Capitolo Quattordicesimo

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Le altalene erano decisamente scomode, così malridotte, gelide ed inumidite dalla notte, cigolanti al minimo soffio di vento. 

Bokuto si dondolava piano, le piante dei piedi salde a terra, piegando delicatamente le ginocchia ritmicamente, lo sguardo distratto fisso verso l'alto, mentre il chiarore della luna illuminava in parte il suo profilo.
Akaashi lo osservava, immobile, stringendo dolorosamente la congelata catena della giostra. 

-Allora...Agashi..-

Un invito a parlare, molto chiaro, nascosto dalla tensione dell'intera situazione. 

Keiji prese un profondo respiro, tremolante, contemplando la situazione.
Parlando si sarebbe reso ridicolo, ma ad ogni modo non aveva più nulla da perdere.
Quel che per mesi aveva nascosto, ma forse sarebbe meglio dire anni, scivolò fuori dalla sua lingua con una semplicità impressionante, degna di un provetto oratore.
Le parole erano rapide, confuse, interrotte dalla sofferenza che nascondevano, pesanti, crude.
Mano a mano che la storia giungeva al termine, i piedi del ragazzo sembravano staccarsi da terra, sempre più leggero, come un palloncino. 

Koutaro si rivelò un ascoltatore eccezionale; rimase sempre in silenzio, senza aggiungere alcun commento, senza chiedere chiarimenti, magari su un termine difficile da comprendere, nulla.
I suoi occhi erano concentrati, a tratti sorpresi, esprimevano il dispiacere, l'impotenza che avevano realizzato di possedere. 

Un silenzio pesante, crollò una volta che il moro terminò il suo racconto. 

-Sai..- prese il più grande a dire, la voce sembrava affranta. 

-Avresti potuto dircelo prima.-

Keiji sospirò, -Volevo farlo, ma avrei perso la possibilità di fare tutto quel che ho fatto, con voi.-

-Avremmo trovato un'altra soluzione...Anche se non sembra, Kuroo è molto intelligente...e anche Kenma!-

Akaashi sorrise, quei piccoli, non intenzionali insulti che i due si riservavano, non mancavano mai.
Era diventata parte intrinseca del loro essere, una cosa inevitabile.
Effettivamente, esistevano molte strade, più fattibili di quella che aveva intrapreso; persino Bokuto ci era arrivato.
Razionalmente avrebbe potuto fare tante altre cose, ma le emozioni del momento, la confusione, lo stravolgimento di tutte quelle esaltanti novità, lo avevano portato in quell'orribile situazione. 

Che sciocco, era stato. 

-Ad ogni modo- riprese il bicolore, -Dubito si possa fare molto, adesso, non è così?
I tuoi genitori..come dire...non mi sembravano molto intenzionati a fare amiciza.-

Keiji scosse la testa, un sorriso rancoroso in volto, mentre sconsolato si chiedeva che fare.

Bokuto annuì, altrettanto tristemente. 

-Però, Konoha mi ha detto di farlo, qualsiasi cosa sarebbe successa.- sussurrò, tra se e se, balzando in piedi. 

-Di che parli?- il corvino alzò lo sguardo. 

L'altro non rispose, continuando a chiacchierare con se stesso. 

-O la va o la spacca...
Era così che aveva detto Kuroo, giusto?- 

Nel mente borbottava, si era ritrovato faccia a faccia con il ragazzo ancora seduto, il viso totalmente brillante sotto i raggi lunari, arrossato, gli occhi scintillanti di determinazione. 

-Ecco..- finalmente decise di rivolgersi all'altro ragazzo. 

-Sai, da quando ti ho visto, ho sempre saputo ci fosse qualcosa di diverso in te. -iniziò balbettando confusamente- Quello che sentivo era nuovo, mi faceva sentire davvero strano...con strano, lo intendo in senso buono, eh.. - sospirò, decisamente era nervoso  -all'inizio, non avevo colto la differenza. Ma poi ne ho parlato con gli altri, ed ho capito.-

Il moro era decisamente confuso.

-Mi piaci, Keiji.-  

Piacere? Ad una persona?

Mai prima d'ora una cosa del genere gli era capitata.

Bokuto, certo era sempre stato portatore di novità, nella sua vita.

Una brezza soffice gli accarezzò la schiena, mentre la mente lavorava a velocità impressionante.
Ogni pezzo del confuso puzzle che da mesi gli sedeva davanti, sembrava essere stato collocato nel posto giusto.
L'attrazione iniziale si era consolidata nel tempo, in tutti quei piccoli gesti che l'altro aveva fatto per lui, in tutti quegli sguardi così intensi, in tutte quelle strette di mano, quei tocchi così leggeri sulla pelle dell'altro.
Quei pensieri che aveva rivolto a lui così a lungo.
Quella paura così intensa di perderlo e l'altrettanta disperazione.

Akaashi Keiji si era innamorato.

Prima di allora, non era mai realmente accaduto.
Forse per quello non lo aveva capito subito, forse, in una diversa situazione, non lo avrebbe mai compreso.
Ma adesso, la visione era abbastanza chiara.

Con esitazione e cautela, si alzò, piano, parandoglisi davanti. Era decisamente più basso. 

-Per me..è lo stesso.- un sussurro, intenso, coraggioso. 

-Davvero?- Ľespressione di Koutaro, sembrava tanto quella di un bambino dentro un negozio di caramelle.

-Certamente.-

-Davvero Davvero?-

-Si, Bokut--

Calde, labbra soffici, impedirono alle parole di uscire. 

Era proprio come in quei classici romanzi che sua madre gli aveva propinato, il primo bacio. Intenso, carico di emozioni represse fino ad allora, un po' impacciato, privo di esperienza, ma ugualmente godibile. 

Semplicemente perfetto. 

Le bocche di entrambi, forse un tantino screpolate dal freddo, sembravano muoversi in una danza perfettamente sincronizzata, che soltanto loro potevano apprezzare.
Proprio come la confusionaria, secca, confessione di prima.
E, come tutti i baci da fiction che si rispetti, sicuramente troppo corto.

-Non ho resistito, mi spiace- sussurrò, quasi senza fiato il più grande.

-Non c'è problema- rispose altrettanto piano l'altro, soddisfatto, sfiorando la propria fronte con la sua.

Finalmente, quella 'magica sensazione' che gli era capitata di leggere molte volte, l'aveva compresa.
Quell'intimità, quell'intesa, forse scontata.
Quel senso di dolcezza così elettrizzante, piacevole, meravigliosa. 

Non smise mai di pensarvi, nemmeno quando tornò a casa, nella sua stanza.
Ad esso, si accompagnava una nuova, ennesima consapevolezza.
Se prima quel che aveva sarebbe stato doloroso da perdere, adesso, sarebbe stato impossibile.
Da una parte malediceva il suo nuovo fidanzato e se stesso, per essersi inflitti una tale punizione.
La necessità di stargli vicino, però, era diventata insostenibile, ora lo sapeva.
Avrebbe combattuto, per sentire nuovamente quel calore nel petto, e quel soffice affetto.
Avrebbe tentato, fino all'ultimo, di preservare quel paradiso che si era costruito.

Non poteva, non voleva essere più la bambola di qualcuno, voleva provare di nuovo l'ebrezza della libertà.

Avrebbe fatto sentire la sua voce. 

Happy Place : BokuakaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora