Dangerous games (parte due)

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Se giochi con il fuoco,
inevitabilmente,
finisci per bruciarti

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Alcune falene e moscerini sfarfallavano attorno alla luce a neon, sbattendo contro la grata lucida.

Lia strofinò i piedi per terra, nervosa, mentre Miranda, in coda davanti a loro, si accingeva a pagare.

Appoggiò la borsa aperta all'estremità del banco, fra bicchieri abbandonati ancora pieni di alcolico.

Tommaso fece un cenno a Lia per invitarla a mettere in atto
la sua parte, ma lei tentennò un po' troppo, insicura.

Non era più convinta di volerlo fare.

Il ragazzo se ne accorse, notando che anche Edoardo era molto agitato.

Lui non voleva obbligare nessuno a fare qualsiasi cosa, davvero. Erano suoi amici e non voleva forzarli.

Prima, però, che riuscisse ad agire al posto loro, l'amico si protese in avanti, con l'aria di uno che si è finalmente deciso a tuffarsi nell'acqua gelida.

Lia sperò che l'audio del film coprisse gli eventuali rumori.

Edoardo infilò la mano nella borsetta di Miranda, tenendo costantemente d'occhio la schiena di Giulio: se l'avessero scoperto a frugare fra le cose di qualcun altro, non sarebbe stato semplice dare una spiegazione che reggesse.

Il ragazzo pregò che il barista fosse troppo occupato a servire i clienti per accorgersi di ciò che stava combinando, e cercò più a fondo.

Cartacce, un cellulare, fazzoletti, quello che sembrava un tubetto di crema... Niente chiavi.

E se Lia si fosse sbagliata e Miranda non le portasse sempre con sé?

Tommaso intanto, stava sorvegliando, attento, i movimenti di entrambi, sentendosi ancora un po' in colpa, e con la coda dell'occhio percepì Miranda voltarsi lentamente verso la borsa.

Prima che potesse scoprire Edoardo, afferrò repentinamente uno dei bicchieri mezzi pieni di mojito, e glielo rovesciò sulla schiena.

«Mi dispiace, mi dispiace un sacco! Sono inciampato, non volevo!» iniziò a scusarsi, con l'abilità recitativa di un attore professionista.

Miranda aveva lanciato uno strillo per  la sorpresa e si era girata visibilmente inviperita.

«Ma non potevi stare più attento?» lo aggredì.

«Sì, hai ragione! Scusami tanto, davvero!» continuò lui.

«Era la mia maglia preferita!» si lamentò lei, un po' imbronciata.

Tommaso spalancò gli occhi.
«Mi dispiace... Io... Se vuoi posso lavarla... Oppure...»

Ovviamente non intendeva sul serio: stava solo cercando di impressionarla per fare in modo che cedesse.

«No, lascia stare...» fu infatti la sua risposta infastidita.

Giulio, accanto a lei, aveva osservato tutta la scena con le braccia incrociate sul petto e le iridi cineree e acquose che si posavano irrequiete su ognuno dei tre.
I capelli scuri gli incoronavano il capo simili all'aureola del diavolo.

          

In tutto quel trambusto, Edoardo era riuscito a raddrizzarsi ed era rimasto fermo e rigido come un pezzo di legno vicino agli amici.

Miranda fece per andarsene, con un ultimo sbuffo, ma il suo ragazzo non si mosse.

«Giulio... Vieni?» lo esortò, prendendogli la mano.
Lui continuò a fissare Edoardo e Tommaso con insistenza, ma alla fine si lasciò trascinare via.

Lia li seguì con lo sguardo.
«Quel tipo mi piace sempre meno...» proferì grattandosi il naso.

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Si allontanarono dal chioschetto con le bibite ghiacciate in mano.
Riuscivano a distinguere le proprie figure solo grazie alla luce che irradiava dallo schermo.

Edoardo si era rifiutato categoricamente di proferire parola finché non avessero raggiunto il campo vuoto, che separava le persone assiepate per terra dal punto vendita.
Almeno questo suo comportamento lasciava presagire bene.

«Allora? Le hai prese?» gli domandò Tommaso con trepidazione.

«Mi spiace dovervi comunicare brutte notizie, ma...» disse Edoardo, con sguardo mesto.

Gli altri due smisero di sorridere e rimasero un po' delusi.

«...Ma le ho trovate!» Il ragazzo tirò fuori dalla tasca tre chiavi agganciate ad un grasso pulcino di peluche color maionese.

Tommaso esultò, dandogli una pacca sulla spalla, e Lia annuì, soddisfatta, ma prima che potessero complimentarsi, una figura sbarrò loro la strada.

Nonostante la scarsa illuminazione, riuscirono comunque a capire che si trattava di Giulio.

Altri due ragazzi si affiancarono a lui.

Restarono immobili, circondati dal buio: tre falchi appollaiati sui rami secchi di un albero morto.

«Vi voglio fuori dai piedi...» ringhiò nell'ombra, schioccando i denti come un lupo affamato.

I tre amici indietreggiarono di un passo, spinti dall'istinto.

«Noi siamo in vacanza e lei qui ci abita: non puoi mandarci via...» tentò di farlo ragionare Tommaso, con prudenza e gentilezza, mentre Giulio avanzava minacciosamente verso di loro, seguito dagli altri.

Lia si rese conto con orrore che nella mano destra reggeva il collo spezzato di una bottiglia di vetro.

«Cosa... Hai detto?» scandì lui, in un tono appena udibile, ma intriso di rabbia.

«Ho detto...» ripeté Tommaso, che cominciava a stufarsi di quel comportamento. « ...Che non puoi mandarci via, perché quest'isola non è tua!»

Giulio si scagliò contro di lui, arrestandosi ad un paio di centimetri dal suo viso.

«Gira al largo dalla mia ragazza, hai capito?» gli ringhiò in faccia con l'alito pesante di alcol. «Non mi piaci per niente, con questa aria da capo con cui ti atteggi... »continuò.

Lia ed Edoardo si scambiarono uno sguardo preoccupato: la situazione non sembrava sul punto di prendere un risvolto positivo.

I ricordi di un'estateWhere stories live. Discover now