Capitolo 16 - Mal di capo - 1 parte

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Lady Elizabeth si presentò a me un paio di giorni dopo e annunciò l'arrivo imminente della sarta. Andammo ad accoglierla nel cortile interno di Buckingham Palace e notammo un grande fermento: la corte stava preparando una giornata fuori Londra, capeggiata da Giorgio III e dal principe di Galles che aveva raggiunto ormai i diciotto anni. Egli era alto e slanciato con i capelli castani lasciati scoperti e gli occhi verdi saettanti alla ricerca della sua amante; cavalcava un destriero possente, muscoloso ed esuberante proprio come il suo cavaliere.

Edwin era in mezzo alla folla, abbigliato in un completo verde, stivali da cavallerizzo scuri e un cappello a tesa larga. Era chino verso una donna dal volto interamente coperto dalla veletta, che stava reggendo le redini del nobile cavallo del Conte. All'improvviso la donna alzò le gonne con fare brusco e se ne andò lasciando sgomento il nobile.
L'avanzare impetuoso di quella figura scura mi permise di riconoscerla chiaramente, per di più stava venendo proprio verso di noi. Senza proferire parola o salutare mi urtò violentemente la spalla.

«Milady!» la rimproverò la Marchesa senza però ottenere alcuna risposta.

«Che sgarbata!» mormorai, ricomponendomi.

«State bene?»

La mia risposta fu coperta dal rumore di ruote sul selciato. La carrozza era arrivata. La prima a scendere fu una donna a dir poco stravagante, non per il vestito grigio tortora, quanto per il suo copricapo cappeggiato da un grosso fiore rosa. Poi fu la volta di tre fanciulle abbigliate del medesimo colore e, sul capo, una candida cuffietta; erano tutte e tre cariche di stoffe, tessuti ed organze.

«Madame Claire, benvenuta. Avete portato l'intera bottega a quanto vedo. Ne avremo bisogno».

Alla vista della Marchesa si produssero in un inchino profondo. «Vostra Grazia».

Ci recammo nell'appartamento di Lady Dowen dove venne istituito un vero e proprio atelier nel salottino.
«Avete già delle idee sul colore, sulla fattezza o sullo strascico?» mi chiese Madama Claire.

Non mi ero mai soffermata a pensare concretamente al mio vestito da sposa. Almeno non negli ultimi tempi. In passato sognavo ad occhi aperti quel giorno e lo immaginavo molto romantico e semplice, quasi surreale: cespugli in fiore che adornavano il vialetto della chiesetta di Verseshire House con qualche lanterna accesa ad illuminarlo e l'edera rampicante sugli archi e sulle colonne marmoree del pulpito. La visione dell'abito invece era sempre sfuggente, impalpabile come le camicie da notte che usavo in piena estate. 

«Sarete magnifica. Nessuna dama si è mai lamentata di Madame Claire» mi avvertì la Marchesa.

La sarta si rivelò subito una donna spiccia e di poche parole. «Dovrò prendere le vostre misure, milady» mi avvertì. «Dovrete rimanere in biancheria».

Le due cameriere issarono velocemente il paravento portatile e poi mi aiutarono a sciogliere gli elaborati intrecci dell'abito.

"Quale momento migliore per chiedere della precedente Contessa".

«Lady Dowen, permettete di condividere un mio cruccio?»

«Certamente, mia cara. Ditemi pure».

«Vedete...» lasciai in sospeso la frase per rendere meglio la mia messinscena. Dovevo sembrare imbarazzata e timida. «Non vorrei recare alcun oltraggio alla povera lady Berdyshire. Potreste aiutarmi in questo? Non so nulla di lei».

«Oh mia cara, che pensiero gentile! Ma non dovete preoccuparvi. Enrichetta era una giovane gentile e sicuramente non penserebbe nulla di male su di voi».

«Non vorrei presentarmi alle nozze con un vestito che possa in qualche modo ricordare il suo tragico destino. Potete indicarmi quale abito e quale fattezza avesse scelto?»


Sentii il fruscio dell'abito della nobildonna avvicinarsi. «Amelie siete un angelo. Non dovete preoccuparvi di imbarazzare nessuno perchè la povera Enrichetta indossava un abito giallo tenue, in stile "Watteaucon" con il bustino scollato, la gonna ampia e a cupola e lo strascico a pieghe. Era semplicemente deliziosa» sospirò la marchesa, persa nei ricordi. 

«Fu un matrimonio felice?» chiesi.

«Lo è stato. Il padre, lord Themuan, dopo aver concluso le trattative del matrimonio, la mandò presso di noi perché la crescessimo e la istruissimo come si addiceva ad una Contessa. Aveva solo dieci anni e perciò posso dire che la fanciulla ed Edwin sono cresciuti insieme».
«Si sposarono al compimento della maggiore età di lei. Per due lunghi anni rimasero da soli. Poi il giorno di Natale ci diedero la lieta notizia e non posso raccontarvi la gioia» terminò con voce tremula e poi si tacque.
La sarta nel frattempo aveva concluso il suo modello base scegliendo un tessuto argentato accompagnato da una sottogonna dello stesso colore.
Mi guidò verso le spettatrici presenti nel salottino che approvarono l'intero abito.

«Quando potremmo vedere l'abito completo?» chiese mia sorella emozionata.

«Fra una settimana, milady. Ora tornerò in atelier per consegnarlo alle mie operatici. Arrivederci».

Dana accompagnò le donne alla carrozza permettendo a lady Dowen di continuare il suo racconto sedute sui divanetti.
«Io e mio marito siamo stati due sciocchi, non abbiamo visto più avanti del nostro naso. Lo siamo stati per anni! Solo dopo la tragica perdita di Chetta notammo Florence che volava attorno ad Edwin come un'ape intorno ad un fiore ricco di polline. Il mio nobile marito si arrabbiò molto quando Edwin rivelò di volerla sposare».

Mi prese la mano. Erano gelide.
"Tiene ad Edwin, più di quanto pensassi"

«Presumo che anche voi sappiate che cosa ci si aspetta dal nostro rango. Quell'unione era impossibile e abbiamo cercato di farlo ragionare senza grandi risultati. Sembrava preda di un giogo più forte di quanto fosse l'amore che provava per noi...e scapparono a Gretna Green».

Strabuzzai gli occhi a quella rivelazione.
Avevo sentito di quel posto in Scozia dove  i giovani innamorati potevano sposarsi con più semplicità e senza il consenso del proprio familiare.

«Mio marito lo aveva sospettato e mise delle persone fidate sulle loro tracce. Li riportarono a casa senza che nulla fosse fatto».

«Voi pensate che Florence...avrebbe potuto attentare alla vita di Enrichetta?» chiesi a bruciapelo.

«Onestamente, Amelie? Penso che quella donna sia capace di tutto pur di raggiungere ciò che vuole» rivelò. «Lord Dowen ha cercato di dissuaderla in ogni modo fallendo ogni volta. L'ultima soluzione fu appellarsi al Re perché mettesse un freno definitivo. Hanno punito Edwin togliendogli la Contea e il titolo di paria. Potrà riaverli solo dopo il vostro matrimonio».

Potevo ora capire il suo desiderio di sposarsi e di avere una moglie. "Lui non vuole me ma ciò che ne consegue".

Tutto questo mi fece venire la nausea. Essere usata come merce di scambio per poter riavere i territori e i titoli mi disgustava.
Ero ancora più decisa a scappare da questa unione con ogni mezzo possibile.

Lady Elizabeth mi afferrò le mani ignara dei miei pensieri. «Non dovete temere nulla. Lord Dowen veglierà su di voi».

Non sembrava una rassicurazione quanto più una minaccia. Mi congedai dalla Marchesa con un forte mal di testa e tornai veloce nelle mie stanze.

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