Trentasei.

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Non riuscivo a crederci.

Non potevo... non volevo crederci.

Non era giusto.

Non era così che sarebbero dovute andare le cose.

Mi stavo innamorando di Filippo Cattaneo.

No, forse era troppo presto per parlare di innamoramento. O no? In fondo non ne sapevo nulla dell'amore. Non me ne ero mai interessata fino a fondo, dopotutto per tutti quegli anni mi ero impegnata a fondo solamente per riuscire a sfuggirgli.

E ci ero sempre riuscita, fino a che non mi ero ritrasferita a Milano. Quindi che cosa era andato storto? Che cosa avevo sbagliato?

Avevo abbassato le mie difese, così come avevo fatto con Vittorio e stavo cercando di fare anche con Irene... perché con Filippo la cosa aveva funzionato in maniera differente?

Non riuscivo proprio a capacitarmene, a trovare anche una sola motivazione valida. Eppure era ormai innegabile: nel momento in cui avevamo avuto quella conversazione, improvvisamente, mi era apparso tutto chiaro. Era come se nella mia mente, offuscata fino ad allora, tutto fosse stato rimesso a fuoco. E al tempo stesso avevo sentito il cuore battermi fortissimo, nel mentre che realizzavo di star cominciando a vedere Filippo in un modo del tutto nuovo.

In un primo momento avevo provato sollievo, mi ero sentita leggera, quasi spensierata.

Poi ero ritornata in me. La lucidità aveva recuperato il suo posto nella mia mente, e mi ero resa conto di quanto ciò fosse sbagliato. Non poteva capitare a me.

Io non volevo Filippo, non mi interessava avere una relazione con lui, del resto il più delle volte non lo apprezzavo nemmeno come persona! Era fastidioso, impertinente, logorroico, insistente, presuntuoso, bugiardo, infantile, permaloso, vanesio, superficiale, ignorante... avrei potuto andare avanti per ore a elencare i suoi difetti.

Eppure più me li ripetevo, sdraiata nel letto e incapace di prendere sonno, più mi rendevo conto che non stava servendo a nulla... non avrebbe cambiato il modo in cui mi sentivo nei suoi confronti, né il modo in cui mi faceva sentire quando eravamo insieme.

O anche quando non eravamo insieme.
Quante erano state le volte, in quei mesi, che avevo perso ore e ore a pensarlo, qualunque fosse la motivazione? Effettivamente era da un bel po' di tempo che mi era entrato in testa.

Era l'unica persona in grado di confondermi, l'unico a farmi mettere in discussione qualsiasi cosa, qualsiasi principio a cui mi ero sempre affidata ciecamente, l'unico che mi faceva sentire diversa dal solito.

Ero totalmente un'altra persona quando ero con lui. E lo odiavo, perché ero vulnerabile, eppure non riuscivo a farne a meno, non riuscivo a controllarlo, tanto che in un modo o nell'altro mi ritrovavo a cercare sempre di passare quanto più tempo possibile con lui.

Ma avrei dovuto smettere di farlo. Non potevo permettermelo... non potevo soffrire ancora.

In fondo era stato chiaro, non era più interessato a me.

E pensare che se non fossi stata così tanto dura con lui, forse le cose sarebbero andate in tutt'altro modo...
Avrei dovuto essere meno me stessa e essere più accondiscendente con lui, mostrare una maggiore apertura nonostante i miei pregiudizi e preconcetti.

Così non sarebbe successo quello che era successo.

Me lo meritavo in fondo, di non essere ricambiata. Mi sarebbe servito da lezione.

Mi dispiaceva solo che fosse andata così: che lui, una volta avermi conosciuta per quella che ero, aveva perso progressivamente interesse nei miei confronti, mentre io, conoscendolo meglio, avevo iniziato a provare dei sentimenti autentici per lui.

Solo se balli con meWhere stories live. Discover now