1 L'imperatore

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I destini dell'uomo sono come fiumi, alcuni scorrono veloci, senza incertezza, lungo facili percorsi. Altri passano attraverso mille difficoltà ma arrivano ugualmente al mare. La meta finale è per tutti la stessa.

ROMANO BATTAGLIA, Il fiume della vita



Lo avevano dato per morto, ma lui non si era mai sentito più vivo. 

Non era più un endar, ma un uomo in pieno possesso della propria identità, della propria memoria e della propria volontà.

Evander atterrò con la navetta nella pista di atterraggio degli shuttle e, passando per le Strade Nere, si diresse verso la corte. Tutti gli endar che incontrò al suo passaggio lo guardarono con occhi pieni di sgomento: non credevano a ciò che vedevano. Fu quella anche l'espressione con cui il capitano degli endar, End Yvnhal, lo guardò arrivare di fronte a lui, ferito, ma vivo. Negli occhi di Yvnhal, tuttavia, c'era dell'altro: una felicità che non aveva il coraggio di esternare.

IlRagno era felice di vederlo tornare sano e salvo, e non dubitò neppure un istante che Zadok fosse stato in grado di fuggire alla prigione ribelle con le sue sole forze, pur ferito e debole. Il reggente Vlastamir, invece, non fu così ben disposto a credere in quella fuga miracolosa. Prese Yvnhal in disparte e gli parlò in toni accesi per una buona mezz'ora. Ma Evander, pur non riuscendo a sentire una sola parola,comprese che l'endar aveva tenuto duro, difendendolo apertamente e senza indugio, senza la minima riserva. Yvnhal aveva cieca fiducia in lui e la trasmise anche al reggente, che alla fine dovette cedere.

Evander aveva atteso con ansia che finissero quel colloquio alle sue spalle,ma, quando lo raggiunsero, si mostrò soltanto debole ed affaticato.Finse di non aver per nulla compreso ciò che si erano detti.

Vlastamir gli si rivolse in modo freddo e scortese, e fu proprio questo a convincerlo che non aveva nulla da temere: «End Zadok, siamo felici di rivedere il futuro successore di Yvnhal di nuovo tra noi. Quando vi sarete ripreso, venite da me. Voglio conoscere tutto ciò che avete visto e sentito mentre eravate ostaggio dei ribelli».

Yvnhal si intromise: «Sire, più che un ostaggio, era un prigioniero. I ribelli volevano ucciderlo, quando hanno saputo che voi avete rifiutato lo scambio».

«Ciò non toglie, tuttavia, che anche da prigioniero qualcosa dovrà pur aver visto e sentito, giusto?» disse Vlastamir, rivolgendosi direttamente a lui.

«Non quanto avrei sperato, sire. So soltanto che vostro fratello è uno di loro». Evander sapeva di non dirgli più di quanto già non sapesse.

«Nient'altro?».

«Hanno discusso molto su come riuscire a sottrarvi l'imperatore padre. Sono convinti che voi lo teniate in una prigione e che lo stiate avvelenando».

Vlastamir alzò le spalle: «Non si sbagliano poi di molto. Soltanto, siete voi, non io, a portargli il veleno».

Con questo, Vlastamir se ne andò.

Evander rimase immobilizzato e muto. Non sapeva che cosa pensare: Vlastamir non si era neppure dato la pena di fingere... Perché?

Yvnhal lo guardò ed intuì il suo disagio. Gli mise una mano sulla spalla,in un gesto che avrebbe dovuto essere rassicurante e gli disse: «Zadok, mi dispiace che siate venuto a saperlo così. É una triste faccenda, ma né io né il reggente possiamo farci nulla.L'imperatore padre non riesce più a sostenere il dolore, la malattia... Non sopporta di vivere così, e capisce di non poter più essere d'aiuto al popolo. Come dargli torto...? Povero vecchio, ha sofferto così tanto nella sua vita, ed ora non possiamo biasimarlo per il suo desiderio di suicidarsi. Il reggente Vlastamir ha cercato di insistere, ma non ci è riuscito: l'imperatore padre gli ha fatto giurare che non si opporrà alle sue ultime volontà. Soltanto, la principessa Zora e il principe Adalwin non sono a conoscenza di questa decisione del loro povero padre e credono che Vlastamir lo stia avvelenando per salire al più presto sul trono, come se non sapessero che il reggente è già a tutti gli effetti ormai un vero imperatore e non ha alcun desiderio di essere incoronato ufficialmente. Purtroppo, L'imperatore padre gli ha fatto promettere di non dirlo a nessuno, neppure ai suoi fratelli... E così, questa è la situazione. Una brutta situazione. L'unica persona al corrente di questo oltre a noi è il medico endar Mida: egli si è sempre occupato del vecchio imperatore, in tutti i suoi quindici anni di malattia. Gli ha preparato personalmente la medicina che lo ha tenuto in vita. Ma, ora, gli è stato ordinato di preparare un veleno, che permetta all'imperatore di vivere ancora uno o due mesi, giusto il tempo per presenziare al matrimonio tra la principessa Jayden e suo figlio. Mida si è piegato al volere dell'imperatore padre: ha compreso il suo tormento e non si è posto domande. Voi farete lo stesso, vero, Zadok?».

Evander rispose prontamente, ma fingendosi molto addolorato: non poteva rischiare che gli sottraessero l'incarico di portare il veleno all'imperatore padre. «Capisco, capitano. Anche io sono rimasto molto dispiaciuto nel vedere l'imperatore in così tristi condizioni di salute. Nessun uomo potrebbe desiderare di vivere così. Ed io non augurerei la sua sorte a nessuno. Ma sono felice di aver saputo come stanno veramente le cose: preferisco essere al corrente di questa decisione dell'imperatore che, per quanto mi dispiaccia, condivido pienamente. Mi sarei rattristato molto di più nel vederlo morire senza conoscere questo suo desiderio».

Yvnhal annuì. Evander lesse nei suoi occhi uno strano orgoglio. Un orgoglio paterno,avrebbe detto.

Quella sera, dopo quasi una settimana di assenza, finalmente Evander poté tornare da suo padre. Quando entrò, lo vide ancora più deperito e debole di quando lo aveva lasciato l'ultima volta. Rattristato da quella vista, si avvicinò e lo svegliò mettendogli una mano sulla spalla.

L'imperatore si scosse spaventato. Aprì gli occhi spalancati e non riuscì a mettere ben a fuoco il suo volto. Li socchiuse e disse: «Chi siete? Non siete End Thus?».

Evander capì che in quella settimana End Thus aveva preso il suo posto.

«No,sire. Sono io, Zadok» disse Evander sottovoce.

Un sorriso si aprì timidamente sul volto del vecchio imperatore, ma si spense subito: «É un'allucinazione, forse?».

«No,è la realtà. Sono io» disse ancora Evander, con una morsa al cuore: vederlo di nuovo indebolito gli provocava una gran tristezza.

«Siete davvero voi, Zadok?» disse allora l'imperatore, sempre aguzzando gli occhi. «Non vedo molto bene...».

«Sono io, sire» disse Evander con un profondo dolore.

«Ho creduto che vi avessero ucciso... Siete stato via per cinque giorni».

«No,non mi hanno ucciso» lo rassicurò Evander.

«Perdonatemi se sono stato via così a lungo: ma ora sono tornato e porterò a termine quanto vi ho giurato cinque giorni fa».

«Dunque non vi hanno scoperto? Avete ancora la loro fiducia?».

«Più di prima, sire. Mi è stato addirittura rivelato che il contenuto del vostro bicchiere è veleno».

«Allorali abbiamo in pugno» mormorò con fatica l'imperatore, cercando dimettersi a sedere.

Evander mormorò: «Non vi affaticate per me, vi prego!».

«E per chi altri dovrei affaticarmi, ragazzo? Chi più di voi merita lamia gratitudine?».

«Sire,dovreste riposare... Siete molto debole. Parleremo quando vi sarete ripreso. Vi ho portato dell'acqua».

Evander gliela porse e l'imperatore la bevve avidamente. Il veleno gli procurava sete ed arsura.

«Grazie, Zadok. Grazie» disse. Ma, dopo qualche istante, Zadok comprese che l'imperatore si era di nuovo addormentato.

Lo lasciò riposare e riportò il vassoio pieno agli endar di guardia fuori dalla porta della torre ovest.

Uno di questi, vedendolo tornare con il vassoio pieno, gli disse:

«Capitano Zadok, sapete che dovrò fare rapporto al capitano Yvnhal, su questo vassoio, non è vero?».

«Ed é proprio quello che mi auguro, endar: seguite al meglio la vostra consegna. Fategli rapporto e ditegli che l'imperatore padre sta perdendo il suo appetito e non riesce quasi più a rimanere sveglio».

L'endar annuì: «Sì, capitano».


Evander gli lasciò il vassoio, e se ne andò.

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