Capitolo 10

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«Jack...».

La mia voce risuona nella stanza, i muri sembrano allontanarsi e scomparire nell'oscurità lasciandomi seduta sul letto immerso nel buio.

«È il tramonto Jack...».

Cristo perché non sei qui con me.

«Cosa succede?».

Sento che ancora una volta sto per cedere, dannazione questa volta non voglio piangere, me lo sono promessa.

Stringo tra le dita quella ricetrasmittente maledetta mentre quel silenzio che emette si confonde con il mio respiro pesante.

Scendo le scale con gli occhi lucidi, vado verso la cucina come spinta da qualcosa, le mie dita indugiano sfiorando le maniglie dei cassetti, i miei occhi si muovono ad una velocità inumana.

Un istante e la mia mano apre di scatto uno degli scompartimenti, con l'altra accarezza l'aria sopra una distesa di posate metalliche; il coltello.

Non riesco a fermare le mie mani che afferrano il manico nero del grosso arnese da pane; la lama lucida riflette il mio volto e una lacrima che scende lentamente lungo il mio zigomo fino al pavimento.

Il mio battito accelera, il mio sangue ribolle nelle vene e nelle arterie che pulsano.

Poi il mio cuore si ferma per un istante.

Lo lascio cadere all'indietro; come un animale ferito, che scappa veloce, indietreggio, le mie braccia tremano, tutto il mio corpo ormai sembra aver perso il controllo.

Afferro una vecchia bottiglia di alcool dalla credenza di mio padre, la stappo e senza pensarci due volte inizio a bere.

Il gusto forte del liquido si mischia al salato delle mie lacrime lasciandomi ancora più barcollante.

Salgo le scale fino al letto, un altro sorso.
Guardo la ricetrasmittente, lei sembra guardare me; un altro sorso.

Comincio a ridere.
Dannazione non avrei mai creduto che tutta questa merda potesse essere così divertente.

Stringo il collo della bottiglia come se la dovessi strangolare, rido sempre più forte.

Un altro goccio.
Un'altra bottiglia.

I miei polmoni sembrano esplodere mentre urlo a squarciagola e rido.

Un altro goccio; lo sputo per terra, guardo la seconda bottiglia semivuota con ribrezzo, la testa mi gira, ogni suono è amplificato all'ennesima potenza.

Soprattutto quel rumore, il silenzio di quella radio maledetta.

Un urlo disintegra la mia gola già debole; lancio la bottiglia contro la parete della libreria mandandola in mille pezzi che ricadono sul pavimento.

Continuo a ridere.

Tutto si fa più silenzioso.

Il mio scalpitare presto diventa solo uno stupido sorriso stampato sul mio volto.

La stanza precipita nella notte mentre le mie dita asciugano un'altra lacrima.

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IL SUSSURRO DELLE OMBRE  [In Corso]Where stories live. Discover now