "Se non le interessa la lezione, può accomodarsi fuori."

"No, io sono molto interessata è solo..." cercai di giustificarmi.

"Non era un invito."

Sentì la rabbia salire.

Non ero mai stata molto tollerante alle sgridate e sopratutto quando non erano necessarie.

Insomma, probabilmente, avevo sbagliato ma ero ormai una persona adulta ed umiliarmi con quella sgridata davanti a tutta la classe, non era qualcosa che mi faceva sentire grande.

"Allora la prossima volta non lo ponga come un invito." risposi al professore assotigliando gli occhi e sbattendo la porta dietro le mie spalle.

Ok, nemmeno quella era una cosa da adulti, dovevo imparare a controllarmi ma era difficile avere reazioni adeguate per me.

Credo fosse iniziato tutto all'asilo, quando la maestra chiamò mia madre perchè le avevo calciato una gamba mentre mi sgridava per aver lanciato una bambola contro una bambina.

A mia discolpa posso dire che quella bambina aveva cercato di rubarmi il giocattolo.

Per non parlare delle superiori, ero sempre con la testa altrove e non accettavo che mi si dicesse assolutamente niente.

Ma infondo cosa si può pretendere da un'adolescente, la cui unica preoccupazione è sapere se i One Direction sarebbero mai tornati insieme dopo la pausa!

Quei 5 mi avevano solo illuso con i loro 18 mesi!

E alcune delusioni non le dimentichi facilmente.

Scappai fuori nel cortile per fumare una sigaretta.

Nonostante la nicotina fosse un eccitante, quelle stecchette avevano il potere di calmarmi.

Mi sedetti sotto un albero e anche se l'inverno era ormai alle porte, il freddo sembrava non volerne sapere di uscire.

Avevo solo un cardigan sopra la maglia eppure non sentivo alcun brivido.

Presi la vecchia macchina fotografica a rullini di mio padre dalla borsa e scattai qualche foto all'albero su cui mi ero poggiata.

Presi il libro che stavo leggendo in quel periodo e iniziai a leggerlo.

Quella era un'altra delle mie passioni.

Quando avevo 11 anni, mio padre mi regalò l'intero cofanetto della saga di Harry Potter, e in quel momento capì che forse la mia età non era stata proprio una coincidenza.

I primi libri li lessi lentamente, ma già dal terzo libro avevo iniziato a divorare interi capitoli al giorno e in una settimana massimo, finivo un libro.

Non avevo mai smesso di leggere da quel momento in poi.

Ad ogni compleanno mio padre mi regalava dei libri nuovi, ed erano sempre i regali che più apprezzavo.

Non che fossi ingrata degli altri, ma nonostante si dica che "un diamante è per sempre", io credevo che il vero per sempre te lo potesse regalare solo un libro.

In più ero sempre stata una sognatrice accanita, tendevo ad idealizzare tutto e a volte era un bene, altre un po' meno.

I raggi del sole si stavano facendo piano piano più caldi e confortanti.

Mi sarei sicuramente scusata con il professore una volta finita la lezione, non volevo certo che finisse così.

In più si parlava del professore che avrebbe dovuto insegnarmi tutto quello che c'era da sapere per scattare delle foto almeno decenti, perciò non me lo sarei messo contro.

Con quel pensiero in mente vidi un uomo, non troppo anziano, che lasciava l'edificio difronte a me.

Era lui.

Mi alzai raccogliendo velocemente il telefono e le cuffiette, con il libro ancora in mano accellerai il passo per raggiungerlo.

"Professore! Professor Nilsson!" richiamai la sua attenzione rincorrendolo.

Si girò appena e quando mi vide roteò gli occhi.

Che cavolo di presunzione! Dovevo stare calma.

"Signorina...?"

"Fontana."

"Signorina Fontana, se è qui perché vuole mancarmi di rispetto ancora, può anche risparmiarselo. E preciso che questo è un invito." mi prendeva in giro?

"Oh no, no. Sono qui per l'esatto contrario, in realà. Volevo scusarmi con lei, non so proprio cosa mi sia preso, non reagisco in quel modo di solito." mentì.

"Certo. Questo non cancella in alcun modo quello che ha fatto e la informo inoltre che il suo comportamente influirà senza alcun dubbio sulla sua valutazione. La gente cerca professionalità, non ragazzine in preda a crisi nervose." disse tutto quello con una fredezza che mi sembrò assurda.

"Stavo solo cercando di scusarmi per il mio comportamento irrispettoso, ma sa cosa le dico? Vada al diavolo! Se la gente cerca automi come lei, vorrà dire che contatteranno uno dei suoi pupilli. Detto questo, le auguro una splendida giornata!" e ancora una volta, il mio nervoso aveva preso il sopravvento.

Mi ero girata di spalle e stavo andando via, quando una frase mi fece rigirare.

"Mi porti alcuni dei suoi lavori migliori e mi dimostri di valere di più di quei lecca piedi!" stava dicendo l'uomo verso il quale avevo inveito poco prima.

Mi girai e lo guardai con le sopracciglia aggrottate.

"Finalmente c'è un vero animo da artista! Esca tutto il suo rammarico, il suo nervoso e scatti la foto del secolo! A fine lezione, quella che lei ha perso, ho dato il compito della settimana, a lei ne assegnerò uno diverso. Mi porti uno scatto pieno di rabbia e dimenticherò quello che è successo in quell'aula e poco fa." mi disse assertivo.

Rilazzai la fronte e, forse, anche molto altri muscoli.

Non sapevo bene come, ma sarei riuscita a dimostare a quell'uomo che valevo molto di più degli elfi domestici che pensavano di essere sotto la sua ala protettiva.

Avrei dimostrato che non ero solo una ragazzina in preda a crisi nervose, perché sapevo di valere più di quelle parole.

"La prossima settimana le porterò la foto allora." gli risposi alzando la testa e andando via.

La mia mente era già volata in alcuni posti che avevo visto quando ero uscita la prima volta da sola.

Misi il libro che avevo tenuto in mano nella borsa e digitai veloce sul telefono.

-Fede mi aiuti per una foto oggi pomeriggio?-

Subitto ricevetti una risposta.

-Mati scusa, ma oggi non posso proprio, ho dei lavori da finire e stasera esco con Lou.-

Mi ripromisi che quella sera, tornata in camera, le avrei chiesto tutto riguardo quel ragazzo, ma in quel momento dovevo pensare solo al mio compito.

Me la sarei cavata da sola, potevo farcela.

Il primo amore non muore maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora