«Ti senti anche tu un ricercato?»
«Esatto. Tipo mafioso pluriomicida»
«Ti senti anche tu tremendamente in colpa?»
«Sono terrorizzata»
«Magari abbiamo la polizia alle calcagna da sabato»
«Magari hanno messo una taglia sulle nostre teste»
«Forse dovremmo spegnere i cellulari. Siamo rintracciabili»
«Io non voglio finire in galera»
«Ma neanche io. Ho già prenotato la settimana bianca a Chamonix»
«Sono innocente. Dovremmo costituirci», sistemo gli enormi occhiali da sole sul mio naso e continuo a camminare a passo spedito in Rue du Portier. Il foulard di seta che ho in testa, insieme all'impermeabile nero e i mocassini Gucci, mi fanno sentire la protagonista di un film poliziesco che finirà malissimo. Sono passati appena quattro giorni da quando abbiamo accidentalmente spinto giù dal burrone la macchina di Neth, e i miei incubi momentaneamente sono occupati dalle notizie che appariranno sui giornali al nostro arresto.
Non riesco a credere che ce ne siamo andati come se nulla fosse.
Come se non bastasse, il mio perenne stato d'ansia si è triplicato a causa della ricerca di un appartamento a Monte Carlo, il più lontano possibile dalla casa dei miei e da quella di Ginevra a Lugano. Non pensavo che sarebbe stato un tale problema trovare una casa e trasferirmici, ma tra gli allenamenti e le sedute dal fisioterapista, gli incontri con gli sponsor e l'eccessiva ansia per la mia entrata nella scuderia Ferrari non sono riuscita neanche a prendere una stanza in hotel. E adesso, oltre ad essere probabilmente ricercata dalla polizia, sono pure in pianta stabile nella villa di Ludovico da due settimane buone.
«Scherzi? Quello ci fa uccidere. Come minimo affitta un sicario» ribatte lui, che in cappotto lunge e nero e occhiali da sole è entrato perfettamente nella parte del mafioso ricercato. Tanto per rimanere sul classico e non dare nell'occhio abbiamo anche comprato un SUV nero, con la speranza di non essere arrestati prima di subito.
«Non mi sono sentita così in colpa neanche quando ho schiantato la mia prima Maserati contro un muro» sbuffo io, accelerando il passo.
«Io credevo che dare fuoco a un atelier Valentino fosse al top delle mie capacità, ma questo rasenta l'incredulità» replica Ludovico, con le mani in tasca e il viso basso. Mi ricordo perfettamente quando, a diciannove anni, lui e suo fratello sono tornati a casa scortati dalla polizia e praticamente carbonizzati, in seguito a un'increscioso incidente con una decina di lampadine.
«Forse dovremmo scappare»
«Ancora?» chiedo incredula, pronta a ricordargli che l'ultima volta ci ha solo portato ansia e paranoie.
«Che ne so, rifugiarci alle Seychelles e stabilirci lì finché quel poveretto non muore»
«O magari gli regaliamo un paio di isole delle Bahamas. Avevo sentito che Daniel Copperfiel ha messo in vendita Musha Cay»
«Senti, gli abbiamo distrutto la Ferrari, mica dato fuoco a sua moglie» sbotta Ludovico, stufo. Io scrollo le spalle in risposta, quindi lo precedo svoltando Avenue de Grand Bretagne. L'aria fresca di inizio Marzo muove la mia frangetta sulla fronte, facendo svolazzare il foulard dalla stampa tropicale.
«Che civico è?» mi domanda Ludovico, osservando la schiera di palazzi alla nostra destra.
«Il quindici», replico con una smorfia, chiedendomi per l'ennesima volta se sia il caso di prendere una casa a meno di ottocento chilometri da quella dei miei parenti più prossimi. Ci avviciniamo in silenzio a un portone in legno lucido, quindi chiediamo al portiere di avvisare l'agente immobiliare che siamo arrivati. Appena tre minuti più tardi siamo ingabbiati in un'ascensore tutto vetri e probabilità di cadere, con il fiato corto e l'ansia come girocollo.
«Proprio una Ferrari dovevamo sfasciare? Non potevi puntare alla Audi più vicina che c'era?»
«Cassy, non ricominciare» mi blocca lui, alzando una mano. Io mi mordo il labbro, al limite della mia pazienza, e batto un piede a terra con flemma. Rimaniamo in religioso silenzio fino a che l'ascensore non si ferma all'ultimo piano, quindi Ludovico mi porge il braccio in una muta richiesta di scuse, e io mi avvicino con una smorfia divertita. Usciamo dall'abitacolo lentamente, quindi ne approfitto per sussurrargli qualche parola.
«Sono in ansia» ribadisco per l'ennesima volta, agitando le dita smaltate di rosso per farmi aria.
«Stai calma, respira e non-»
«Buongiorno!» squilla la donna che ha appena aperto la porta di scatto, sfoderando un sorriso smagliante.
«Salve» la mia voce si incrina leggermente mentre le allungo una mano, osservando per un breve attimo il taglio corto della signora e i capelli neri. I suoi occhi, di un verde acquoso, mi passano in rassegna fino a posarsi su Ludovico. La sua espressione entusiasta si smorza un po' appena realizza di avere davanti due che sembrano appena usciti da un covo della Ndrangheta. O forse somigliamo più a due evasori fiscali con un bel conto in una banca svizzera.
«Siamo qui per vedere l'appartamento» precisa il mio amico, con l'aria di uno che sta per confessare i reati di una vita da reietto.
«Oh, ma certo» replica lei, recuperando le speranze. Si sposta di lato per permetterci di entrare, quindi mi guarda attentamente mentre apro l'impermeabile e sfilo anch'io gli occhiali ingombranti. Un'ingresso luminoso dal pavimento di parquet mi accoglie, insieme a un buon profumo di pino.
«Ci sono molti vicini?» chiede Ludovico, guardandosi attorno. La donna schiude le labbra, valutando per la seconda volta l'idea di avere degli spacciatori in casa.
«È una zona molto trafficata?» continua il mio amico, perfettamente a conoscenza della mia insonnia.
«C-che cosa?» balbetta lei, torcendosi le mani.
«Insomma, c'è molta gente qui in giro?» taglio corto io. Lei sbianca nuovamente, con il respiro affannato.
«Ci farebbe la cortesia di rispondere?» chiede Ludovico, con voce glaciale.
«Molti appartamenti adiacenti sono occupati. Di proprietà» risponde lei finalmente.
«Sono molto rumorosi? Li definirebbe vicini affidabili?»
«I-io-»
«Non vorremmo causare disturbo, sa, con qualche inconveniente» aggiungo io, con una smorfia. Gli inconvenienti che intendo io sono feste che si protraggono fino alle sette di mattina, ma lei sembra sentire la parola droga in ogni mia frase, tanto che comincia pure a sudare.
«È una zona...tranquilla» soffia terrorizzata.
«Avete una cantina?» domanda Ludovico, con le mani in tasca.
«U-una cantina?»
«Una cantina, uno scantinato, qualcosa sottosuolo, insomma. Di insonorizzato, magari» conclude stringendosi nelle spalle. Quello a cui mira lui è un posto dove mettere un paio di kart privati, ma la donna continua a indietreggiare.
«Insonorizzato?»
«Sì, privato e discreto»
«Abbiamo un cortile» propone spaventata.
«A me servirebbe uno spazio chiuso e asciutto, per le mie bambine» m'intrometto, rendendomi conto solo dopo qualche secondo di quanto suoni strana e inquietante la mia frase.
«Scusi, bambine?»
«I nostri gioielli» mi corregge Ludovico. «Niente di che. Per puro divertimento»
«Sarebbero innocui» aggiungo io. «E non ci sarebbe bisogno di mettere in mezzo la poliz-»
«Pulizie. Puliremmo tutto noi» mi blocca Ludovico, sfilandosi gli occhiali da sole.
«Certamente. Le pulizie»
«Potrei affittare lo scantinato» mormora lei, con un filo di voce.
«Perfetto» esclama Ludovico. «La stazione di polizia più vicina, invece?».
Dio, che casino.
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ChickLitQuattro matrimoni e una Ferrari è la frase con cui Cassandra descriverebbe alla perfezione l'inizio del casino che in cui si trova ora. Un casino fatto di ragazzi alti e sexy, motori, sponsor dispotici, madri infernali e un sacco di auto da corsa. ...