Sorrise e strinse mani per tutto il giorno.
L'affare e la compravendita erano porto e lui si sentiva...vuoto.
Era un giorno particolare quello per lui.
Aveva ottenuto ciò che voleva: la tanto agognata vendetta. Aveva, be era sicuro, reso quella maledetta donna infelice anche nell'aldilà, a gridare dalla rabbia e dal dolore nel vedere da lì , nel buco d'inferno dov'era finita, che tutto ciò che prima era suo, ora era passato a lui.
Tutto.
Suo fratello piccolo aveva trovato la sua strada e la sua felicità , rinunciando a prendersi carico degli oneri e dei doveri di ciò che l'eredità implicava, e grazie alla sua intelligenza era riuscito a fare come sempre ciò che voleva.
Lui e Tin non avevano più legami.
E lui, lentamente, con pazienza e molti sacrifici, aveva preso tutto.
Gli era costato molto. Tutta la sua vita, la sua anima, il suo cuore, di cui non era rimasto più nulla eppure, non si sentiva in pace.
Quei gesti normali, quella maschera che ormai era abituato ad indossare non lo lasciavano più ormai.
La pazienza, il fare buon viso a cattivo gioco, i falsi sorrisi, l'essere gentile, erano doti che aveva affinato negli anni.
Quelle persone che prima lo denigravano e lo disgustavano ora erano prostrate ai suoi piedi e lui di questo era felice. Quei pidocchi, quelle sanguisughe sociali ora erano i suoi giocattoli, ma comunque lui si sentiva vuoto dentro.
Con il solito sguardo tranquillo e posato si diresse verso la lussuosa macchina della sua famiglia pronta a portarlo ovunque lui volesse.
Prese posto sul sedile posteriore e tirò subito su il finestrino che separava l'autista dal passeggero dicendo solo
< Bangkok centro. Davanti al Siam.>
Poggiò il capo sul sedile, sospirando come se potesse finalmente respirare.
Si allentò il nodo della cravatta, chiudendo un poco gli occhi sentendosi finalmente rilassato. Era stato tutto pesante, aveva reso l'azienda di famiglia ancora più ricca di prima assorbendone un'altra più piccola ed aumentando i benefici ed i guadagni.
Suo padre ormai era fiero del suo figlio mezzosangue. Quello stesso figlio lasciato annegare nei suoi problemi e nei soprusi per anni senza alzare un dito ed abbandonato, dalla sua stessa madre.
Gli occhi dal taglio più occidentale che orientale guardarono fuori dal finestrino. Osservò le persone come se ne cercasse una in particolare che purtroppo ogni volta non riusciva a trovare.
Sorrise mestamente al pensiero.
Non si preoccupò di riferire a nessuno dove si stava dirigendo, non ne aveva motivo, e pur avendo una famiglia, sapeva che non avrebbero fatto domande e che non gli sarebbe interessato più di tanto. Men che meno a lui. Quel matrimonio era solo una piccola parte del suo piano, un piccolo puntino del suo disegno di vendetta che lui aveva pianificato tempo prima.
Un tacito accordo tra le parti, dove ognuno aveva il suo tornaconto.
Quella sera lui aveva solo un desiderio. Sentire dolore. Tanto. Colmare quell'insopportabile sofferenza che si portava dietro da troppi anni, che lo soffocava e che lo faceva sentire vuoto come se gli mancasse qualcosa. La persona in grado di gestirlo da quel punto di vista non c'era più. E non era che colpa sua.
Per cui ora poteva e doveva farsi del male.
La macchina si fermò davanti all'entrata del Siam come padrone Tul aveva richiesto. Non disse nulla all'autista. Ne se andare a riprenderlo, ne l'ora, niente di tutto ciò. Lui ormai faceva ciò che più voleva e l'uomo sapeva che se avesse voluto dirgli qualcosa lo avrebbe fatto.
Khun Tul scese dall'elegante auto chiudendo la portiera dietro di sé senza voltarsi ne dite una parola.
Il posto dove voleva andare non era di certo il centro commerciale , ma era il punto più vicino a luogo scelto, in cui ogni tanto, quando ne sentiva davvero il bisogno, andava.
Si buttò in mezzo alla folla che a quell'ora della notte ancora frequentava le vie della città, sempre affollata, che non dormiva mai.
In mezzo agli odori ed i profumi tipici della sua terra.
Era notte ormai ed era tardi, era da poco passata la mezzanotte e lui si trovava ora a camminare in una via piena di giovani , attorniato da pub e locali poco raccomandabili.
Non aveva paura, non gl'importava di nulla,
Anche se lo avessero rapinato o picchiato, quella sera non gli sarebbe interessato.
Passo dopo passo si ritrovò a prendere il vicolo giusto dove vide il posto proiettarsi davanti a sé.
Era un Hotel ad ore particolare.
Entrò.
Il locale era particolarmente cupo, decorato con pareti nere e con tende, divani o altri dettagli rossi, come le luci ed i tappeti. Pulito ed ordinato. Ormai conosceva bene quel posto. Si diresse quindi verso la reception dove vi era il responsabile degli appuntamenti ad attenderlo con un largo e viscido sorriso.
Tul si limitò a dire
<È già tutto pronto?>
Il piccolo signore dal taglio assurdo quanto il colore, un rosa slavato, sorrise di nuovo in maniera accondiscendente e con un tono remissivo e finto dispiaciuto disse
< Buona sera signor Tul, mi perdoni ma per stasera è sorto un imprevisto...>
< Ovvero?>
< La sua solita scelta non c'è, si sono accavallati gli appuntamenti, per cui non posso accontentarla...>
Tul sapeva benissimo che quella era tutta una scusa per spillargli più soldi del dovuto. Era già abbastanza umiliante per lui andarsi a sfogare in quella maniera, ma quella sera non poteva farne a meno.
O quello o lo avrebbero trovato con ferite ovunque.
Era in giorno troppo particolare e lui ne aveva un bisogno disperato.
Ovviamente il signor Tul, non aveva mai lasciato il suo vero cognome, ed era meglio così, lo guardò sorridendo appena.
Odiava quell'insopportabile inetto che tutte le volte doveva vedersi davanti e proferì freddamente
< Sono sicuro che ora mi troverà una soluzione per cui valga la pena che io resti. Altrimenti me ne vado.>
Il piccolo uomo dai capelli rosa e dagli occhi piccoli ricambiò il sorriso , con uno alquanto melenso, strofinandosi le mani, non voleva certo perdere quella bella gallina dalle uova d'oro ed aveva una persona da consigliare, sapendo che al signor Tul non sarebbe dispiaciuta affatto.
<Avrei la persona perfetta per ciò che richiede lei - >
< Va bene, mi dia le chiavi della stanza che l'aspetto li, e si sbrighi.>
Non lo fece finire. Per lui chiunque andava bene in quel momento. Voleva fare in fretta, voleva ciò che voleva, e lo voleva subito.
Prese le chiavi della stanza numero 115, e si diresse verso gli ascensori.
Doveva fare sparire tutti i pensieri che aveva in testa, doveva spegnere il cervello, sfogarsi, sentire dolore in qualche maniera riuscire a scappare da quel giorno.
Era la data della morte di quella donna. Quella maledetta bastarda per cui lui ebbe intrapreso tempo addietro una strada senza via di ritorno.
Per cui lui, aveva fatto scelte poco ortodosse per inseguire la sua vendetta nei confronti di quella famiglia che non lo ha mai voluto, ne capito, ne assecondato, ma che da lui aveva comunque preso tutto.
Prima nell'infanzia poi nell'adolescenza, nel periodo della sua vendetta e addirittura ora che aveva ottenuto ciò che voleva.
Dove ancora non si sentiva completo, soddisfatto.
Per la sua famiglia di ora il suo comportamento era dato dal fatto che avesse sofferto tantissimo per la morte di sua nonna e che, anche a distanza di anni , non lo avesse ancora superato.
Sorrise freddamente a quel pensiero.
Quante bugie.
Era vero però, in un certo senso non lo aveva ancora superato,ma non per il motivo che credevano loro.
E l'unica persona in grado di aiutarlo,in grado di fare suo il suo dolore, in grado di stargli accanto nonostante tutto,non era lì.
Per cui aveva trovato una soluzione alternativa.
Uscì dall'ascensore a passo spedito si diresse verso la stanza numero 115. Dentro c'era già qualcuno ad aspettarlo.
Passò la chiave magnetica ed entrò. La stanza era arredata come l'entrata del locale, cupa, alternanza tra nero e rosso, un letto con testiera piena di corde, cinture, fruste ed ogni tipo di "giochino" utile a sentire dolore ed urla.
Non era uno di quei posti disordinati e sporchi, al contrario, era tutto pulito ed ordinato, molto minimal ed a parte gli strumenti del mestiere , non vi era altro in quella stanza.
A parte la persona presente oltre lui.
Tul osservò quella figura.
Alta, pelle bianca, muscolosa ma non troppo a petto nudo con un collare di pelle al collo e pantaloni di pelle neri che lasciavano poco alla fantasia talmente erano aderenti e scalzo.
La cosa curiosa a cui Tul fece subito caso era il fatto che avesse una maschera addosso a corpirgli quasi interamente il volto, simile ad un cappuccio come quelli utilizzati nei film per rapinare le banche, che lasciavano scoperti solo gli occhi. Occhi dal taglio asiatico neri come la pece, che gli fecero correre un brivido lungo a schiena.
Non batté ciglio.
Si tolse la giacca lanciandola a terra, fece scorrere il nodo della cravatta fino a slacciarla e la buttò, diseguito alla giacca, a terra.
Nessuna parola fu detta da entrambe le parti. La strana figura lo guardò in ogni movimento e Tul nel mentre si sbottonò la camicia, ogni movimento era fluido, impaziente ed indifferente.
Non gli interessava chi ci fosse dietro quella maschera davanti a lui, gli interessava solo che i suoi bisogni venissero soddisfatti, si avvicinò di getto alla figura prendendogli il collo sbattendolo contro il muro.
La mano del signor Tul era stretta attorno a quell'esile pezzo di carne. Strinse un po' e disse lapidario.
<Voglio dolore. Dammi dolore. Ora.>
La figura fremette un po' per la richiesta. Quelle iridi scure lo fissavano, uno sguardo quasi pietoso, implorante forse preoccupato?
Khun Tul lo scosse e lo sbattè violentemente ancora contro il muro avvicinandosi al viso, stringendo ancora di più il giovane collo sentendo il respiro della persona mascherata venire meno facendosi più faticoso.
<MI HAI CAPITO? Dammi DOLORE>
Urlò quasi contro la figura. Voleva ciò che chiedeva e non avrebbe ricevuto un no come risposta, anche se avesse dovuto ridurre quel giovane corpo un colabrodo sfogando tutta la sua rabbia e la sua frustrazione. Sicuramente quel povero essere non avrebbe capito, lui non sarebbe stato capito come una volta, non avrebbe potuto condividere il suo dolore con qualun'altro, non avrebbe avuto quella persona a dirgli che avrebbe fatto suo quel dolore come se fosse stato il proprio, ma poteva sfogarsi. Ed era lì per farlo. Quela persona era lì per accontentarlo e far sì che lui riuscisse a punirsi.
La figura mascherata gli prese il polso allontanandogli la mano dal proprio collo ricominciando a respirare attraverso il tessuto della maschera, lo fissò rassegnato. O meglio questo era quello che Tul lesse nei suoi occhi: frustrazione, rassegnazione e tristezza.
Venne preso per i capelli tirato con violenza da quella figura che per quanto sconosciuta sembrava anche così familiare.
Lo spinse a terra con violenza, facendogli colpire con la schiena il bordo del letto in legno.
Tul non disse nulla, si morse il labbro per il dolore ed osservò bramoso quella figura quasi implorando di essere liberato dal mostro che sentiva di essere, che sentiva di avere dentro di se.
L'altro uomo, prese da un tavolo una benda nera e si avvicinò al suo padrone.
L'unica cosa che vide per ultimo Tul erano gli occhi lucidi di quello che avrebbe dovuto essere il suo carnefice, partorire una o più lacrime. Poi il nero.
Se Khun Tul voleva dolore, quel giovane uomo , quel servo, gliel'avrebbe dato.
★★★
< MHHHHGGG...MHG..GHHH>
Il dolore gli dette alla testa. Stava urlando ma a parte mugugni dalla sua bocca non usciva assolutamente nulla. Il suo corpo ormai era il campo di battaglia di una guerra contro se stesso.
Il suo carnefice lo stava frustando, ed il punto torturato al momento era il sedere di Khun Tul.
Era bloccato, le braccia tese legate con dei polsi di pelle fini che ad ogni movimento andavano a stringere ed a creare solchi.
Si trovò in posizione era a quattro zampe, le braccia tremanti, e caviglie erano anch'esse legate e bloccate. Totalmente rosse e piene di graffi e segni rossi . Bendato con una cinghia di pelle in bocca stretta e legata dietro la testa,non poteva emettere nessun suono se non quei mugugni sommessi. Non una lacrima solcava il suo viso.
Ma il dolore che sentiva oltre a lacerargli la pelle lo stava aiutando.
Lo aiutava ad accettarsi in quel momento, lo aiutava a non pensare a se stesso, a quanto si odiava, ancora, dopo tutti quegli anni. A quelle parole dette più volte che ormai gli erano entrate nel cervello come un'ipnosi, incise ormai dentro di lui e che continuavano a lacerargli dall'interno.
Se solo ci fosse ancora quella persona con lui..
Se solo.
SLAP.
Un colpo, più forte degli altri, i segni che ormai erano più che evidenti, rossi, la pelle lacerata in vari punti della schiena e sulle natiche, erano il segno che ormai andavano avanti da ore. Il canale di Tul era rosso e gonfio per la continua stimolazione di un dildo vibrante messo apposta per stimolargli la prostata e violarlo ripetutamente.
Come le pinze elettrostimolatrici attaccate ai capezzoli, che oltre a pizzicare rilasciavano delle piccole scariche con l'intento di dare un piacere misto a dolore.
La mente di Khun Tul , tornò a concentrarsi sul dolore atroce che stava provando, come riportato alla realtà.
Più si muoveva e più soffriva, più veniva stimolato e più il suo autocontrollo veniva meno, rilasciando così il suo seme sulle lenzuola, più dolore sentiva e meno pensava.
Il suo corpo non era abituato a subire così, ma lo aveva chiesto lui, anche a costo di svenire, anche a costo di non alzarsi da lì per un giorno.
SLAP. SLAP. SLAP.
Altre frustate vennero date ed altre urla vennero attutite dalla cinghia stretta alla bocca.
Tremò, le gambe tremarono, per il piacere misto ad enorme dolore, sentí i suoi capezzoli continuare ad essere stimolati, il suo canale continuar a venire violato, sentí quel punto ripetutamente toccato e lui che stava letteralmente impazzendo.
Mosse sia le gambe che le braccia.
Non c'è la faceva più, ma allo stesso tempo voleva di più. Il suo carnefice ora stufo buttò di lato la frusta ,non volendo più usarla.
Era preso dalla disperazione. Internamente si sentiva malissimo e stava andando contro la sua stessa natura.
Tirò per i capelli colui che portava il nome di Tul e gli sganciò la cinghia che bloccava quelle urla di dolore e di piacere mischiati.
Per la figura mascherata quelle erano solo una tortura. Non voleva sentirle, ma lo stava facendo per quell'unica persona che era sempre esistita per lui.
Una leggera bava scese appena l'uomo tolse la cintura dalla bocca di quella che era la sua vittima in quel momento.
Non aveva ancora finito, aveva solo iniziato, quella valigetta conteneva ancora qualche "giocattolo" da usare e lo avrebbe fatto.
Perché si, odiava vedere Khun Tul così.
Ma nonostante ciò, non poteva fare a meno di andare contro i suoi ordini, meglio per mano sua che di altri.
Inoltre voleva fargli provare ciò che aveva provato lui in passato.
Continui gemiti, stavolta di piacere, riempirono la stanza.
Non gli tolse la benda, ma lo slegò tutto, vedendo la figura cadere sul materasso ormai sporco di sperma, sudore e tutto sfatto.
<Ahhrg...GHHH...ah...ahhhh...mghhh..>
Tul si contorceva, ansimava, si lamentava, ma non una lacrima aveva fatto la sua comparsa sul suo volto.
Si morse le labbra un paio di volte per cercare di zittirsi ma invano.
La figura lo spostò di peso, gli tolse le pinze ai capezzoli ed il dildo.
Il respiro di Tul era pesante, la testa gli girava, sentí che avrebbe potuto svenire, non riuscì quindi ad opporre resistenza mentre quella figura sconosciuta lo girava supino, legandolo di nuovo.
Non era ancora finita. Un brivido freddo gli percorse la schiena, il non sapere cosa l'altra persona stava pensando di fare, non gli piaceva, non gli piaceva non avere il controllo, ma voleva continuare a sentire dolore perché ogni volta che la sua mente non era occupata a sopportare il dolore che sentiva , tornavano quei pensieri, tornava l'angoscia e tornavano i ricordi.
Sentì il proprio canale bruciare e si sentiva dolorante , sudato , sporco, ma non sporco per ciò che stava facendo, sporco perché si era sempre sentito così.
La figura finì di legare i polsi già abbastanza feriti con delle fredde manette, e la stessa cosa fece con i piedi, con due polsini legati da una catena con una certa lunghezza.
Gli allargò le gambe, per quanto gli permise la catena ,con l'intento di infierire ancora sul suo canale e su quell'apertura già rossa e gonfia.
Non era indifferente a tutto ciò. La figura aveva una protuberanza già abbastanza pronta dopo tutto quel tempo a sentire Tul patire e gemere allo stesso tempo.
Vederlo così, otre che farlo stare male quasi fino a piangere ed a flagellarsi lui stesso, lo eccitava molto.
Prese dalla valigetta altri tre strumenti, un divaricatore, un anello per pene ed un vibratore interno delle dimensioni piccole da inserire all'interno della fessura.
Mise addosso il tutto, il corpo di Tul giaceva nel letto, respirava affannoso,l'uomo era quasi sicuro che in quel momento stesse sentendo molto male. Lui ne sapeva qualcosa.
Accese il vibratore e la tortura riniziò.
<Ahh....AH..!>
Il corpo di Tul si contorse, per il piacere, per il dolore, perché il dilatatore continuava ad allargare , non vi era traccia di nessun lubrificante, la prostata veniva sollecitata da tempo ormai e lui stava impazzendo per colpa del kockring, che lo stringeva e non permetteva a lui di venire.
Muoveva le braccia, le gambe, cercava di fuggire, il suo corpo chiedeva pietà non ne poteva più ,ma più si muoveva e più il suo canale veniva torturato ancora ed ancora.
Le braccia formicolavano , ansimava, l'espressione era solo di dolore, si stava mostrando vulnerabile davanti al suo carnefice, quel carnefice che aveva cercato lui, ed i suoi pensieri andarono all'unica persona in grado di aiutarlo, lo realizzò nella sua mente.
Nonostante il dolore, il fastidio, il contorcersi ,i muscoli che si tendevano ad ogni suo movimento, spasmo , fitta, lui pensava a quella persona che un tempo gli era vicino.
La figura mascherata lo osservava. Osservava quel corpo così dolorante, torturato pieno di segni ovunque, incatenato a quel letto e bendato che continuava a gemere, urlare ed ansimare, non chiedere pietà nemmeno una volta.
Non ne poteva più non riusciva più a resistere, piangeva sotto quella maschera, anche lui intrappolato in un limbo atroce, tra la sofferenza e l'eccitamento, dove la sua temperatura continuava a salire rendendo il suo membro duro, ma continuando a disperarsi e lacerarsi dentro di se.
In automatico ,spinto dai suoi stessi desideri, forse chiusi sento di lui da una vita intera, si tolse la maschera di dosso, e si avvicinò a quel corpo così invitante.
Cominciò ha toccarlo a tirargli i capelli, a stuzzicargli i capezzoli ormai rossi e gonfi a causa del continuo essere sollecitati tempo prima, toccò quella pelle e cominciò a baciare, segnare, mordere e graffiare ogni singolo lembo di Tul. Del suo Khun Tul.
<Ahhh...agh...ah...ghh....mpf...AH!>
Tul si mosse ancora di più si morse il labbro inferiore, non voleva dare soddisfazione, non voleva urlare o chiedere pietà, ma il suo corpo ormai era al limite e lui voleva venire, voleva finirla, voleva il suo Hin...
In quel momento realizzò che l'unico sempre in grado di salvarlo da quei momenti, era solo lui. Quel pensiero si fece ancora più spazio dentro la sua mente, era in uno stato di trance ormai dato dall'enorme piacere e dolore che stava provando nello stesso istante ripetutamente ormai da troppo tempo, tanto da cominciare a perdere quel poco di lucidità e così, in quell'istante di profondo smarrimento,chiamò... chiamò quella persona..
<....ah...h....h....Hi...n...AH! Hin!>
Chiamò quel nome come a voler chiamare quella persona. Quelle montagne russe di emozioni a cui era sottoposto lo aveva fatto andare fuori di testa ,enorme pena e forte piacere mischiati assieme, gli fecero solo venire in mente i momenti condivisi con l'unica persona in grado di capirlo, sostenerlo, volerlo e sopportarlo per ciò che era. L'unico che aveva preso il dolore dal profondo del cuore facendolo suo, che lo aveva capito nel profondo del suo animo nero e pieno di odio, colui che gli voleva bene davvero. Solo ora lo capiva.
Solo in quei momenti. Solo essendo rimasto solo e lontano da lui, aveva compreso a pieno i suoi sentimenti.
La figura sentì quel richiamo. Si stupí, si fermò.
Il suo Khun Tul ,il suo padrone, l'unica persona importante per lui , lo aveva chiamato. Non poteva sapere che era lui, che lui era lì, ma lo chiamò.
La gioia lo invase. Forse il suo signorino aveva capito. Forse il suo cuore finalmente aveva accettato e capito.
Gli tolse la benda e disse timidamente
<S-si...Khun....khun Tul...?
Lo guardò con uno sguardo eccitato ma pieno di lacrime. Le guance erano tutte rigate di lacrime e bagnate.
Perché si, Tul non aveva versato una lacrima, ma lo stesso non si poteva dire del suo carnefice, che ad ogni tortura, ad ogni colpo,ad ogni graffio, ad ogni suo grido, sentí il cuore lacerarsi.
L'ennesima lacrima cadde sulla guancia del suo signore, mente da sopra liberava il suo membro dall'anello, e gli toglieva il divaricatore ed il vibratore dall'entrata. Non voleva più torturarlo. Lo aveva fatto abbastanza.
Era troppo, sia per lui che per il suo signore.
Tul sgranò gli occhi. Si perse in quelle iridi nere del suo Hin. Sentì la lacrima scendere sulla sua guancia, che ben presto si unì alla sua in una sola.
Era un sogno, un'allucinazione creata da se stesso ne era sicuro, non era possibile che fosse lì. Eppure sembrava così reale, il tono di voce che chiamava il suo nome così timidamente, quei occhi così sinceri ed innocenti, che guardavano solo lui e la sua anima che lo leggevano dentro,così...suoi.
Era lui.
Il suo Hin.
Colpito da un' enorme ondata di piacere avendo tolto due dei due dispositivi di controllo dell'orgasmo, Tul non c'è la fece più e venne copiosamente sul suo ventre fissando quel viso e quegli occhi,mentre respirava a fatica.
Ansimò, era stanco, totalmente esausto,ma ora che la sua ragione era lì con lui, che era tornato da lui, non voleva smettere. Era suo. E lo sarebbe stato per sempre.
Portò quindi le mani ammanettate dietro il suo collo tirandolo contro le sue labbra, ancora eccitato, ancora preso dall'ondata di piacere provata e divorò le labbra dell'altro.
Gli erano mancate, schiuse le labbra di Hin con la sua lingua , gliele morse violentemente, sentendo Hin gemere forte ed aprire di più quello spiraglio che portava all'interno della sua cavità. Se ne impadronì, le loro lingue si unirono, s'intrecciarono, per poi lasciarsi e ritrovarsi in una continua danza, i loro respiri divennero uno solo, Hin lo strinse a sé portando una mano dietro la nuca tirando i capelli di Tul , spingendo per avere più contatto con lui, ne voleva di più, le lacrime ancora scendevano,ma ora si sentivano solo schiocchi di labbra, di lingue , lunghi sospiri e gemiti di piacere, quasi di amore.
Si staccarono guardandosi negli occhi, entrambi ancora eccitati, entrambi disperati , disperati di aversi di nuovo, con i cuori a battere furiosi dentro il petto e i respiri che si univano assieme.
< ...entra Hin. Entra dentro di me...>
Disse Tul guardandolo negli occhi stringendo il collo del suo servo con le catene di quelle fredde manette
< ...sii il mio dolore, sii tu la lama pronta a lacerarmi, liberami da tutto questo.... Dammi te stesso, fammi sentire come se fossi davvero ancora vivo... e' un'ordine...>
Hin respirava in maniera affannosa, le lacrime che si erano giusto fermate poco prima ripresero a scendere sentendo la richiesta del suo padrone.
Non voleva, eppure ,non voleva nemmeno disubbidire al suo ordine.
Lui che non lo aveva mai lasciato, lui che non lo aveva mai abbandonato, ne quando era andato all'estero ne quando era tornato senza dire niente. Lo aveva inseguito, da lontano, sempre dietro le quinte, tenendolo d'occhio, ecco perché ora era lì. Aveva visto come alle volte si faceva del male e non sopportava più l'idea, ecco perché quel giorno, dopo averlo seguito parecchie volte era lì.
Sapeva che giorno fosse, sapeva che il suo Khun Tul avrebbe sofferto. Perché lui sapeva tutto, lui si ricordava tutto.
Se voleva dolore gliel'avrebbe dato lui, ma era stato difficile, stava soffrendo e Tul voleva che soffrisse ancora, ma se questo era ciò che voleva il suo Khun Tul, se questo era il suo desiderio, allora così sarebbe stato.
< H.. Hin farà del suo meglio per il suo Khun Tul ... Tutto ciò che vuole...>
Pianse e si morse le labbra mentre si liberò dalla stretta del signorino che lo guardava appannato e soddisfatto della sua risposta.
Si mise a cavalcioni li di lui, quella posizione lo rendeva ubriaco di piacere, non era la sua posizione eppure dentro di lui l'impulso di fare, di avere il permesso di unirsi al suo padrone lo rendeva, felice e caldo.
Intinse due dita raccogliendo dello sperma sull'addome del suo padrone, e portò quelle dita attorno alla sua fessura, cominciando a bagnare, entrare ed uscire con movimenti circolari da quel canale ormai così rosso e gonfio quanto abbastanza largo.
Sentì i gemiti di Khun Tul uscire dalle sue labbra, e lo vide reclinare la testa indietro chiudendo gli occhi, era suo in quel momento.
Hin si morse il labbro violentemente tanto da fare uscire un po' di sangue.
Vedere così il suo padrone lo stava eccitando oltre ogni dire.
Continuò a spingere all'interno della fessura, aggiungendo un terzo ed un quarto dito.
L'altra mano andò a raccogliere di nuovo dello sperma sull'addome, per poi depositarlo dentro la bocca schiusa del suo padrone, che schiuse di colpo le labbra attorno alle dita di Hin mordendole con forza e leccandole.
Una scarica di piacere lo colpì. Perse totalmente il controllo di se stesso. Prese ad infilare senza sosta le dita con forza in entrambe le fessure umide, vide il membro del padrone diventare di nuovo duro, ed il suo, che continuava a pulsare da dentro i pantaloni di pelle stretti.
Sentiva Tul sia gemere che avere i conati di vomito a causa delle sue dita spinte dentro la sua bocca in maniera prepotente.
Uscì di sennò.
Tolse entrambe le mani, si slacciò i pantaloni e fece uscire la sua eccitazione, ormai durissima, fuori, massaggiandosela un po'.
Si alzò sulle ginocchia e prese la testa del padrone portandola contro la sua intimità.
Con violenza glielo infilò in bocca cominciando a muoversi tenedondolo per i capelli.
Era come posseduto, come se volesse far provare il dolore che aveva provato lui al suo stesso padrone e provare lui stesso quel brivido di piacere per quella posizione nuova in cui si trovava.
Non solo il dolore fisico, ma soprattutto quello provato nel vederlo sposarsi ed avere una famiglia.
Le spinte si fecero sempre più forti.
< MHG...mhhh...anf....mgh...GHHH>
I versi di Tul erano di qualcuno che succhiava ma che non riusciva a respirare più di tanto, Hin lo guardò continuando a gemere nel sentire il suo membro dentro quella bocca.
Gli piaceva vedere mentre entrava ed usciva, e gli piaceva vedere che il suo padrone anche da sottomesso rimaneva sempre il suo padrone, perché non si lamentava e non una lacrima scendeva dai suoi occhi, anzi ogni tanto sentiva i suoi denti stringere e farsi sentire attorno alla sua intimità.
Ma Hin ne godeva solo.
Lo staccò violentemente sempre tirandogli la testa dai capelli, quei meravigliosi capelli color marrone chiaro,e lo spinse giù nel letto.
Erano entrambi rossi,eccitati e si osservavano.
Impaziente Tul ordinò
<PRENDIMI>
Hin lo rigiró subito, mettendolo a quattro zampe davanti a se, Tul si aggrappò alla spalliera del letto come poteva poiché ancora ammanettato,e senza tanti giri di parole, Hin portò le mani alle natiche del suo signore ,le allargò per bene e lo penetrò con forza.
Urlarono all'unisono, uno per l'enorme piacere nell' entrare dentro la cavità del suo padrone, stretta e calda, e l'altro per il dolore forte che provava in quel momento essendo la prima volta che lo prendeva.
Strinse le sbarre della spalliera, ansimando e gemendo. Gocce di sudore scendevano dalla sua fronte, si sentiva violato, sentiva dolore, ma quel dolore glielo stava dando l'unica persona che poteva farlo e l'unica persona che lo poteva fare per lui.
Lo senti muoversi in maniera confusionaria, preso totalmente dal piacere che , lui lo sapeva, stava provando.
I loro corpi si univano e si allontanavano dandosi colpi sempre piú forti e nella stanza ormai si sentivano solo i loro gemiti e il rumore dei colpi che Hin infieriva a Tul con forza.
Tul cominciò a sentire il piacere salire quando, in maniera casuale ogni tanto Hin beccava e colpiva il quel punto specifico, ed i gemiti si fecero via via più forti.
Hin artigliò bene i fianchi di Tul lasciando dei segni evidenti, spingendo sempre con più potenza, sentendosi così avvolto da quella carne calda ,tanto da non voler più uscire.
Era impazzito, doveva dare dolore al suo signore ma sperava anche di dargli piacere.
Tul non ce la fece più, tra un gemito e l'altro, stava provando un'immeso piacere e tra l'essere così stuzzicato in quel punto preciso e la stanchezza ,alla fine, tutto quello lo portò di nuovo all'apice, ma stavolta un'apice più soddisfacente.
Gemette forte rilasciando così il suo seme di nuovo sulle lenzuola ormai sudice del suo sperma, urlando e stringendo la spalliera con entrambe le mani.
Hin venne subito dopo dentro di lui sentendosi stringere così forte, gemendo forte anche lui.
Il corpo di Tul cadde giù a peso morto sopra il letto. Ansimante, completamente stravolto e per la prima volta nella sua vita...si sentiva leggero, si sentiva felice...
Hin lo seguì a ruota e si mise di fianco a lui.
Non osava toccarlo perché non sapeva se gli avrebbe fatto piacere, finché un Tul stanco, nudo ed ancora ammanettato si girò verso di lui circondandolo dall'alto come prima a causa delle manette che imprigionavano ancora le sue mani,portò Hin verso di sé ,in quello che sembrava essere un abbraccio.
< Non puoi più lasciarmi. Dopo oggi ,non devi più farlo >
Si, Tul aveva capito che l'unica persona preziosa per lui era Hin.
Non poteva andare via
Non poteva lasciarlo
Non poteva morire
Non poteva che stare con lui per sempre.
<... Si Khun Tul... Hin starà sempre con Khun Tul..>
FINE.
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BrEaTH (FF)
FanfictionQuesta e' un'opera di pura fantasia scritta da me, una fan fiction o meglio dire , forse, una One shot sulla novel Breath. Si tratta di un reverse tra i due protagonisti Tul ed Hin, scritto da me, con tematiche sadomaso, che la storia mi ha inspira...