Il boia, il condannato e la bambina

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I bambini vennero presto all'impiccagione.
Era ancora buio quando i primi tre o quattro uscirono furtivamente dai casolari, silenziosi come gatti nei loro stivali di feltro.
La neve primaverile aveva appena smesso di scendere su Trento.
Bianche erano le strade vuote, bianchi i tetti delle case serrate, bianco il patibolo ancora vuoto al centro della piazza principale.
La piccola Manu si sedette assieme ai suoi amici sui gradini asciutti del Castello, in attesa dell'esecuzione.
Non ne aveva mai vista una prima d'allora.
Assieme all'alba giunse un uomo robusto, alto, vestito come se non facesse freddo.
Bombetta, frac, papillon, una valigetta nera e una sedia, che trascinò rumorosamente prima sulla neve e poi sui quattro gradini di legno che portavano al patibolo.
Quella sedia la piazzò accanto alla forca e, affannato, cavando dalle tasche un fazzoletto stropicciato, si sedette soffiandosi il naso, poggiando la valigetta nera sulle sue gambe imponenti.
Poi rimase lì, in attesa come i bambini dello spettacolo.
Assieme al mattino assolato giunsero i soldati a scortare il condannato a morte, un piccolo uomo vestito di stracci, le mani legate dietro la schiena, i piedi nudi sulla fanghiglia di ghiaccio, l'espressione serena, troppo serena per un uomo vicino alla morte.
Quando Manuela vide quell'espressione, un brivido di paura le si scaricò addosso, l'ansia la colse, non sapendo più se andarsene o rimanere.
L'uomo in frac posò la valigetta a terra, si alzò dalla sedia e, applaudendo, disse "Ergo l'Alpino, sostenitore della causa italiana, traditore delle forze Austriache, io sono Lang, il suo boia. Fatelo salire, prego."
Quattro soldati scortarono Ergo lungo i gradini di legno ghiacciati del patibolo, mentre Lang, sorridente, prese la sedia su cui era seduto e la porse a Ergo, dicendo "Si sieda, prego. Peccato non ci siano tante persone. Ci sono dei bambini, e questo è un bene. È educativo, per loro, non so se capisce cosa intendo."
Ergo guardò la piazza vuota, quei cinque bambini seduti sui gradini del castello, quel castello che lo aveva visto nascere e crescere, quanti amori e quante lotte, quanta ingiustizia a morire in un posto così pieno di ricordi.
Rispose "Capisco perfettamente."
"Magari mi sbaglio, ma non era lei quello che forse..." continuò Lang, aprendo la sua valigetta nera "... aveva chiesto di essere fucilato?"
"Esatto." rispose Ergo.
"Allora era proprio lei, vede? E c'è un motivo particolare?" chiese Lang estraendo una corda.
"Era l'unico modo che avevate per uccidermi."
Lang si fece una grassa risata interrotta dai suoi bronchi e dai suoi sputi, poi riprese a lavorare la corda per fare un cappio, dicendo "Perché? Pensa che questa corda non sia abbastanza resistente?"
Ergo girò finalmente lo sguardo per osservare l'oggetto che l'avrebbe ucciso, una corda un po' sfilacciata e secca, disse "Spiegami come funziona."
"Come, non lo sa?"
"Dimmelo lo stesso."
Lang sorrise, chiese ad un soldato di avvicinarsi, poi prese il cappio e glielo mise al collo, il soldato si mise a ridere, i suoi compagni pure, Lang tirò leggermente la corda verso l'alto e il soldato buttò fuori la lingua, facendo il verso di chi soffoca.
Tutti scoppiarono in una fragorosa risata, pure i bambini ridevano, compresa Manuela, anche se non sapeva bene perché lo facesse.
Ergo aveva solo accennato un ghigno, ma bastò per far tornare Lang e la truppa seri come prima.
Il boia tolse il cappio dal collo del soldato e lo mise subito al collo di Ergo, che disse "Dio vuole che io sopravviva. Questa corda non mi reggerà."
"Ooh, sì che reggerà. Lei è un uomo piccolo, sia di morale che di fisico. Questa corda la reggerà." rispose Lang, fissando la corda in cima alla forca.
"Dio sa che ho ragione. Mi salverà." disse Ergo, estremamente tranquillo.
"Staremo a vedere. Non si preoccupi, comunque, perché nel caso in cui questa corda si spezzasse, ne ho un'altra di riserva nella valigia."
Ergo allungò lo sguardo verso la valigetta nera aperta, completamente vuota.
Capì che il suo boia stava mentendo.
"Perfetto. È tutto pronto." disse Lang, mettendosi al comando della leva che avrebbe tolto il palco sotto i piedi di Ergo.
"Vuole che dichiari il motivo per cui viene impiccato?" chiese Lang, guardando la piazza vuota.
"No." rispose il condannato.
"Vuole dire le sue ultime parole?"
Ergo rimase in silenzio per un po', poi rispose "Non saranno le mie ultime parole.".
Lang si soffiò il naso, si schiarì la voce, sputò verde sulla neve e disse "Bene. Cominciamo."
Tirò la leva, la corda si tese, la sedia cadde sulla neve, ma Ergo rimase sospeso, appeso per il collo, a fare gli stessi versi imitati poco prima dal soldato.
I bambini saltarono in piedi esaltati, mentre Manuela rimase ghiacciata, seduta su quei gradini, sentì una fitta allo stomaco, ed ebbe il bisogno istintivo di coprirsi gli occhi, ma il volto del condannato contorto dal soffocamento era ormai stampato nella sua mente, lo vedeva vivido anche ad occhi chiusi.
Il volto di Ergo pareva incandescente tant'era rosso, e Lang rideva, mentre la corda vibrava, tendendosi sempre di più, allungandosi, sfilacciandosi dalla prima all'ultima trama, finché non si spezzò con una sonora frustata.
A peso morto il condannato crollò sulla neve senza forze, riprendendo a respirare dopo una lunga apnea, cominciando a ridere, cercando di dire "Avevo ragione io", ma la sua gola era in fiamme, in più era ancora stordito dalla caduta, e cominciò a sentire altre risate all'infuori della sua soltanto quando i soldati lo sollevarono da terra, trascinandolo di nuovo sul patibolo, dove Lang, ridendo, scoprì il doppio fondo della sua valigia, dentro cui c'era la corda di riserva, che cavò fuori strattonandola un paio di volte per mostrarne la resistenza.
I bambini avevano perso l'entusiasmo, chiedendosi cosa stessero facendo quegli adulti incapaci.
"Non sanno nemmeno impiccare un bastardo!" diceva un bambino di dieci anni.
"Adesso vado io lì e lo impicco io!" diceva un altro bambino di otto anni.
Manuela invece cominciò a tifare in segreto per il condannato, perché per lei era ormai evidente che Dio fosse dalla sua parte.
Ma Ergo non sapeva se crederci più, perché vedeva quella corda di riserva, così lucida e dura che avrebbe potuto impiccare un rinoceronte senza problemi.
"È sempre molto divertente questo gioco." disse Lang, mettendo per la seconda volta il cappio al collo del condannato.
"Lo faccio sempre, sono fatto così. Prima una corda marcia, dopo una corda vera. Sono un uomo di spettacolo. Faccio impazzire le folle, quando faccio il mio lavoro. Oh, guarda chi è arrivato." continuò il boia, fissando la corda in cima alla forca.
Ergo alzò lo sguardo, notando un uomo avvolto da una mantella verde che posizionava un po' annoiato cavalletto e macchina fotografica davanti al patibolo.
"Quello è Josef, il mio fotografo. Ciao Josef!" urlò salutando il fotografo, che ricambiò con un gesto della mano "Lui immortala sempre le mie vittime."continuò Lang, mettendo di nuovo mano alla leva
"Pensi ancora che Dio spezzerà questa corda?"
Ergo non rispose, Lang abbassò la leva, il palco si abbassò, la corda si tese di nuovo, Ergo rimase ancora sospeso, a dondolare nell'aria, legato mani e piedi, sentendo sul suo collo che quella corda non si sarebbe mai spezzata, pregando comunque per un miracolo, mentre i bambini e la piccola Manuela rimanevano immobili, col fiato sospeso, pronti a esultare per l'esecuzione o per un miracolo.
Manuela giunse le mani in una preghiera un po' nascosta, chiedendo al buon Dio di salvare quel condannato, e Ergo faceva lo stesso, non riusciva a pensare ad altro, si ripeteva che non poteva finire in questo modo, doveva accadere qualcosa, e non avrebbe mai voluto morire così spaventato, bensì tranquillo, immerso nei ricordi della sua vita, eppure non riusciva a fare altro che pregare per la sua salvezza.
Ma la corda non si spezzò.
Quando il sole giunse alto nel cielo, Lang tirò giù il corpo di Ergo segando la corda con un coltello, facendo poi radunare tutti i soldati attorno a lui.
Mettendosi in posa, sorrisero per la foto assieme al condannato.
Ci fu il flash, poi un applauso di gruppo, si diedero pacche sulle spalle, strette di mano, infine se ne tornarono da dov'erano venuti, trascinando sulla neve il trofeo appena conquistato.
I bambini giocavano a palla accanto alla forca quando Manuela, infreddolita, tornò a casa.
Venne rimproverata dai genitori, che le diedero quattro pacche sul sedere prima di metterla in punizione dritta in camera sua.
Manuela non ebbe il tempo di raccontare quel che di più terribile aveva visto nella sua vita.
Pianse da sola, in camera sua, sentendosi tradita dal buon Dio, a cui aveva chiesto di salvare quell'uomo, sentendosi incapace di togliersi dalla mente quell'attimo di morte che non avrebbe mai più dimenticato.

Write Club 2016 - WoodyBarkNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ