VIII

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«Mi spieghi cosa cazzo ti prende?» Chiese Alex, mentre si accarezzava la guancia ancora rossa per lo schiaffo.
«Sei uno stronzo.» Gli risposi, prendendo posto accanto a Giorgio. Il ragazzo non parlò, si limitò ad abbassare lo sguardo. Si percepiva davvero tanto che fosse a disagio, ma non avrei mai perdonato mio fratello.
«Grazie, lo so. Perché questa improvvisa illuminazione, Fede?»
«Hai fatto del male a Giorgio. E ieri, come se nulla fosse, te lo sei portato a letto.» Ingoiò a vuoto. Non sapeva cosa dire, così prese parola Giorgio.
«Fede, basta. È successo ormai l'anno scorso, tutto è ormai passato. Non c'è bisogno di riparlarne, seriamente.»
«Ma...» Stavo per parlare ma mi interruppe.
«Niente ma. Non voglio più parlarne.»  Detto ciò il ragazzo si alzò e si diresse verso la porta. Decisi di lasciarlo stare, aveva ragione ma non avrei perdonato il gesto di mio fratello così facilmente. Mi voltai verso quest'ultimo, che non aveva ancora capito cosa fosse successo.
«Ti odio.»
«Anch'io mi odio, molto spesso. Ma posso sapere il perché?»
«Quello che gli hai fatto l'anno scorso. Alessandro, mi fai schifo.» Alex abbassò lo sguardo, forse le mie parole erano troppo pesanti.
«Mi hanno obbligato e non ero in me. Pensi che da sobrio l'avrei fatto? Cazzo, Giorgio mi piace da quando me l'hai presentato, secondo te, sarei seriamente andato a fargli una sega così? Tanto per? Ero fottutamente ubriaco e, a dirla tutta, non so nemmeno se in me ci fosse soltanto alcool.» Sospirai, non sapevo che fare, avevamo entrambi ragione. Mi alzai dal letto, presi dei vestiti dall'armadio e, senza dire neanche una parola, andai in bagno per cambiarmi. Indossai una semplice felpa viola con dei jeans non troppo larghi, indossai le scarpe, presi le mie cuffiette e uscii di casa. Non sapevo dove stavo andando, avevo soltanto bisogno di smettere di pensare, e la musica era l'unico modo.
Senza neanche accorgermene, vidi di essere arrivato al bar dove Nicola lavorava. Lui era lì, appoggiato al muro con una sigaretta fra le labbra. Stava scorrendo qualcosa sul telefono, così corsi verso di lui e gli tolsi la sigaretta dalla bocca. Lui alzò lo sguardo e mi guardò, non sembrava sorpreso, anzi, sembrava come se se lo aspettasse.
«Ciao.» Gli sorrisi spegnendo la sigaretta e buttandola.
«Stronzo.»
«Fumare fa male, dovresti smettere.»
«Lo dice anche il mio pacchetto di sigarette.» Mi rispose lui..
«Seriamente Nico, ti fa male. Provaci.» Il ragazzo, che sapeva di avere a che fare con una testa dura, sospirò.
«Va bene, va bene. Ma non ti prometto nulla.» Dopo di ciò entrò e si posizionò dietro al bancone. Io lo seguii.
«Vuoi il solito?» Sorrisi e anche lui lo fece.
«Ovvio.» Il ragazzo andò verso le macchinette per iniziare a prepararmi il caffè, mentre io mi mettevo seduto e lo osservavo. Aveva qualcosa che lo rendeva meraviglioso. Ogni suo gesto, ogni sua parola, ogni suo piccolo dettaglio lo rendeva stupendo. Non sapevo nemmeno perché lo trovavo bello, non lo conoscevo tantissimo, ma era davvero meraviglioso.
Nicola mi portò il caffè e si sedette accanto a me.
«Sicuro di poter stare qua?» Il ragazzo annuì.
«Non c'è davvero tanta confusione, e poi con me c'è anche Nicolò. Se arriva qualcuno c'è lui casomai.» Il ragazzo sorrise, poi mi arrivò una chiamata. Era Giorgio, Presi il telefono e risposi.

𝒕𝒉𝒐𝒔𝒆 𝒐𝒄𝒆𝒂𝒏 𝒆𝒚𝒆𝒔 ~strecico~Where stories live. Discover now