CAPITOLO 35 (R)

12 4 0
                                    

Max sgattaiolò, invisibile e indisturbato, fino a quella che era diventata la sua camera personale della magione. Si chiuse la porta alle spalle con molta lentezza, in modo che il click metallico della serratura non fosse udito da nessuno. Finalmente solo, il ragazzo chiuse gli occhi, distese delle spalle, rilassò i muscoli del collo e si concesse un lungo e profondo sospiro. Cominciò a sbottonarsi la giacca sporca di fango, se la tolse e la buttò sul pavimento, poi passò alla camicia macchiata di sangue e ai pantaloni stappati all'altezza del ginocchio. Con gli abiti lerci fece un grosso mucchio, che nascose sotto il letto per allontanarli dalla vista di chiunque, soprattutto la sua, per poi sbarazzarsene alla prima occasione.

"Potrei abbandonarli per strada, così magari qualcuno se li porta via oppure, oppure potrei bruciarli nel caminetto."

Il ragazzo si diresse verso il comò, dove sapeva di poter trovare dei vestiti puliti, ma prima di riuscire a coprirsi, il suo sguardo si posò sull'immagine che lo specchio posto sopra il mobile stava riflettendo. La parte del viso che aveva ricevuto i colpi più violenti era gonfia e di un malsano colorito giallognolo. Sèina gli aveva parlato di questi sintomi, dicendo che sarebbero svaniti in una decina di ore, ma nonostante l'avvertimento, vedersi con un viso diverso lo turbava. Il ragazzo si toccò lo zigomo con delicatezza, scoprendo una pelle più liscia, tesa e quasi insensibile al tatto. In ogni caso, Maxwell dovette ammettere che l'amica aveva svolto un ottimo lavoro. Solo un'occhiata attenta avrebbe potuto notare i postumi dei traumi che aveva subito, mentre chi lo avrebbe guardato da una certa distanza o in modo distratto, non avrebbe saputo cogliere nessuna differenza dal suo solito aspetto.

«Tutto quello che devo fare, è starmene chiuso in questa stanza e farmi vedere il meno possibile. Se solo avessi una connessione internet» disse a se stesso sedendosi sul letto.

Si lasciò cadere sul materasso e chiuse gli occhi per tranquillizzare il suo animo, ma il suo cuore non accennava a rallentare i battiti. Arrendendosi, provò a distrarsi iniziando a esercitarsi a illuminare il cristallo, ma ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva le facce dei suoi assalitori sbucare nel buio della sua mente. I minuti passarono veloci e numerosi, scanditi dai fallimenti, fino a che qualcuno bussò alla porta.

«Chi è?» Chiese il ragazzo mettendo il cristallo sotto i vestiti.

La voce che rispose apparteneva alla domestica che il giorno prima aveva provato a fermare la sua irruzione in quella dimora.

«Lord Tharabass la sta attendendo nel salotto più vicino» disse la donna con tono piatto.

«Gli dica che lo raggiungerò tra poco» rispose il ragazzo per guadagnare tempo. Non aveva nessuna intenzione di farsi vedere in quello stato.

«Lord Tharabass mi ha ordinato di accompagnarvi io stessa da lui il prima possibile.»

«Oggi non mi sento molto bene» fece lui, aggiungendo poi un paio di finti colpi di tosse.

«Lord Tharabass mi ha anche ordinato di portarvi da lui a qualsiasi costo, persino trascinandovi per le orecchie, se necessario.»

Max deglutì, conscio del fatto che quella non fosse una minaccia vana. Dal tono della voce della donna traspariva la sua voglia di vendicarsi.

«Va bene. Sto uscendo» disse lui mogio.

Tharabass aveva mandato a chiamare il ragazzino da poco, ma quella breve attesa lo stava già facendo innervosire. Aveva sperato per anni l'arrivo di quel momento e ora che stava per viverlo, non riusciva a pazientare oltre e la consapevolezza di avere i minuti contati lo rendeva ancora più nervoso. Per darsi una calmata, il mago aveva ripreso in mano uno dei suoi tanti progetti per un nuovo incantesimo d'infusione, ma nonostante l'impegno, la sua testa si ostinava a tornare alle domande per quel suo primo colloquio col ragazzo. Da quando Tharabass aveva scoperto che esisteva un altro mondo oltre De'Valiant era rimasto colpito dalle possibilità che questa scoperta nascondeva. La curiosità di fare nuove scoperte lo aveva attanagliato per anni, trasformandosi in ossessione. Il mago aveva sempre sentito il bisogno di creare, di superare i limiti del possibile per trovare nuove soluzioni, per questo un altro mondo, per lui, rappresentava una fonte d'ispirazione. Dopotutto, egli aveva cominciato lo studio della magia per carpire i meccanismi del mondo che lo circondava e una volta compresi, aveva sfruttato le sue conoscenze per addentrarsi nel mondo della creazione di gemme. Aveva dovuto imparare da zero, inanellando un fallimento dietro l'altro e imparando dai suoi stessi sbagli, ma col passare del tempo, più la sua abilità cresceva e meno riusciva a trovare delle sfide che lo emozionassero. Sentiva di aver bisogno di nuove ispirazioni per i suoi progetti, idee per soluzioni a problemi che ancora non esistevano. Qualcuno bussò alla porta.

De'Valiant - L'accademia delle lame (revisionato)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora