Lunedì 8 giugno 2020, ore 08:30
«Pronto? Ciao Carlo! Ma figurati, non mi disturbi affatto, mi sei mancato! Dimmi tutto!».
Risentire il mio caro ex professore e relatore, con cui sono rimasta ancora in buonissimi rapporti, in un lunedì mattina come tanti altri lunedì, mi mette di buon umore. Tra l'altro Giuseppe ha un incontro con i vertici dell'opposizione, ed essere da sola al lavoro mi fa sentire sempre un po' più triste.
In questa situazione è sempre difficile riuscire a sentire con regolarità le persone a me care che ho lasciato nel mio Veneto, e quando in un momento libero riesco a vederle attraverso uno schermo o risentire la loro voce, è sempre un po' come tornare a casa, a quel bel periodo trascorso, in questo caso, con Carlo e gli assistenti.
Non dimenticherò mai quanto mi abbia aiutato, quanto sia stato sempre dalla mia parte. Se sono ciò che sono oggi, in fondo è anche grazie a lui. Perchè ha realmente dato luce ad una parte di me che non si era mai mostrata.
La me tenace, la me coraggiosa, la me che non si perde d'animo, la me che ha ben chiari gli obiettivi che vuole raggiungere.
Carlo: «So che stai facendo carriera a Palazzo Chigi, qui parliamo sempre di te, ci manchi tanto! E ogni volta che il Presidente Conte fa qualche discorso o qualche intervista ci diciamo "Giada era lì, Giada gli ha sistemato il discorso!". Sei davvero un orgoglio per noi che ti conosciamo...sono così felice!».
Non si è mai risparmiato nei commenti. Sorrido alzando gli occhi al cielo: forse esagera, ma la sua iniezione di autostima è migliore di qualsiasi caffè doppio, e in fondo ne ho bisogno.
Carlo: «Senti ovvio non ti ho chiamato solo per questo, ho una proposta, ora che sei anche abilitata e ufficialmente psicologa... Dall'Università di Eindhoven è arrivata la conferma di avvio per un progetto di ricerca».
Rimango estasiata ad ascoltarlo. Mi spiega che stanno cercando una persona iscritta all'albo degli psicologi, esperta nella psicologia del lavoro, che abbia già pubblicato su riviste scientifiche. Un progetto che prevede alcune settimane da trascorrere direttamente là, per poter allinearsi e cominciare la fase di sperimentazione.
Carlo: «E' un progetto che permette ad ognuno inserito di continuare senza problemi col suo lavoro. Per esempio, tu potresti fare la psicologa nel tuo studio o lavorare in azienda ma tenere in piedi anche questa cosa, organizzandoti. Tu termini tra qualche mese il tuo incarico a Chigi vero? Perchè io avrei pensato a te, sei l'unica che ha le giuste capacità per farlo».
Rimango per un attimo senza parole. Il trasferimento in Olanda sarebbe solamente per poche settimane, certo, ma inizia il 29 giugno.
Il mio incarico con il Governo termina il 20 luglio. Sarei costretta ad interrompere la mia esperienza qui...tra poco più di due settimane.
Carlo: «Capisco il poco preavviso, ma devo fare il nome della persona scelta entro questa settimana, dunque se rifiuti devo cercare qualcun altro entro venerdì. E' una grande occasione Giada, ti chiedo solo di non sprecarla e non rispondermi subito. Immagino la bomba che ti ho buttato addosso in un periodo in cui sei presa da mille cose... Ci risentiamo mercoledì, ok?».
«Certo Carlo. Intanto ti ringrazio davvero, lo sai, per ogni cosa. Ti voglio bene e salutami tutti, mi mancate!».
Chiudo la chiamata e osservo dalla finestra la piazza illuminata da questo caldo sole estivo, mentre nella mia testa si accavallano un sacco di pensieri.
"Ed ora cosa faccio...".
Mercoledì 10 giugno 2020, ore 20:00
Conte: «Sai, non mi era mai successo di essere a letto già a queste ore! Penso sia il primo giorno da quando è iniziato tutto questo casino che stacco da lavoro ad un orario decente», mi dice mentre si sistema appoggiato con la schiena alla testiera del letto e mi attira a sè, facendomi appoggiare sul suo petto e lasciandomi piccoli baci sulla fronte, accarezzandomi dolcemente con un dito la pelle, che porta ancora i segni delle sue labbra e dei suoi morsi.
«Questo perchè lavori troppo, e lo sai...eppure è questo che mi piace. Mi stai rendendo bipolare, signor Presidente!».
Lui scoppia a ridere, beandosi del fatto di essere sempre, in un modo o nell'altro, parte fissa dei miei pensieri.
Ad interrompere questo momento una chiamata, un breve squillo sul mio cellulare che è sul comodino. Un nome che lampeggia sullo schermo: Prof. Carlo.
Osservo per qualche secondo, sotto lo sguardo di Giuseppe che ora si è fatto più cupo.
Conte: «Non gli hai ancora risposto?».
Gli avevo raccontato tutto ieri mattina in ufficio, appena ho avuto l'occasione. Più che altro, diciamo che per lui ormai sono un libro aperto, nascondergli una proposta lavorativa simile sarebbe stato impossibile per me. Aveva capito subito che era successo qualcosa.
«Gli ho già detto che accetto. Penso mi stia cercando per alcuni dettagli, dovrebbe inviarmi dei documenti credo... Lui è sempre stato molto preciso, fa chiamate anche solo per avvisare di alcune email...» rispondo tenendo lo sguardo fisso sullo schemo del cellulare. Infatti nella casella di posta ecco puntuale una sua email.
Riesco a voltarmi verso di lui e guardarlo negli occhi.
«In fondo si tratta di poche settimane, non fare quella faccia... E poi Raffaella e la squadra sanno già tutto, non sono così indispensabile per te. In fin dei conti, termino solo un mese prima...», gli dico mentre lui si passa una mano sul viso e sistema i capelli, mordendosi il labbro fino a fargli perdere colore.
Conte: «Tu SEI indispensabile Giada... E poi...questo vuol dire che non torni più qui. Io e te stiamo avendo questa cosa tra noi solo perchè sei qui...».
Mi stacco ancor di più da lui, coprendomi con il lenzuolo e aggrottando le sopracciglia.
«Cosa intendi dire? In ogni caso il mio contratto sarebbe terminato a metà luglio Giuseppe... Vuoi dirmi che avresti comunque messo fine a tutto solo perchè non sarei più stata qui a Palazzo ogni giorno?».
Conte: «E' una situazione complicata Giada, lo sai, non farmelo ripetere...».
«Certo, per te è tutto complicato. Perchè non ci provi mai a rendere le cose più semplici!».
Gli dico questa frase alzando la voce, ma cercando di restare il più calma possibile. Perchè so che la sua vita fa star male anche lui.
E' un'arma a doppio taglio. Lui darebbe tutto se stesso per gli italiani e il suo incarico.
Il lavoro è la sua vita, ed è per questo che lo ammiro e lo stimo. Ma al tempo stesso ne rimane schiavo, incapace di prendersi il suo spazio di felicità.
Lui rimane serio, gli occhi bassi e lo sguardo annebbiato, dispiaciuto. E quando lo vedo così, provo un moto di tenerezza. Perchè non vedo il Presidente Giuseppe Conte.
Vedo solo Giuseppe. Nella sua umanità. Nella sua fragilità. Nelle sue piccole incertezze, che mostra solo a me.
Mi avvicino nuovamente a lui, prendendogli il viso con entrambe le mani e costringendolo a guardarmi negli occhi.
«Ehi. Siamo forti, tu soprattutto lo sei. Io non ti lascerò solo, scordatelo. Anzi, sarò il tuo peggior incubo!» e finalmente lo vedo sorridere, mentre toglie la mia mano dalla sua guancia e me la bacia dolcemente, per poi unire le nostre labbra che non aspettavano altro.
Conte: «Se fossero tutti come te gli incubi giuro su Dio che vorrei sogni horror tutte le notti».
Rimaniamo per un po' in silenzio, guardando fuori mentre il cielo si fa più scuro lasciando spazio alla sera.
Conte: «Domani vado da Olivia. Non ho nessuna riunione o impegno urgente e anche lei è a casa. Finalmente riprendo le ultime cose e porto tutto qui».
Posso intuire dal suo tono di voce che questa cosa gli pesa. Nonostante abbiano chiuso, ancora gli lascia quel velo di malinconia, pensando anche a Niccolò e ai momenti in cui erano tutti a casa di lei, con anche la figlia. Una strana famiglia allargata, ma felice.
Lo stringo ancor più forte, appoggiando la testa nell'incavo tra il suo collo e la spalla.
«Andrà tutto bene, dai, tranquillo...» e poi per spezzare quella tristezza che aveva dipinta sul volto, continuo «...e comunque sono gelosa, perchè mentre sarai da lei non sarai con me ecco».
Lui fa uno di quei suoi sorrisi da fossette di cui mi innamoro ogni volta e scuotendo la testa mi avvicina ancor di più al suo corpo.
Conte: «Sapessi quanto sono geloso io quando parli di Carlo. Anche se è gay, ma dico, che la smetta di chiamarti!» e scoppiamo a ridere entrambi, pensando ad un'ipotetico flirt del professore nei miei confronti.
E restiamo così, abbracciati aspettando che cali la notte, con la tv accesa a cui nessuno dei due presta particolarmente attenzione.
Ognuno con dei pensieri e preoccupazioni in testa.
Ognuno con le sue paure ed incertezze.
Poi decido così, semplicemente, di rompere il nostro silenzio.
«Giuseppe...».
Lui si scosta per guardarmi negli occhi, con curiosità, in attesa che io parli.
Lo osservo anch'io e mi sento così piccola.
Le mie guance si colorano di rosso per quello che sto per dire, ma che non riesco più a tacere.
«...ti amo...».
***
Eccomi con un nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto, fatemi sapere!
Ho voluto descrivere seppur in breve il rapporto di Giada con il suo professore, e con l'occasione spero di aver espresso il pensiero anche per chi, come me, ha avuto modo di incontrare nella sua carriera scolastica e accademica/lavorativa una figura importante.
Qualcuno che crede sempre in te e nelle tue potenzialità e capacità, spingendoti a dare sempre il massimo.
A tutti i prof. Carlo là fuori: grazie!
❣️