Europa, la luna che brilla

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4.

Il comandate Nethus diede ordine ai suoi uomini di prepararsi. Quel lungo anno infernale era finito. Era stato un anno difficile, diverso - chiaramente - e ricco anche di insidie. Gli esseri umani non erano più abituati a viaggiare nello spazio. Non viaggi così lunghi, almeno. L'ultimo millennio lo dedicarono esclusivamente al proprio satellite che era la loro nuova casa: Encelado. Quando invece avevano iniziato ad esplorare gli altri satelliti attornianti, mandarono il più delle volte delle navicelle robot, oppure dei droni giganti. Non aveva senso spedire uomini su altre lune, era troppo dispendioso, oltre che uno spreco di energia, di tempo e di forza lavoro. I pochi scienziati buoni che avevano dovevano sfruttarli nel migliore dei modi. Ottimizzare i tempi, fare ricerche veloci e approfondite, utilizzare tutta la tecnologia disponibile. Questa era la politica di lavoro. Non c'erano più risorse per prendersela comoda o superare dei record. I tempi della Terra erano finiti ormai. Erano rimasti solo pochi vecchi documenti cartacei e ammuffiti.

<Pronti al conto alla rovescia> disse il comandante Nethus.

<Conto alla rovescia attivato! Manovra di atterraggio manuale innescata. Siamo pronti a scendere, signori> disse il pilota Roges.

Un'altra decina di addetti ai controlli smanettavano sui comandi e, tramite auricolari, si comunicavano tra loro informazioni e dati relativi al pianeta e all'atmosfera. In base alla distanza e alla consistenza dell'atmosfera terrestre bisognava effettuare determinate manovre, come ad esempio il distacco della scialuppa spaziale dall'astronave principale. Per riuscire a posizionarsi nel punto giusto ci vollero ventitré minuti circa. Non appena la ARCATURNO lo raggiunse e vi stazionò, gli addetti al pilotaggio fecero partire il conto alla rovescia per far scendere la navicella più piccola, quella che avrebbe condotto i primi enceladesi sulla Terra. Non tutti ebbero la fortuna e il privilegio di atterrare. Alcuni dovettero rimanere in orbita per ovvie motivazioni di sicurezza o per la coordinazione e le comunicazioni radar.

Il comandante e i suoi uomini scelti si allacciarono le cinture. Fu difficile tenere a freno il narcisismo del signor Nethus, che probabilmente sarebbe stato più saggio se fosse rimasto in alto, per eventuali pericoli o per la necessità di prendere decisioni veloci, manovrare a distanza la spedizioni. Ma volle scendere lo stesso e non fu possibile contraddirlo. Fino a prova contraria era lui a comando di questa operazione. Dunque questa fu la squadra selezionata per la prima storica discesa.

Ecco che giunse lo zero. La scialuppa si divise dall'ARCATURNO per la prima volta dopo un anno, i lontani (ma non troppo) tempi in cui ancora si effettuavano le prove e questo viaggio incredibile era soltanto un progetto in attesa di approvazione. Quando poi venne accettato, si fecero una serie di manutenzioni e ulteriori ritocchi per evitare spiacevoli evenienze. D'altro canto erano mille anni che un'astronave non attraversava quasi tutto il sistema solare. Si attese inoltre che Saturno fosse in una posizione orbitale adatta per la spinta gravitazionale, senza dover effettuare troppe deviazioni in vicinanza di altre rotte planetarie. Bene o male il brevetto dell'ARCATURNO combaciò col "periodo ideale", quel lasso di tempo durante la rivoluzione di Saturno in cui si doveva effettuare il lancio, e quel viaggio così tanto criticato e oggetto di discussioni tra gli abitanti di Encelado ebbe dunque inizio.

Negli ultimi mesi non si era discusso d'altro. I notiziari enceladesi parlavano quasi solo di questo progetto spaziale. Ci furono centinaia di interviste a progettisti e ingegneri, così come centinaia di manifestazioni degli oppositori. Nei momenti in cui si credeva andasse tutto a rotoli, invece: altrettante manifestazioni a favore, quelle che provocarono scontri tra idealisti e il caos nelle strade. Quando poi le acque si calmarono, parlare male o bene del "progetto Terra" - così venne denominato dal popolo - divenne una moda. Sembravano classici diverbi sportivi fra tifoserie di squadre rivali. Ma tanto non serviva a niente, i lavori erano iniziati, la nave sarebbe decollata...

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<Siamo tornati, mamma> disse Roges, mentre indirizzava l'astronave verso la ionosfera. Roges era un giovane promettente. Sull'ARCATURNO ebbe l'opportunità di crescere molto, professionalmente e anche come persona. Si vociferava che fosse un raccomandato, dato che i genitori erano noti esploratori spaziali, divenuti famosi e ricchi soprattutto dopo la terra-formazione di Titano. Grandi momenti... Tali voci vennero comunque confutate e lui si fece valere mettendo in gioco le sue abilità, per quanto fosse successivamente diventato l'ombra di Nethus. Da metà viaggio in poi, circa, l'equipaggio iniziò a vederlo un po' come il cagnolino del comandante. In effetti svolgeva attività importanti e, anche se il grado non spettava a lui, era come se fosse un secondo vice.

I colleghi comunque sorrisero alla sua affermazione e si prepararono all'impatto. La tecnologia ormai era all'avanguardia e non ci furono scossoni, nonostante sulla Terra soffiassero venti forti quasi come su Encelado, specie attraverso la stratosfera. Un problema potevano essere le precipitazioni, ma ormai lo scudo magnetico della nave sapeva bucare anche dei tornado. I dati dei droni o dei satelliti strategicamente posizionati intorno al pianeta aiutavano a segnalare eventuali anomalie nel clima terrestre. D'altronde era passato un millennio, le cose potevano essere cambiate. Le vecchie radiazioni della Guerra Finale, sempre a livello teorico, dovevano aver mutato diverse cose là sotto...

Ci furono lunghi secondi di suspence, seguiti poi da un silenzio tombale...

<Si può sapere che cosa diavolo è successo?!> sbraitò il comandante.

<Abbiamo perso un pezzo> disse Roges a bassa voce, rauco e quasi a sé stesso, più che in risposta al suo superiore.

Qualcun altro provò a fare delle verifiche e a cercare giustificazioni plausibili, fatto sta che una delle due capsule di sicurezza si era staccata in volo, rischiando di intralciare pericolosamente l'atterraggio della scialuppa. Ora quest'ultima si trovava sospesa in aria poco al di sotto di un mucchio di nuvole, a meno di un migliaio di chilometri dai monti più alti di quella zona scelta per l'atterraggio. La capsula però non si sapeva dove fosse finita. Le risposte erano due: o c'era stato un guasto al radar di bordo, eventualità già smentita visto che le apparecchiature radiofoniche funzionavano, oppure qualcuno l'aveva pilotata di proposito.

Seguì un silenzio agghiacciante, ricco di tensione rispetto al silenzio precedente, che non era altro che il frutto di un atterraggio perfetto, nonostante l'incidente.

<Un incidente voluto però!> strillò Nethus, quasi stridulando. Quando si arrabbiava diventava tutto rosso. <Chi è che ha osato fare una cosa del genere? Voglio subito i loro nomi!>.

<Pare siano stati due giovani, un ragazzo registrato come Kaplum Rais, del reparto elettronico, e una ragazza della stessa età appartenente all'equipe medica> rispose un addetto.

<Come si chiama?> domandò incredula la dottoressa Streyn.

<Ehm... Clanha Staz>.

<Clanha Staz? Dici sul serio?>.

<Sì...> con un lieve accento interrogativo.

<Mi dite chi cavolo sono questi due? Non me li ricordo nella lista del personale chiave!> abbaiò Nethus.
<Certo, perché non c'erano...> intervenne Roges, sempre a tono basso e rauco.

Tutti si voltarono verso di lui. <Che vuoi dire?> gli chiese il comandante.

<Che sono due impostori, come può confermarle la dottoressa Streyn> e guardò verso di lei, indicandola con un gesto elegante della mano, che quasi non gli apparteneva.

Ora le attenzioni si spostarono su di lei. La dottoressa, una bella donna di mezza età, severa e rigida esteriormente, ma più morbida ed empatica nell'interiore, senza troppi indugi, spiegò: <L'unica Clanha Staz che conosco è un'infermiera dell'Ospedale Centrale della capitale di Encelado... O meglio, era, perché è defunta due settimane prima che l'Arcaturno partisse!>.

RITORNODove le storie prendono vita. Scoprilo ora