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Bruno poggiò le mani sulle cosce indolenzite. Il cuore gli pulsava in gola e barcollò fino all'ingresso della grotta seminascosta dai licheni. L'odore di muschio e zucchero gli solleticò il naso e fu attraversato da un brivido lungo la schiena. Quell' odore era inconfondibile. Il sole era appena sorto, ma ancora nascosto dalle montagne vicine. Sarebbe uscita lo stesso?


Dal fondo della grotta buia emerse una fievole luce. Bruno cadde sulle ginocchia e curvò la schiena fino a toccare l'erba bagnata con la fronte. "Vengo per supplicarvi, Signora delle fate. Ho bisogno di un altro secolo."


La voce melodiosa della Sibilla riecheggiò sulle pareti della grotta. "Già due secoli sono trascorsi e gli uomini non sono cambiati."


"Io sono un uomo solo... Vi prego concedetemi altri cento anni." Bruno alzò la testa.


Sul volto della fata era dipinto un sorriso benevolo. I morbidi ricci ramati le cadevano sulle spalle e sulla veste azzurra che le copriva il corpo. Un solo seno restava scoperto. "La Terra, ferita da voi, si è mossa per cacciarvi e io l'ho fermata concedendovi altro tempo. Le fate e le altre creature non possono più aspettare."


La Sibilla sparì e la grotta fu avvolta dall'oscurità.


"Aspettate!" Gridò Bruno. "Risparmiate almeno mia moglie e nostro figlio!"
Non ricevette alcuna risposta.


Il sole tentò di rassicurarlo avvolgendolo con i suoi caldi raggi, ma Bruno conficcò le unghie nella terra e gridò.
Con i polmoni svuotati e la gola in fiamme iniziò a piangere. La luna rossa era prevista per quella notte.

Il custode delle fateWhere stories live. Discover now