Ian non riusciva più a reggersi nemmeno in piedi. Era completamente distrutto e svuotato di ogni energia, aveva dato tutto se stesso con quella dannata nave e i mostri continuavano a danneggiarla. I ragazzi cercavano di aiutarlo, ma la verità era che solo lui sapeva davvero cosa fare.
Non potendo di nuovo volare, navigarono fino alle coste del Portogallo per risparmiare energia e permettere al figlio di Efesto di fare le riparazioni. Si alzarono in volto sopra la Spagna, ma di nuovo un incidente: uno stormo di enormi corvi neri dal volto umano li attaccò, distruggendo le vele e l'albero maestro di fortuna che Ian aveva sistemato. Praticamente erano atterrati a pochi metri dal Maremagnum, nel porto di Barcellona. Avevano mancato la statua di Colombo per un pelo.
- Ma quanti turisti ci sono?!- esclamò Adam, sporgendosi dal parapetto.
- Beh, Barcellona è famosa e siamo in pieno luglio- rispose Donovan- comunque ci è andata bene, stavamo per decapitare Colombo-
Ian emerse dalla sala macchine in quel momento, trovando i compagni affacciati alle murate della nave. Era sporco di fumo e grasso e la sua espressione non era molto allegra.
- Siamo messi male- annunciò- mi servono pezzi. Spero di trovare qualcosa in città-
- Allora, ci dividiamo- decise Jason- chi scende con Ian e chi resta a sorvegliare la nave?-
Ovviamente nessuno voleva restare. Ian guardò i compagni e comprese: Barcellona era fenomenale, doveva essere bellissima da esplorare.
- Io resto- disse Michaela- non vi ma di scendere-
- Resto anche io, è meglio- disse Jason.
- Ok, allora resto anche io con loro- acconsentì Billy.
Dopo aver preso gli zaini, il gruppo di esplorazione scese in città. Sembravano un gruppo di ragazzi in gita scolastica, guidati da un insegnante (Percy). Ci stava, dopotutto. Ian era dispiaciuto che Michaela non fosse voluta andare con loro, ma in effetti da qualche giorno gli sembrava un po' strana, non molto in forma.
- Oddio, che edifici strani!- esclamò di colpo Riley.
- Già, che architettura singolare- confermò Donovan, guardandosi attorno.
- Oh, guardate quello, è un artista di strada- fece Adam, indicando lungo la strada.
Percy li osservò divertito.
- Ragazzi, non siamo in gita, siate più discreti- si raccomandò.
La strada principale, che Donovan aveva detto chiamarsi Ramblas, era piena di turisti e abitanti. Si sentivano tante lingue diverse e numerosi artisti di strada si mettevano in mostra. Guardandosi attorno, Ian notò una ragazza ferma immobile davanti ad un lampione. Sulle prime pensò che fosse anche lei un'artista, ma ben presto capì che stava scattando una foto dall'altro lato della strada.
- Credevo fosse finta- borbottò.
Percy seguì il suo sguardo e notò la ragazza. Non doveva avere più di sedici anni e, beh, era di una bellezza sconvolgente. Aveva la pelle dorata e i capelli color caramello tenuti sciolti sulle spalle. Era molto aggraziata e magra, simile ad un ninfa e gli occhi a mandorla erano incredibilmente profondi, sembrava truccata, anche se non lo era.
- Per gli dei!- esclamò il figlio di Poseidone.
- Cosa c'è, papà?- chiese Riley.
- Niente, quella ragazza somiglia tanto a... no, niente-
La giovane fotografa si voltò e il suo leggero vestito a fiori estivo ondeggiò. Li notò e spalancò gli occhi per qualche motivo. Un ragazzino un po' più piccolo, sui dieci anni, con l'aria da folletto e i capelli mossi come i suoi la raggiunse.
- Che fai, Ariana?-
- Oh, niente... vieni, andiamo a casa, Diego. C'è il coprifuoco-
Prese per mano quello che pareva in tutto e per tutto suo fratello minore e scomparve nella folla. Mentre si voltavano, Ian lesse qualcosa stampigliato sulla borsa a tracolla della ragazza.
- Per le fucine di Efesto!- esclamò, mettendosi a inseguire i due.
Un po' confusi, gli amici lo seguirono a ruota, cercando di capire che cosa gli fosse preso. Ian svoltò velocemente un angolo, seminando involontariamente i compagni, ma raggiungendo i due, che stavano rallentando, perché il ragazzino continuava a brontolare e chiedere cosa stesse succedendo.
- Ehi, aspettate-
La ragazza si voltò di scatto.
- Cosa vuoi?-
- Ecco... la pubblicità sulla tua borsa- spiegò Ian, indicandola.
La ragazza nascose la borsa e assottigliò lo sguardo.
- Sei un semidio e sei un figlio di Efesto. Scusami, ma dobbiamo evitarti, qui nelle Antiche Terre è pericoloso-
In quel momento, Riley e gli altri lo raggiunsero. La ragazza notò che erano armati e spalancò gli occhi nel vedere Vortice in mano a Percy. Ma era tutt'altro che spaventata.
- Santi numi!- esclamò- Tu sei Percy Jackson, vero?-
- Ehm, sì. E tu somigli tanto ad una persona che ho conosciuto tempo fa- rispose lui.
La ragazza annuì.
- Ti riferisci sicuramente a mia madre, Calipso- disse, tranquilla- ora è una mortale, ma forse tu la ricordi come una ninfa immortale. Scusate se sono scappata, ma sapete... beh, venite con me e vi racconterò meglio. Mio padre sarà felicissimo di vedervi! Io sono Ariana e questo è mio fratello Diego. Siamo i figli di Leo Valedez-
Ian si sentiva un bambino in un una ferramenta. Stava per incontrare Leo Valdez, uno dei suoi miti, l'uomo che aveva costruito la mitica Argo II.
Ariana e Diego li condussero per una serie di viuzze secondarie un po' strette e serpeggianti, giungendo in una parte della città meno vivace e chiassosa, nei pressi della famosa Plaza de Catalunya. Si diressero decisi verso una villetta davvero bizzarra, sembrava uscita direttamente da un quadro di Picasso, il che era in tema con la Spagna, in effetti.
- Attenti, ci sono un sacco di sistemi d'allarme anti mostro- spiegò Diego, sorridendo con fare divertito- praticamente nessuno può entrare, la casa è nascosta ai mostri!-
- E' da Leo- convenne Percy.
Una serie di complicati meccanismi permise l'apertura del cancello e Ariana fece loro segno di seguirla. Era incredibile quanto fosse la copia sputata di Calipso. Arrivando alla porta, sia Ian che Percy riconobbero un sacco degli aggeggi di Leo: il tavolino Bofur, le sfere di bronzo di Archimede riutilizzate per... solo gli dei sapevano cosa. Ariana aprì l'uscio e fece accomodare tutti.
- Ehilà! Siamo tornati- fece.
Dalla cucina emerse Calipso, bella come non mai, anche se un po' cambiata, finalmente era diventata adulta. Odorava di cibo. Spalancò gli occhi, stupita.
- Guarda che abbiamo pescato, mamma- fece Diego, ridacchiando- semidei e mortali come noi!-
- Dov'è papà? All'officina?- chiese Ariana.
- ...oh, sì. È lì, come sempre- rispose Calipso, scuotendo il capo- beh, questa sì che è una sorpresa. Come ci avete trovati?-
- Non vi stavamo cercando, onestamente- ammise Adam- è stato un caso, davvero-
Si voltò verso Ian, che stava fissando ancora la casa.
- Ah, sì, io ho visto la stampa con scritto "Officina Valdez"- disse frettolosamente.
Calipso annuì. Disse loro di entrare e si diresse con Ariana sul retro della casa, dove c'era un'officina meccanica. Era chiarissimo, dalla sua espressione, che Ian avrebbe voluto andare con loro e vedere il regno di Leo. Dovette accontentarsi di sedere sul divano di un normalissimo salotto e aspettare, però. Quando Calipso e la figlia tornarono con Leo, balzò in piedi.
In fin dei conti, Leo restava sempre lo stesso. Non aveva perso la sua aria da folletto, che aveva trasmesso al figlio Diego, i capelli erano sempre un disastro ribelle e le mani non stavano ferme neppure un secondo.
- Oh, cavoli, Percy!- esclamò, con entusiasmo- Amico, quanto tempo!-
Mente i due si salutavano e i ragazzi restavano un po' in disparte, Ian pensò che suo padre Efesto avesse esaudito il suo più grande desiderio. Gli doveva un bel pezzo di carne grigliata, una volta tornato al campo.