Al mio risveglio perdo poco tempo a contemplare la stanza e ad attendere che la luce solare mi colpisca le guance, tuttavia noto di essermi svegliata con un certo anticipo. L'orologio finemente decorato appeso accanto allo specchio segna le 7:42.
Appena scosto le coperte, mi accorgo che la camera è avvolta in un freddo insolito e, dopo essermi guardata intorno con le braccia strette attorno alla vita, noto che una delle tre finestre è spalancata.
Devo averla chiusa male ieri notte.
Mi avvicino con noncuranza ma, prima di girare la maniglia, inizio a contemplare il cielo, oggi particolarmente grigio e nuvoloso.
Dopo pochi istanti il suono di alcune voci cattura la mia attenzione, facendomi scivolare lo sguardo verso il prato che si staglia a diversi metri sotto di me.
Non senza essere colta di sorpresa, individuo la figura snella dai capelli biondi chiarissimi di Brooke, intenta a studiare su un tavolino. Ha lo sguardo fisso sui libri e, dalla sua espressione calcolatrice e contorta, immagino che stia facendo matematica.
Ma ciò che mi stupisce ancora di più è lo scorgere William e Benjamin vicini al muro dell'edificio mentre chiacchierano pacatamente tra loro. Non li ho mai visti uscire prima di sera (chissà per quale assurda ragione, magari ce l'hanno tutti col sole...), tantomeno conversare proprio sotto la mia finestra.
Le loro parole sono troppo sussurrate perché io possa capire cosa stiano dicendo ma mi sporgo comunque, colta da una curiosità ardente.
Non so perché ma da quando sono qui il mio desiderio di conoscenza si è tramutato in una vera e propria sete di verità. Questa famiglia mi sta nascondendo qualcosa... qualcosa di importante, e voglio saperlo. Qualcuno prima o poi cederà e se non sarà Benjamin, sarà Victor, se non sarà Victor... beh, non so se mi conviene provare a estorcere qualsiasi cosa proprio da Nathan.
Sobbalzo violentemente sentendo qualcuno bussare alla porta, mi schiarisco la voce e invito ad entrare lo sconosciuto, convinta che sia Julie.
Ma come se avessi invocato il diavolo, mi appare davanti l'ultima persona che avrei voluto vedere in quel momento:
Nathan.
La sua voce fredda e tagliente non fa che diminuire ulteriormente la temperatura della stanza che però torna presto a rialzarsi non appena mi accorgo di indossare la mia vestaglia da notte blu navy di seta che arriva a malapena a metà coscia, lascia le braccia scoperte e ha i bottoni nel piccolo scollo completamente aperti.
Per un brevissimo, quasi impercettibile attimo, il suo sguardo ispeziona la mia figura mentre viene attraversato da un'espressione di curiosità... umana. Beh, sì, umana perché nel suo carattere spietato, nel suo fascino innaturale e nei suoi occhi enigmatici c'è poco di "umano".
Lo lascio parlare per primo pur di non mettermi a balbettare davanti a lui per l'imbarazzo. Non mi sfugge il fatto che, prima di aprire bocca, sposti forzatamente lo sguardo lontano da me.
"Bene, sei sveglia. Vestiti e prendi lo zaino, Brooke e gli altri ti stanno aspettando fuori."
"Per?"
"Scendi e lo vedrai da te."
Senza ulteriori spiegazioni esce e si chiude la porta alle spalle.
Simpatico come sempre.
Preferisco non lamentarmi, ho ancora quindici ore per godermi appieno i suoi modi cordiali e i suoi discorsi premurosi.
Mi vesto velocemente, prendo lo zaino e esco dalla stanza. Scendo velocemente le scale e mi dirigo fuori in giardino. La monocromia del paesaggio mi strappa via quel lieve sorriso che ero riuscita a mettere su ma fortunatamente Benjamin arriva in soccorso alla mia felicità.
"Buongiorno Elizabeth."
Mi saluta, affiancandomi e sorridendomi timidamente.
"Buongiorno a te, Benjamin."
"Vieni, abbiamo pensato che sarebbe stato divertente studiare insieme fuori, inoltre Brooke non vede l'ora di conoscerti da quando è arrivata a casa nostra."
La sua ultima affermazione mi lascia un po' spiazzata.
Punto uno: Brooke è rimasta a dormire qui?! Spero bene in una stanza da sola perché se non è così...
Forse dovrei farmi gli affari miei...
Punto due: Perché una come Brooke dovrebbe voler conoscere una come me? Siamo due facce opposte della medaglia e sinceramente non ci tengo a sentirmi dire che sono una ragazza fuori dal comune con strane idee in testa per l'ennesima volta.
Metto da parte i miei pregiudizi e cammino insieme a Benjamin verso un tavolino da giardino circolare riempito di libri con attorno Brooke e altre due sedie vuote.
La ragazza si alza velocemente, facendo cadere un paio di penne, si aggiusta gli occhiali e mi mostra la sua minuscola mano aperta.
"Ciao, io mi chiamo Brooke."
Dopo un attimo di esitazione le stringo la mano.
"Elizabeth, piacere di conoscerti."
"Ho sentito che sei brava in matematica... e in letteratura... e credo in tutto il resto."
Dice, mettendosi nuovamente a sedere e raccattando le penne da terra mentre Benjamin e io ci sediamo sulle sedie rimanenti.
"Beh, ci tengo ai voti quindi... sì."
"Grande! Allora quest'anno non sarò l'unica a essere considerata fuori di testa..."
Io la guardo con un'espressione evidentemente un po' sorpresa, costringendola a rimangiarsi subito le parole.
"... non che tu sia fuori di testa, sei perfettamente normale- cioè, normale nel senso psichiatricamente normale poi, insomma, non è che tu sia completamente normale in fatto di conoscenza- CIOÈ- era un complimento, ovvio..."
Rimango ad ascoltarla, lasciando che le parole mi entrino da un orecchio e mi escano dall'altro mentre continua imperterrita il suo monologo in un vano tentativo di mettere su un discorso sensato.
Questa ragazza è completamente fuori di testa e un po' troppo frivola ma in qualche modo mi affascina... mi affascina il suo imbarazzo, la sua timidezza, la sua invidiabile capacità di chiacchierare per ore senza essere interrotta non facendo mai pause. Lei è tutto ciò che io mi sono imposta di non essere, eppure sembra una ragazza... simpatica.
A mettere fine al suo interminabile monologo è Benjamin che, con parole dolci ma allo stesso tempo determinate, la spinge a farmi vedere il problema che la stava tormentando.
E così succede.
Per la prima volta mi ritrovo con due amici a studiare insieme su un tavolino davanti a casa mia. I pensieri, i dubbi e le insicurezze scivolano via a ogni esercizio mentre mi dimostro sempre più attiva ed esplicita.
A un certo punto mi sorprendo perfino a ridere con Benjamin vedendo Brooke starnutire e mettersi ad afferrare tutti i fogli degli appunti che il una folata improvvisa di vento aveva fatto volare.
Appena si rimette a sedere, appoggia i fogli scarabocchiati sul tavolo ed espira per la fatica ma pochi attimi dopo un'altra folata di vento manda all'aria (letteralmente) tutto il suo duro lavoro. Lei in tutta risposta emette un piccolo urlo stridulo di frustrazione così io e Benjamin decidiamo di aiutarla tra le risate implacabili.