Capitolo 18 - I nodi vengono al pettine

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Il malessere ci mese due giorni abbondanti per abbandonarmi e il terzo giorno potei finalmente uscire dalla stanza.

Anne mi stava acconciando i capelli quando Edwin entrò come una furia.

«FUORI!» intimò, gettando un'occhiata seccata alla mia aiutante.

«Milord!» esclamai scattando in piedi, infastidita. «Come osate rivolgervi in questo modo?»

Lui per tutta risposta, alternò lo sguardo tra me ed Anne finché la donna uscì silenziosamente.

«Non vi permettete mai più di parlare così al mio seguito!» sibilai.

«Voi siete solo una lady, io un Conte. Sono libero di parlare come più mi aggrada».

Iniziai a fremere per poter reagire e rovinare quell'espressione che aveva in volto.

«Cosa mai avrei fatto per causare questa intrusione?» chiesi, guardando di sbieco.

«Vi ho portato questo. Leggete» e appoggiò sul tavolo della toeletta una pergamena. Il sigillo era stato rotto e la pergamena era stata piegata malamente.

Era già stata aperta.

«Di che cosa si tratta?»

«Leggete» ripeté.

Ogni parola corrispondeva ad una fitta al cuore.

«Una licenza speciale?» mormorai, leggendo quel pezzo di carta per la seconda volta.

Il matrimonio si sarebbe svolto a fine mese con l'approvazione dello stesso re e del vescovo di Canterbury, il firmatario di quella dispensa.

«Come l'avete avuta?» chiesi con voce tremula.

«Non vorreste saperlo, credetemi».

«Ma come può...»

«Florence ha perso il bambino» rivelò il Lord, con quella che sembrò una nota di rammarico.

"Impossibile per un individuo come lui".

«È uscita a cavallo, incurante delle sue condizioni, e la pioggia poi ha fatto il resto. Il cavallo l'ha disarcionata».

L'immagine della donna dai capelli rossi che veniva trasportata all'interno della Corte mi si parò davanti agli occhi.

«Tornando al matrimonio, voi alloggerete a Dowen House mentre io tornerò a Berdyshire. Ci vedremo tra tre settimane, all'altare» annunciò sbrigativo.

Sentii lo stomaco contrarsi.
Come potevo fuggire ora? Come avrei potuto portare avanti le mie indagini? Sapevo che quel fiore era stato tra le mani di quei due e questo voleva dire solo una cosa: anche la mia vita sarebbe stata in pericolo.

Come un fulmine a ciel sereno mi tornarono alla mente gli ultimi avvenimenti: il vaso rotto, il latte dal sapore troppo strano e strabuzzai gli occhi.

«Andatevene» sibilai.

«Prego?»

«Avete compreso molto bene».

Se rimase interdetto non lo diede a vedere. «Mi state cacciando?»

«Eccome! Ho già sopportato a sufficienza la vostra presenza» esclamai, pentendomene subito.

Non dovevo parlare così ma la paura aveva preso il sopravvento. Non avevo dubbi sul fatto che dietro i miei attentati ci fosse lui o la sua amante.

Edwin fece di testa sua. Si avvicinò e mi imprigionò sulla toeletta, avvolgendomi con le sue braccia.

Le sue labbra cercarono le mie in un bacio veloce e prepotente. Sapeva di sapone e di menta.

«Ci vediamo fa tre settimane, mia sposa».

Non era un invito quanto un avvertimento, come a volermi mettere in guardia sulle conseguenze che avrei subito se non lo avessi assecondato.

La porta si aprì con uno scatto. «Signorina, state bene?» chiese Anne entrando, preoccupata.

Edwin mi lasciò con una lentezza infinita e se ne andò, lasciandomi sospesa tra lo sconforto e una rabbia interna.

Corsi nel terrazzino per cercare di prendere aria. Avrei voluto fuggire ma...dove?

"Chi mai ti aiuterebbe in questo tuo folle piano?"

Un viso balenò davanti ai miei occhi ma quella persona non si vedeva da giorni.

"Che fine hai fatto Thomas?" pensai, sentendo il mio cuore stringersi. "Avremmo potuto essere felici voi ed io? Se solo vi dichiaraste forse ci lascerebbero liberi".

Ma appena diedi senso compiuto a tale pensiero mi sentii stupida. Non era così. Io ero stata destinata ad Edwin.

Intrigo a CorteWhere stories live. Discover now