capitolo 14 - Visite

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L'ultimo giorno della mia prigionia forzata arrivò e fui più che contenta nel vedere che anche il sole era uscito, dopo giorni di pioggia ininterrotta.

Si stava avvicinando anche l'isolamento della regina la quale avrebbe lasciato libero gran parte del suo seguito poiché le sue prossime attività si sarebbero ridotte al riposo, al cucito e alla lettura. Solo cinque dame le avrebbero tenuto compagnia nelle sue stanze mentre sarà vietato l'accesso agli uomini, esclusi i camerieri, i valletti e il dottore personale del sovrano; egli non si fidava molto delle cure di Madame Rosmerta, la levatrice.

Edwin fece la sua comparsa nelle mie stanze quella mattina e lanciò uno sguardo sbieco alle mie cameriere. «Devo parlarvi da solo».

Ad un mio cenno quelle si ritirarono. Non m'importava delle chiacchiere che si sarebbe fatte, non questa volta. Forse comprendevo che il motivo della venuta era molto personale.

"Ci siamo" pensai. "Ne è al corrente".

«Amelie, non posso sposarvi».

Cercai di mostrarmi sorpresa: «Come? Posso saperne i motivi?»

«Oh non mentite. Vedo che nascondete un sorriso», poi sospirò, sconfitto. «Oh, tanto verrete a saperlo prima o poi. Ho combinato un enorme errore. La mia amante aspetta un figlio da me».

«Un erede» sussurrai

«Sarà un bastardo illegittimo. Non posso far questo. Devo sposarla e...»

«... prendere le vostre responsabilità» conclusi io.

«Non sarà facile discuterne con mio padre. La donna non ha sangue blu nelle vene né un titolo e non è nemmeno una dama di corte».

«Gli avete scritto?»

«Sì. Mi suggerisce di indagare  prima di prendere una qualsiasi decisione. Sostiene che il nostro matrimonio si debba portare a termine e, solo dopo la nascita di questo bambino, riconoscerlo».

«Ma...io...»

La mia cameriera entrò, facendo cadere il discorso. «Lord Swith chiede di lei, milady».

Edwin si alzò e, con un baciamano inusuale, lasciò la camera senza degnare di uno sguardo l'altro uomo.

Il gentiluomo si avvicinò a me con una familiarità che io non provavo. Ricordavo bene il nostro ultimo incontro. «Milord, a cosa debbo la vostra visita?» chiesi piuttosto freddamente.

Lui dovette accorgersi del mio stato d'animo e sorrise. «Perdonate questa visita improvvisa, milady. Ho saputo giusto poco fa del vostro incidente. Come vi sentite?»

«Sono ancora viva come potete vedere» risposi, cercando di alleggerire il mio timore. «Ed i miei domestici portano sempre lavori da fare».

«E io che temevo vi annoiaste! Avevo portato con me anche dei fiori» disse con fare giocoso, porgendomi un mazzo di fiori nascosti dietro alla schiena fino a quel momento.

«Vi ringrazio! Non dovevate disturbarvi!»

«Sono venuto anche per un'altra questione. Spiacevole a dire il vero»

Lo invitai a prendere posto sulla poltroncina davanti alla mia ma lui si accomodò direttamente al mio fianco, sullo stesso divano.

Mi afferrò le mani. «Dovete liberarvi di miss Florence, è una donna malvagia che pensa solo al proprio tornaconto. Ha messo gli occhi sul vostro promesso sposo e non cesserà di complottare finché non lo avrà».

«Lord Swith...»

«John...»

«Lord John, i due sono amanti da molto tempo».

«Lei non mira solo a quello. Ciò che non sapete è che la donna ha molte amicizie potenti e subdole».

«Mi state realmente mettendo in guardia da miss Florence? Può nuocermi così tanto??»

«Milady, vedo in voi una persona buona, di gran cuore ma ancora ingenua...»

«Parlate con chiarezza, milord, ve ne prego».

«Eravate a conoscenza della prima sposa di Edwin?»

Sorvolai sul fatto che lo chiamasse per nome, ciò faceva supporre una stretta amicizia seppur i due non si fossero guardati poco prima.

«So che è morta prima del matrimonio, in circostanze sospette».

«Eccome! La trovarono in una pozza di sangue. Edwin era nella camera affianco e non sentì alcun rumore o pericolo. Non si è mai spiegato l'accaduto».

«Dovete essere molto amico del Lord in questione. Sapete molte cose».

«Oh, lo eravamo. Poi la morte di Enrichetta ha cambiato tutto».

«Come mai?»

«Era mia cugina. I medici dissero che aveva perso il bambino spontaneamente ma io non credo a ciò».

«Che motivo avete di dire questo?»

«Quella sera ero loro ospite. Conclusa la cena, volli andare a bermi una birra nell'osteria del paese e lì trovai questa donna dai capelli rossi. Si comportava da civetta offrendosi a tutti i presenti e promettendo grazie e benefici sostenendo di essere la protetta  di un famoso e potente Lord del vicinato. Non fu difficile capire chi fosse. Qualcuno urlò il nome di Enrichetta,  la rossa scoppiò in una risata malvagia e disse che non sarebbe più stata un problema. La mattina dopo seppi della sua morte».

Non riuscii a deglutire. «L'amante di Edwin ha ucciso la sua prima moglie?»

«Ne sono certo, lady Amelie. Vi prego, siate prudente. Non ponete la ricchezza e il potere che questo matrimonio potrebbe offrirvi davanti alla vostra vita» e, detto questo, e ne andò.

Ci vollero due cameriere e un paggio prima che tornassi a pensare con lucidità. Ero nel panico, ora più di prima. Perché non c'era dubbi: credevo a Lord Swith.

Lo credevo perché aveva avuto il piacere di vedere le occhiate omicide che mi lanciava durante i pochi balli a cui partecipava Edwin. Doveva riservare il primo ballo a me, non a lei, questo era ciò che l'etichetta richiedeva. Ricordavo inoltre il disprezzo che mi riversò quella sera in giardino quando era giunta per avvisarmi che non dovevo sposare il suo lord Edwin.


Angolo autrice

Scusate scusate! So che questo capitolo è breve ma era anche indispensabile per collegare varie cose che succederanno più avanti. 

Spero di farmi perdonare presentandovi la precedente marchesa di Berdyshire, prima moglie di Edwin morta in circostanze sospette assieme al figlio non ancora nato.

Spero di farmi perdonare presentandovi la precedente marchesa di Berdyshire, prima moglie di Edwin morta in circostanze sospette assieme al figlio non ancora nato

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Intrigo a CorteWhere stories live. Discover now