avere uno scopo

71 10 2
                                    

Ormai distanti qualche decina di chilometri dalla stanza, dal suo portone sul vialetto e dall'inizio della strada, I due Deva scendono dall'auto.

L'atmosfera si è fatta crepuscolare, la musica più dolce, come quando i ricordi emergono facendosi più densi, tingendo di leggera malinconia il canovaccio della scena.

L'auto è stata parcheggiata ai limiti della città; dopo gli ultimi due alti e grigi edifici, si spalanca fino all'orizzonte un campo di grano accarezzato dai riflessi del tramonto.

Il Deva ti guarda. La sua testa di manichino di carne scruta la tua presenza, ha con sé una vecchia valigia nera che ben si accosta al suo completo grigio. Si avvicina a lenti passi.

La valigia contien- Sai, si usa definirmi un "non compiuto".

Se mille sono gli esseri dell'universo, mille sono le forme e le ombre che popolano questo mondo.

Sono legato a questa terra perché sono forma in transizione.

Ora il racconto è mio, seguimi.

Non capita spesso.

La scena sfarfalla. Attraverso una rapida sequenza di immagini statiche, come proiettate da una diapositiva, i due si avvicinano all'ultimo edificio prima del campo di grano. Inizia a sentirsi un sordo *click*, ad ogni cambio di immagine, sempre più forte, mentre sono sempre più vicini all'entrata. Il portone è sgraziato, sembra come ricavato da un unico brutale piano d'acciaio, sporcato qua e là dalla ruggine.

Una coltre di fumo invade la scena. Il tuonante suono del chiavistello uccide tutti i rumori. È il silenzio.

Il nero, poi il giallo. Un giallo flebile come di aria malata, sporco, spento.

Una sottile colonna cilindrica di cenere grigia, arrossata alla base.

È il bastoncino d'incenso della stanza. Il fumo sale veloce, accarezzando i quadri al muro e giungendo lentamente a lambire tutte le pareti. Il Deva senza volto siede con schiena dritta su di una poltrona. La valigia è a terra.

[Autore:]

Lettore, l'incompiutezza e l'irregolarità di questo luogo

La totale, disarmante e orribile assenza di uno scopo

La mia mente d'autore, la tua mente

Ricercano un senso

Sono disposte a spezzarsi pur di non accettare l'evidenza.

[Deva:]

Lasciatela la mente

Me ne prendo cura io

Oh, esseri del mondo delle forme finite e dei concetti compiuti

Trasferite su di me il vostro viaggio

Attraverso me attraversate il limite

[Autore:]

Se vogliamo continuare, siamo costretti ad accettare.

Lettore, come vedi la mia narrazione si sta indebolendo.

Sono uno scrittore, quindi creo storie e personaggi.

Sono un esploratore di mondi e realtà sottili, ma scrivo.

Questo mondo in cui ti ho portato, non ha storie né volti. Non è il mio posto.

Io sono un Dio, e creo i miei personaggi

[Deva]

Il personaggio sono io, schiavo di Dio.

[Autore:]

Il personaggio è i miei ricordi e le mie idee.

[Deva:]

Raramente a Dio è concesso attraversare questa storia.

Da qui in poi il Deva assolverà al suo compito, che come già detto, consiste nel sostituire me, narratore, durante questo viaggio.

Io (l'autore) mi siedo sulla poltrona adiacente alla libreria. Sono nella stanza dell'incenso, dopo un iniziale crepitio dal giradischi scivola fuori una melodia retrò fatta di fiati, soffice e gracchiante jazz.

Starò qui ad aspettarti.

Il mio personaggio non ha volto né storia, ma ha una strada e una stanzaWhere stories live. Discover now