Capitolo 24 - NonTiScordarDiMe (1 parte)

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Sapevo di essere a letto. Ne sentivo il materasso sotto alla schiena e le coperte che riscaldavano il mio corpo a momenti bruciante.

Ma avvertivo anche di non essere sola. La pezzuola che avevo in fronte veniva cambiata costantemente con tocco gentile e delicato.

Avrei voluto ringraziare di quella gentilezza ma le mie labbra non si mossero. Non avevo alcun controllo sul mio corpo.

Non avrei potuto dire nemmeno se fosse giorno o notte.

Era come vivere in un sogno che di sogno però non aveva nulla.

Mi sembrò poi, ad un certo momento, che il tocco mutasse: quella mano che mi sfiorava il viso e accarezzava i capelli era sicuramente più grande e ruvida.

Quando finalmente riaprii gli occhi notai un uomo di spalle. Era chino sul tavolo dove setacciava alcune spezie con il mortaio e qualcosa nella sua postura mi disse che era abituato a stare molto tempo chinato.

«Meno male! Vi siete svegliata, milady!» mi salutò, rimanendo voltato cosicché non lo riconobbi subito.

Ad un'occhiata più attenta notai come fosse di costituzione robusta e altezza media, i capelli lunghi, legati in un codino, dovevano essere stati lavati di recente. Sembrava un dottore o un farmacista con quel grembiule bianco legato in vita.

Poi si voltò e venne a cambiare la pezzuola sulla mia fronte.

«Siete ancora un po' accaldata. Come vi sentite?» chiese Percy, con tono gentile.

La luce fioca che penetrava dalle imposte parzialmente chiuse e il profumo pressante mi stordirono, e la testa iniziò a pulsare dolorosamente.

«Confusa. Ditemi...che cosa è successo?»

«Siete svenuta, milady. Vi ho vegliato per cinque giorni».

«Cinque giorni?» chiesi, sbalordita. Impossibile. «Ma come...?»

Non riuscivo a ricordare granché del momento in cui mi sentii male.

«Io...io...» balbettò il giardiniere, «...devo chiedervi perdono, lady Amelie. La colpa è mia».

«Vostra?»

«Sì, milady. Non posso più tacere. Devo togliermi questo peso dallo stomaco».

Mi tirai a sedere. Non fu una buona idea perché la stanza iniziò a girare e temetti di perdere i sensi nuovamente.

«Quella donna...»

«Quale d-donna?» balbettai, reggendomi la testa.

«Florence. Mi ha reso un disonesto. Vi ho dato io la tintura di belladonna»

«No, non è possibile. Non ho bevuto o mangiato alcunché ieri pomeriggio».

«Il vostro ago, milady»

Non poteva....o forse sì? Il mio set da cucito era effettivamente sparito per un paio di giorni sebbene fossi convinta di averlo messo nel bagaglio.

Cercai di rammentare cosa stessi facendo prima del mio malessere e, come circondato da una nebbiolina, ricordai che stavo cucendo insieme a lady Dowen e mia madre quando mi punsi un dito. Mi tornarono alla mente anche quei fastidi che, ora come ora, mi sembrarono troppo strani per derivare da una semplice puntura.

«Perchè?» chiesi semplicemente.

«Florence mi ha convinto fosse la cosa più giusta da fare. Vi chiedo perdono».

Poi continuò: «Ero contrario fin dall'inizio ma quella donna è un'arpia. No, peggio. Una strega. Mi ha legato al suo volere con quegli occhi e con quella voce suadente. Mi ha fatto fare cose che io...io...non vi avrei mai fatto del male, mia signora» disse, inginocchiandosi al mio capezzale.

«Voi diventerete la mia Signora. Non volevo fare del male a voi e neppure alla Marchesa ma ero più giovane e...»

«Siete stato voi dunque? Avete avvelenato anche lady Henrichetta?»

L'uomo annuì e poi scoppiò in lacrime. «Me ne pento ogni momento della mia vita».

«È un po' tardi» borbottai, seccata. Comodo. Troppo comodo.

«Per voi non lo è, milady. Siete salva e ciò è un segno»

Angolo autrice
Ecco che i nodi stanno tornando al pettine. Percy é una chiave importantissima dunque nella vicenda Florence-Edwin-Amelie. Potrà testimoniare davanti all'autorità competente? E infine avete idea di come agirà ora la nostra lady Amelie? Cosa vi aspettate che faccia? ^^ attendo i vostri commenti che leggerò con molto interesse ^^
Un bacio, Irene

Intrigo a CorteWhere stories live. Discover now