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Quella era una delle tipiche mattine inglesi in cui faceva freddo e le nuvole erano nere. Stava per piovere, questo era evidente a tutti. Sembrava come se il sole non fosse nemmeno sorto, come se fosse ancora la notte. Alzarsi alle 7 della mattina, anche se fuori sembravano le 3, con la rabbia che stava per esplodere per ogni insignificante cosa che sentivo o che accadeva intorno a me e per di più il primo giorno nella mia nuova scuola, non era il massimo, era meraviglioso.

Scostai le coperte dal mio corpo con malavoglia e misi i libri di latino, matematica, geografia, storia e scienze, l'unica materia che avrei studiato sempre e volentieri, nella mia borsa blu dell'Eastpak, imbrattata quasi completamente da frasi e date scritte nel corso degli anni.

Mentre fissavo l'armadio, indecisa su cosa mettere, mi strofinai gli occhi per la stanchezza. Alla fine indossai il solito paio di jeans skinny neri strappati, una maglietta nera con la scritta in bianco 'Give me band members and food' regalatami da Daniela il giorno del mio 14esimo compleanno e le mie vans nere. Più riguardavo il mio armadio e più mi rendevo di quanto nero ci fosse al suo interno.

Presi al volo il giacchetto di pelle appeso all'attaccapanni accanto alla porta, la borsa ed il cellulare e scesi di sotto correndo. Ma non perché fossi in ritardo, ma perché sentivo le urla laceranti di Daniela che mi stavano facendo impazzire. Se voleva, riusciva ad avere una voce veramente straziante.

Non mi ero resa conto che mancassero solamente 10 minuti all'inizio delle lezioni, quindi forse era normale che Daniela fosse abbastanza adirata, per così dire, nei miei confronti. Forse ero in ritardo veramente. Mi scusai ed uscii di casa, mentre loro continuavano a bisbigliare che le avrei fatte arrivare in ritardo il loro primo giorno di scuola. Non era giornata.

Salimmo in macchina. Lucas era alla guida dal momento che Michael non si era svegliato, forse perché troppo pigro per svegliarsi alle 7, forse perché svogliato. Lucas partì subito giusto per farci stare zitte, cosa che funzionò alla grande perché nessuno delle tre fiatò durante il tragitto fino alla scuola, già, la scuola. Anche quando i morti vennero traghettati nell'Ade da Caronte c'era questo silenzio?

Non trovai risposta soprattutto perché in quel preciso momento arrivammo davanti al grande cancello battuto in ferro. Davanti alla scuola c'era un marciapiede per gli alunni e ai lati del marciapiede, i parcheggi. Al centro della piazza si trovava un'aiuola e nel mezzo sventolava la bandiera inglese.

La scuola era costruita con mattoni arancioni insieme ad alcuni di un tono marroncino piuttosto chiaro. Sembrava molto più un college americano che un normale liceo scientifico.

Ci ritrovammo a fissare la grande scuola quando di soprassalto ci accorgemmo che la campanella stava suonando. Iniziammo a correre verso l'entrata spintonando il resto degli alunni, che, a nostro stupore, non indossavano le uniformi come nelle altre scuole. La segreteria si trovava in una parte remota nella scuola e per raggiungerla ci mettemmo più di 5 minuti. Prendemmo gli orari, la lista dei libri e riprendemmo a correre verso l'aula, sperando di trovarla nel minor tempo possibile.

Il primo tentativo andò male e sbagliammo classe, un classico. Quando arrivammo davanti alla porta della nostra aula, ovviamente chiusa, bussammo ed aspettammo il permesso del prof prima di entrare.

Il professore appena ci vide si abbassò gli occhiali e ci squadrò da capo a piedi. Dopo aver letto i nostri cognomi sul registro, ci disse di accomodarci ai due banchi in fondo, entrambi laterali accanto alla finestra. Probabilmente non ci stava dicendo nulla giusto perché quello era il nostro primo giorno di scuola lì, credo. Ci scusammo tutte per il ritardo, ma comunque nell'aula calò un silenzio imbarazzante e noi ci sentimmo sprofondare nella più grande vergogna. Come primo giorno, un disastro.

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⏰ Last updated: Jun 12, 2022 ⏰

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