Capitolo 19 - Chiazze rosse

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La mattina della partenza indossai un semplice abito da cavallerizza verde scuro in quanto avremmo raggiunto Dowen House a cavallo.

Mi sedetti alla toeletta per farmi acconciare i capelli da Anne ma fui presa da un prurito fastidioso che mi percorse tutto il corpo.

«Signorina, state ferma» mi ammonì la donna.

«Anne, aiutatemi. L'abito mi prude molto. Forse il tessuto si è scucito».

«Lucie! Torna qui e sistema l'abito di Milady. Controlla le cuciture».

Vidi la ragazza sopraggiungere con il viso chino e lo sguardo basso. Non doveva essere piacevole venir ripresi per aver svolto male il proprio lavoro.

Mi tolsi l'abito e glielo consegnai. Vidi che lo maneggiava con delicatezza utilizzando solo la punta delle dita e poi mi aiutò a infilarlo nuovamente.

«Suvvia, Lucie! Non ho mai mangiato nessuno per un simile contrattempo» la presi in giro.

Le sue gote divennero ancora più rosse e sorrise timidamente. Non udii la sua risposta perché entrarono due camerieri che dovevano prelevare i nostri bagagli.

Per fortuna Anne sarebbe partita insieme a me mentre Dana ci avrebbe raggiunte solo dopo una settimana, a causa di alcuni impegni di suo marito.

«Milady, non dovreste far attendere oltre i Marchesi. Io vi raggiungerò con il resto dei camerieri» disse Anne, sorvegliando gli ultimi bauli.

Attesi che anche Lucie uscisse dalla stanza e aprii il cassetto delle spazzole. Avevo nascosto nel secondo fondo un piccolo bigliettino per una persona speciale.

«Devo chiedervi un'altra cosa. Potete far recapitare questo bigliettino a Lord Thomas? Mi fido solo di voi».

Lei parve dubbiosa. Mi osservò con quegli occhi chiari e attenti e poi mi sorrise.
«Certo Milady».

Raggiunsi il seguito dei Dowen nel cortile e mi accomodai in sella al mio destriero. Edwin si avvicinò e notai come Florence gli stesse poco distante, incurante di quanto la sua presenza fosse fuoriluogo.

"O forse non attendeva altro".

«Vedo che quella donna si è già ripresa» mormorò Lady Elizabeth.

La corte, proprio come un degno covo di spie, era già a conoscenza del malore di Florence seppur la causa fosse ancora sconosciuta.

«A quanto pare» sussurrai in risposta, legandomi il cappellino da viaggio al mento.

«Mie ladies, buon viaggio. Ci rivedremo alla cena prima delle nozze, come di consueto».

Mi immobilizzai. «Quale cena?»

«È tradizione della nostra famiglia che la sera prima del matrimonio le due famiglie si incontrino per condividere una cena».

Lady Dowen si mosse nervosa: «Glielo avrei detto in seguito. Abbiamo già molte preoccupazioni, non serviva riferirlo proprio ora Edwin».

La nobildonna fece un cenno alla guardia armata che ci accompagnava e la comitiva si mise in marcia.
Vidi, con la coda dell'occhio, la rossa porre una mano guantata sul braccio di Edwin. Quella mattina indossava un abito rosso fuoco e un girocollo davvero particolare: un filo di seta scarlatto arricchito da un pendente a forma di cuore.
"Di certo non passerà inosservata".

Ci impiegammo meno di un'ora per raggiungere Dowen House e mi ritrovai a bocca aperta come la volta precedente.
L'esterno era ricoperto di mattoni a vista, in chiaro contrasto con gli infissi bianchi delle finestre. Ciò che mi colpí maggiormente fu la fila di busti in bronzo che si stagliava sopra le finestre del primo piano.

Consegnai il cavallo allo stalliere e seguii la padrona di casa all'interno dove camerieri, maggiordomi e domestici si inchinarono al nostro passaggio.

Il pavimento dell'ingresso era qualcosa di molto strano e affascinante, formato da mattonelle bianche e nere, che raggiungeva le scale semi nascoste da un arco sormontato dal dipinto di lord Dowen.

«Vostra madre ci raggiungerà la prossima settimana» mi avvisò la Marchesa mentre mi conduceva nel suo salottino personale.
«Probabilmente vorreste cambiarvi dopo la cavalcata ma penso che due chiacchiere non minerebbero di certo il protocollo, che dite?» e rise della sua affermazione.

«Come volete, Lady Dowen».

«Oh, chiamatemi Elizabeth. Diverremo parenti ben presto» propose con entusiasmo.

"È quasi imbarazzante la sua gioia innocente".

La Marchesa aprì la porta e rimasi basita davanti a quella stanza semplicemente deliziosa e confortevole. Le pareti azzurre erano decorate con disegni armoniosi e linee tonde e, su di esse, erano affissi dei quadri con fiori e piante tropicali.
Prendemmo posto sui divanetti dorati posti davanti alle grandi finestre la cui vista dava sul giardino interno.

«Dunque, ho compilato una lista di preparativi così da non lasciare nulla al caso. Il vestito è già sistemato. Il nostro prelato annuncerà le nozze durante le celebrazioni religiose all'intero marchesato. A cosa ci potremmo dedicare ora? Oh sì...come volete le decorazioni in cappella? E nel salone del ricevimento?»

«Oh beh...non saprei» risposi, incerta.

Ricordai ciò che Edwin mi aveva detto nella serra e decisi di riferire quello.

"Se continuo a disinteressarmi sembrerà strano no?". E poi la dispensa speciale...

«Dianthus barbatus».

La donna parve sorpresa. «Dian...?»

«I garofanini viola che avete nella serra».

«Oh sì. Allora...dovremmo parlare con il giardiniere».

Ricordai all'improvviso cosa mi avesse detto Edwin la prima volta che ci trovammo nella serra: solo il conte e il giardiniere avevano accesso alla serra.

"Con l'occasione potrei riuscire a capire come quel fiore sia uscito dalla serra e finito nel corpo di Henrichetta".

«Oh non c'è bisogno. Posso raccoglierli io» mi offrii.

«Se lo desiderate...» disse non molto convinta la marchesa. «Ci sono molte altre cose che richiederebbero la vostra attenzione. Gli invitati, i fazzolettini per gli ospiti, la torta nuziale...»

«Lady Dowen, voglio compiacere il mio fidanzato e so quanto quei fiori siano importanti per lui. Potremmo fare anche dei piccoli bouquet da mettere sui tavoli per il ricevimento».

Mi sorpresi della mia audacia ma, decisa a sfruttarla fino al massimo, le presi le mani, com'era solita fare lei.

«Lady Elizabeth, potreste occuparvi voi degli invitati? Sicuramente siete la persona più adatta».

Come avevo previsto mi assecondò. «Come volete allora. Penso che per oggi potremmo ritirarci».

Una volta in camera potei togliermi quell'abito.

«Il vostro corpo» disse Anne, coprendosi la bocca con le mani.

Mi osservai allo specchio e notai come le braccia e il petto fossero cosparsi di macchie rosse.
Prima che capissi il reale danno, Anne prese l'abito con delicatezza e ne osservò l'interno.
«Oh Signore. Ora capisco».

«Cosa succede?»

«L'abito è cosparso da strana una polvere bianca».

Mi alzai e corsi da lei. Il tessuto interno del vestito non era più verde ma bianco, pieno di quel pulviscolo irritante.


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A venerdì prossimo con un nuovo capitolo :) Nel frattempo aspetto i vostri commenti :)

Jessire

Intrigo a CorteWhere stories live. Discover now