capitolo 15 - Viole e Papaveri

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Primi di maggio 1780

A inizio mese il clima divenne più caldo e asciutto permettendo alla corte di organizzare merende, pranzi e giochi all'aperto. Le dame si accomodavano su cuscini e coperte stese sull'erba mentre giocavano a carte, o a dadi, scambiandosi gli ultimi pettegolezzi della corte.

Sfortunatamente la bella stagione non portò alcun progresso per me: collegare Edwin o Florence all'uso di quel terribile fiore era ancora un mistero.

«Quale ospite doveva giungere oggi?» chiese Dana, osservando l'orizzonte.

Sedute sotto ad un baldacchino di seta bianca nel giardino anteriore del Palazzo, notammo lungo il viale di accesso una carrozza in avvicinamento circondata da soldati in uniforme cremisi.

Giorgio III uscì dal portone principale indossando un cappotto bordato di pelliccia, strano abbigliamento per quel clima caldo e temperato.

«Di nuovo?» mormorò Dana.

«Ho sentito dalla mia cameriera che questa notte le guardie hanno dovuto rincorrere Sua Maestà per l'intera ala reale. Girava per il corridoio senza vestiti» ci confidò lady Russel.

Il sovrano da qualche tempo presentava comportamenti molto strani, per non dire ambigui, tanto che alcune voci parlavano di pazzia.

«Sta peggiorando da quando la regina è in isolamento. Lei sola riusciva a contenerlo».

«Cosa dicono i medici?» chiesi, scuotendo il capo.

«Cosa volete che dicano? È pur sempre il re».

«Ho notato che le attenzioni ora si sono sposate su Giorgio, il Principe di Galles» intervenne mia sorella.

Nel frattempo la carrozza era giunta a destinazione; dapprima uscì l'uomo massiccio vestito di scuro e successivamente la donna dal cappello piumato.

Sbiancai.
Quello era Lord Dowen e, se il mio istinto non mi ingannava, la donna era la matrigna dei fratelli Dowen.

Le urla di giubilo del sovrano si udirono fino a noi: «Dowen! Ben arrivati!»

Si scambiarono dei convenevoli e poi entrarono nel Palazzo.

«Amelie...qui sta succedendo qualcosa» sussurrò Dana.

Cercai di non pensare a quella novità per tutto il resto del pomeriggio ma la cosa risultò impossibile quando, più tardi, mi giunse una lettera.

Cara lady Amelie, mi permetto di chiamarvi così, gradiremmo avervi come ospiti nei nostri appartamenti per la cena di questa sera, insieme a vostra sorella e a vostro cognato.

A presto, lady Dowen

La gettai direttamente nel cestino. «Non andrò».

«Non possiamo esimerci, Amelie. Dovremmo fare buon viso a cattivo gioco».

«Vorranno convincere Edwin a sposarmi» borbottai.

«Sicuramente» convenne, «ma ricordatevi che è necessario conoscere i propri nemici per poterli sconfiggere».

Allo scoccare delle diciassette ero perfettamente vestita e acconciata in attesa di Dana e Chamois quando bussarono alla porta. 

Non vi era però traccia dei miei parenti. Davanti a me si presentò Edwin.

«Vi guiderò negli alloggi di mio padre» mi informò, guardandomi come fossi un'incombenza fastidiosa.

Lo seguii tra corridoi, scalinate e infinite porte che si aprivano e si chiudevano dietro di noi ma quando giungemmo a destinazione rimasi senza fiato. 

Intrigo a CorteDonde viven las historias. Descúbrelo ahora