II

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“Linda!” Bruno lanciò la giacca a vento sul pavimento di cotto e si chiuse il portone alle spalle. Una fitta di dolore gli attraversò il ginocchio destro. I jeans in quel punto erano strappati e macchiati di sangue. Per correre dalla sua famiglia, era caduto sulla cresta del monte Zampa in un punto particolarmente roccioso.
“Sono in cucina, caro. Vieni a vedere!”
Bruno trascinò la gamba destra fino all’ingresso della cucina e si fermò sulla soglia. Linda gli dava le spalle, accovacciata a terra. Il loro piccolo Carlo era in piedi. Si reggeva con una manina cicciotta alla maniglia del cassetto e guardava la mamma sorridendo. Lasciò la maniglia e tentò un passo, ma cadde seduto e scoppiò a ridere.
Il cuore e lo stomaco di Bruno furono stretti da una forza invisibile. Era così piccolo… Meritava una vita lunga e felice. Dagli occhi gonfi e secchi di Bruno scesero due grosse lacrime.
“Sta per camminare! Caro, hai visto?” Linda si voltò. Il suo viso radioso s’incupì in un istante. “Bruno… Cosa è successo?” La donna si alzò. “Stai sanguinando!” Afferrò una sedia di legno dal tavolo da pranzo e raggiunse il marito con tre passi. “Siediti. Fammi vedere. Riesci a togliere i pantaloni?”
Bruno si sfilò gli scarponi e la cinta in silenzio. Una smorfia di dolore gli attraversò il viso quando il cavallo dei pantaloni sfiorò il ginocchio.
Linda gettò i pantaloni su un’altra sedia e tornò a studiare la gamba di Bruno. ”Una bella ferita, ma niente di grave. Prendo l’acqua ossigenata.” Prese in braccio Carlo e lo portò in soggiorno, da dove arrivarono le risate dei personaggi dei suoi cartoni preferiti.
Lo stomaco di Bruno era stretto al punto di dargli la nausea. Suo figlio… Sua moglie… Li amava così tanto.
Linda tornò con la cassetta bianca tra le mani. Doveva dirle tutto.
“Devo parlarti, Linda…”
La donna s’inginocchiò e aprì la cassetta. “C’è un altro motivo per cui hai quella faccia quindi?” I suoi occhi azzurri si soffermarono su quelli di Bruno. Le sopracciglia si aggrottarono. “Hai… pianto?”
Bruno abbassò lo sguardo sulle sue gambe pallide. “Non ho quarantacinque anni…” Sussultò per la reazione dell’acqua ossigenata sulla ferita.
Linda non parve sorpresa. “E quanti ne hai?” Gettò dell’altra acqua sul ginocchio.
Cavolo se bruciava! Bruno afferrò i braccioli della sedia e strinse i denti. Respirò profondamente chiudendo gli occhi. Il cuore accelerò i battiti. “Vivo sulla Terra da più di duecento anni.”
La bottiglietta dell’acqua ossigenata scivolò dalla mano di Linda, rovesciando tutto il contenuto sul pavimento. La donna lo fissò con occhi severi. “Non mi sembra il momento di scherzare. Guarda che disastro...”
Linda si alzò, ma Bruno le afferrò un polso. “Non sto scherzando Linda.”
La donna si liberò dalla presa ed incrociò le braccia. “Bruno, smettila con queste sciocchezze e dimmi perché hai pianto.”
Bruno sospirò. Sua moglie forse non avrebbe creduto alla storia del suo passato, ma trascorrere quelle ultime ore con la sua famiglia era tutto ciò che il suo cuore desiderava e non voleva litigare. “Siediti.”
“Carlo è di là da solo e la tua ferita…”
“Non importa.”
Linda assunse un’espressione che Bruno non gli aveva mai visto in volto. Sembrava essere svuotata da ogni emozione. Prese un’altra sedia e la posizionò di fronte al marito.
“Su questi monti c’è una grotta che non è come le altre. La Grotta della Sibilla, viene chiamata.”
Linda lo interruppe. “Conosco anche io questa leggenda Bruno. Che cosa centra?”
“Lasciami finire.”
La donna lasciò cadere le spalle sullo schienale a braccia conserte.
“In quella grotta viveva la Sibilla, la regina delle fate. Molti la consideravano una terribile maga, capace di rovinare le vite agli sventurati viaggiatori che cercavano riposo nella sua casa, ma non era così. Era una fata buona. Una veggente che conosceva la medicina e l’astronomia. Centocinquant’anni fa un uomo trovò rifugio nella sua grotta per ripararsi da un improvviso temporale estivo. Il sole era già tramontato e l’uomo decise di fermarsi lì per la notte.”
Il volto di Linda era impassibile. Gli avrebbe creduto? Bruno si passò la lingua sulle labbra secche. “Fu svegliato da strani rumori e si ritrovò circondato da una decina di bellissime ragazze. Indossavano lunghi vestiti colorati che non mostravano neanche i piedi. L’uomo tentò di toccarne una per capire se stesse sognando, ma scapparono tutte. Soltanto una era rimasta. Era più alta delle altre e superava di una testa anche l’uomo. Aveva i capelli rossi e una veste azzurra, e gli parlò.”
Dalla televisione del salotto arrivò una risata acuta. Linda si alzò ed uscì dalla cucina. Bruno strofinò le mani ruvide sul suo viso. La barba ispida gli grattò i palmi. Stava davvero per finire il mondo che conosceva?
Linda tornò a sedersi sulla sedia. “Si è addormentato.”
Bruno abbozzò un sorriso. Dagli occhi di Linda traboccava un amore che non aveva mai condiviso con lui. L’amore per il proprio bambino. Il loro unico figlio. Come era ingiusta la vita!
Gli occhi di Bruno ripresero a bruciare, ma non aveva più lacrime da versare.
Linda si sporse verso suo marito e gli afferrò entrambe le mani. “Vuoi dirmi che cos’hai?”
Bruno le strinse le mani e le avvicinò alle labbra. L’odore di cocco gli riempì le narici. Come poteva rinunciare al profumo della sua pelle?
Lasciò cadere le mani sulle ginocchia e riportò lo sguardo sul viso preoccupato di sua moglie. “Ero io quell’uomo.”
La schiena di Linda tornò a posarsi sulla sedia. Portò le mani davanti al viso e la sua voce sembrava esausta. “Bruno… Non riesco a capire.”
Bruno le afferrò di nuovo le mani e la fissò dritto negli occhi. “Amore mio, so che può sembrarti assurdo, ma ti sto dicendo la verità. Quel giorno la Sibilla mi disse che l’uomo stava distruggendo la Terra con le sue invenzioni e che le altre creature che la abitavano, volevano cacciare via tutti gli esseri umani. Mi incaricò di parlare agli altri uomini e di convincerli a rispettare la natura così com’era. Mi ha donato cento anni…”
Gli occhi di Linda s’inumidirono.
“Sono andato nelle scuole, nelle fabbriche, negli ospedali… Ovunque! Ho attraversato tutta l’Italia per convincere gli uomini a fare più attenzione alle loro azioni. Lavoravo in una fabbrica e non potevo permettermi di girare il mondo… Ero un uomo solo e ho fatto quello che ho potuto…” Bruno asciugò con il dorso della mano una lacrima dalla guancia della moglie. Avrebbe voluto stringerla forte a sé e dirle che andava tutto bene, ma le avrebbe soltanto mentito ancora.
“Che cosa significa tutto questo Bruno? Perché me lo stai dicendo proprio ora?”
Bruno sospirò abbassando lo sguardo sui suoi calzettoni neri. Le mani iniziarono a tremargli e Linda posò le sue sopra quelle dell’uomo.
“Il mio tempo è scaduto. E anche quello dell’intera umanità.”

Il custode delle fateWhere stories live. Discover now