18. La forza di una sanguisuga

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Gli edifici si sollevavano grigi e mesti come condomini di tombe, sfregiati di scritte oscene nelle parti più basse. I marciapiedi, graffiati e sporchi, erano costellati di cartacce.

Sara diede un colpetto con la punta della scarpa ad un bossolo e quello rotolò giù per una rampa di scale.

«Perché siamo venuti in questo posto?» Domandò, pragmatica

«Sarà il tuo battesimo del fuoco, piccola» rispose Richard, infilandosi le mani in tasca

«Credevo che il mio battesimo del fuoco fosse stato quando ho sparato a quel tale, Will Clarke, che aveva rubato per sé una parte dei prodotti che dovevi contrabbandare»

«Quello è stato importante, piccola... ma non l'hai ucciso»

«Devo uccidere qualcuno?» Sara sollevò le sopracciglia «Qui?»

«Sì» Richard scoprì i denti in un ringhio-sorriso «Devo sapere se puoi farcela. Dopo diventerai ufficialmente l'artiglio dei Maverick»

«Lei diventerà l'artiglio?» si lamentò l'uomo dietro di loro «E io allora che sono?»

«Un sicario, Lennart. Un sicario. E anche il mio braccio sinistro» lo rassicurò Richard.

Lennart Niellson continuò a seguirli, borbottando sottovoce in svedese. Era un uomo di media altezza e media corporatura, con una faccia abbastanza dimenticabile, e sarebbe stato completamente anonimo se non avesse avuto la testa completamente e accuratamente rasata, tranne che per una corta striscia di capelli nel mezzo, e una maglietta bianca a righine azzurre che sarebbe stata bene su una scolaretta, ma che faceva a pugni con quel taglio di capelli.

«Tranquillo, Lenny» Disse Sara «Quando Richard morirà mi fidanzerò con te e diventerai il boss»

«Ma io non morirò» scandì Maverick «Non prima di voi due. E ora state zitti».

Entrarono in un edificio che puzzava di muffa e presero a salire una scalinata che chissà come scricchiolava anche se non era di legno. Il corrimano era corroso da grosse macchie di ruggine. Due ragazzi neri con magliette lacere scendevano correndo dai piani superiori, ma si fermarono quando videro il gruppetto di tre adulti che gli veniva incontro e si fecero da parte per lasciarli passare.

«I cuccioli di gorilla sono così carini» Commentò Lennart, acido «Ma secondo me è un peccato che non li si lasci vivere nella foresta».

Maverick gli fece segno di stare zitto. Continuarono tutti a salire finché non giunsero davanti ad un portoncino color senape sulla quale erano stati scritti diversi nomi con il pennarello. Maverick bussò, poi si rimise la mano in tasca.

«Lennart, dagliela».

Il sicario obbedì e consegnò una piccola pistola a Sara, che la osservò come se fosse un gioiello. Era un'arma piccola, cromata, calda al tatto per via del contatto prolungato con il corpo di Lennart. Sembrava una cosa viva... e pericolosa.

Qualcuno aprì la porta: era un uomo dalle guance incavate, i capelli lunghi fino alle spalle che ricadevano flosci e sporchi, gli occhi scuri e tristi.

«Signor Maverick, che piacere» Quasi balbettò, inciampando sulle parole ma mostrando vera deferenza

«Ciao, Remigio. Dobbiamo discutere di affari»

«Sempre disposto, eccellenza. Ah, salve signor Niellson. E anche a... chi è questa signorina?»

«La mia ragazza. Potresti fare una cosa per lei?»

«Certo, eccellenza»

«Bravo, alza la testa. Guarda il tetto, così, bravo. E ora allarga le braccia e poggia le mani sulla cornice della porta».

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