Il mondo che solo Dio conosce

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"Ti è successo qualcosa?"

"No, niente," rispondo lapidario. A scanso di equivoci afferro pure lo zaino per fargli capire che voglio andar via.

"C'hai una faccia..." mi trattiene lui.

"Sarò stanco."

Ci pensa un attimo osservando il banco verdastro al quale è seduto. Forse si aspetta di trovarci una qualche risposta incisa sopra. "Beh, allora," mi dice infine, "dovresti proprio andare a dormire."

Wow, che colpo di genio. Te lo meriti proprio di essere rappresentate di classe. Giuro che alle prossime elezioni avrai il mio voto.

"Se è per colpa della Leoni..." inizia lui, ma subito lo interrompo.

"No, non c'entra niente."

"E allora cos'è successo?"

"Niente." Lo scandisco meglio così anche i suoi neuroni riescono a processare l'informazione: "non è successo proprio niente."

Come risposta mi lancia uno sguardo carico di pietà. Come se fossi un povero sfigato da compatire. Che palle...

"Hai ragione," gli dico infine senza un briciolo di emozione, "è proprio per via della Leoni. Ma lo recupero, non ti preoccupare."

Finalmente quel viso ebete gli si illumina. Ora che è riuscito a identificare un problema di facile comprensione può slanciarsi in mille consigli inutili. Ecco quindi che mi spiega le sue elaborate tecniche di studio, e tutte le difficoltà che ha avuto lui alle elementari proprio con... Proprio con la materia che insegna la Leoni; proprio con matematica. Caspiterina! Chi l'avrebbe mai detto? Come se me ne fregasse qualcosa, poi. Come se veramente fossi in quello stato per un compito andato male.

Finalmente mi saluta e si leva dalle palle. E anche io mi dirigo verso casa. Non voglio avere nessuno vicino. Voglio solo sigillarmi in camera il prima possibile. Prima di iniziare a scricchiolare sotto quel peso che già ha iniziato a incurvarmi la spina dorsale.

*

Mentre cammino, le macchine mi sfrecciano accanto facendo quel rumoraccio di asfalto bagnato. Ha piovuto da poco, ma non ci sarà nessun arcobaleno. Non oggi, almeno. Non con queste nuvole che ingolfano il cielo con la stesa grazia di un maxi tamponamento.

Gli alberi che dovrebbero decorare il marciapiede sono spogli; leggermente tendenti al rinsecchito. I rami più bassi si propagano orizzontali cercando con le loro punte di accarezzare le facce e gli occhietti dei passanti. In realtà basterebbe tagliarli, quegli stupidi rami, ma sospetto che l'amministrazione del paese non sia particolarmente interessata alla sicurezza. Lo dimostra anche la mancanza di telecamere di controllo. Però devo ammettere che questo ruolo è comunque svolto a dovere dalle vecchiette incollate alle finestre. Hanno un servizio di intelligence che fa invidia a quello americano.

Ne scorgo una intenta a spiarmi da dietro le persiane. La guardo con aria di sfida. Lei mi fissa di rimando; non molla. Dopo qualche secondo passato a fissarci come due idioti, la mando mentalmente al diavolo e affondo il viso nella sciarpa. Preferisco affidare a quello spesso muro di lana la protezione da altri sguardi indiscreti.

La mente vaga e ritorna a quella discussione che abbiamo avuto in classe qualche minuto fa. Volevi sapere cosa mi sia successo, giusto? La risposta è semplice: assolutamente niente. Niente che tu possa comprendere, almeno. Perché non è successo qui, nel mondo che tu conosci. Non è successo tra le pareti della classe della quale sei rappresentante, né in un gruppetto di amici fighetti come quelli che frequenti di solito. Quelli che si fanno i selfie mentre fingono di dormire, per intenderci. Davvero, non si tratta di un voto basso, non si tratta di una litigata. Non mi sono nemmeno lasciato con la tipa; se è di questo che avevi paura. Quelle son tutte cose già successe tempo fa. Sofferenze che si sono infiammate e spente in un istante; tipo i fiammiferi sottocosto della Lidl, hai presente? Ecco. Emozioni blande annegate in quella distesa grigia che è il mare del quotidiano. Quel quotidiano insignificante che ti ostini a chiamare realtà. Ed è per questo che non posso spiegarti. Davvero.

D'altronde, come potrei spiegarti cosa significa vivere in un mondo che non esiste? Un mondo la cui terra smossa profuma di carta, come quella di un libro appena comprato. Un mondo i cui torrenti sono composti da pellicole di film e il cui cielo è ricco di riflessi Blu-ray. Un mondo dove ogni azione è una corsa frenetica per superare quelle sadiche lancette del tempo. Dove gli eroi si erigono come montagne che paiono sfiorare il Sole, come colonne vigorose che sorreggono l'animo umano. Un mondo dove il cielo notturno riflette sempre il carattere del protagonista, e dove la pioggia scorre copiosa sul volto solo per mascherare il tuo pianto liberatorio; solo per concludere l'ultimo capitolo in modo terribilmente poetico. Un mondo dove ogni bacio è un carico di voluttà. Come una rosa morbida dai petali carnosi, che si sfaldano piano sotto la carezza di quelle labbra; sotto la passione di quei morsi. E in quell'aria rovente, i corpi si fondono assieme divenendo un'unica inscindibile essenza.

E come potrei spiegarti, poi, cosa si prova ad essere continuamente strappati via da quel mondo? Cosa significa essere costretti a vivere un'esistenza insipida e monotona. Un'esistenza nella quale l'amore più audace si esaurisce in una sveltina prima dell'arrivo dei suoi. Dove i baci vengono dati di corsa, un attimo prima di andar via. Dove l'amicizia è per convenienza e la gente finge di volerti aiutare solo per raccontarti un po' di sé. Un'esistenza conforme, semplice, priva di sfumature. Un'esistenza che suona unicamente come la ripetizione assillante di quell'unica nota grottesca.

I miei passi diventano sempre più lenti; sempre più svogliati. Mi sembra che la testa sia imbottita di piombo e può solo penzolare orribilmente in avanti. Anche le pupille non sembrano in grado di staccarsi dalla pavimentazione.

Beh, almeno così non pesterò qualche cagata. Già. Si vede che mi piace pensar positivo.

Sospiro quel poco di ossigeno che mi è rimasto in petto. L'aria calda vorrebbe fuggire, ma rimane incastrata nella trama della sciarpa. Si spande lentamente, creando una piccola onda di calore che mi accarezza il viso. E con esso, va a riscaldare anche le piccole gocce che ormai rigano le mie guance.

Pfff, lo sapevo che sarebbe finita così. Lo sapevo che non avrei resistito fino a casa. Che avrei finito solo per attirare ancora altri sguardi su di me. Ma in fondo non m'importa, sai? Nulla di quello che accade in questo mondo mi importa veramente. Davvero. Non mi frega se una vecchietta ninja mi vedrà in questo stato. Non mi frega nemmeno se ciò che più mi sta a cuore viene considerato dagli altri come un passatempo per gente annoiata. Se io stesso vengo considerato come uno che non sa dare il giusto peso alle cose. Uno che non sa come vivere e che cerca rifugio tra fumetti e altre fantasie. Non mi interessa se i miei sentimenti vengono ritenuti sbagliati e se io stesso venga considerato uno sfigato. Davvero, nulla di tutto questo riesce nemmeno a sfiorarmi. Perché guardando allo squallore del tuo mondo, alla pochezza dei tuoi ideali, alla miseria dei tuoi sentimenti, non ho nessun dubbio su chi di noi due abbia un problema con la vita. Appunto, è altro quello che mi affligge. Quindi, qual è quel problema che ti nascondevo e che tu provavi a capire? Vuoi veramente saperlo? Benissimo; non aspettiamo oltre.

Ecco, è questo continuo vagare senza mai poter rientrare a casa; alla mia vera casa. È questa lunga, lunghissima apnea che mi graffia i polmoni, che mi scava la gola; che mi schiaccia le tempie. Come la pressione devastante dell'oceano nel quale sto sprofondando. Con la luce che si dirada, lenta lenta, mentre quest'acqua oscura si riempie di sguardi; si riempie degli occhi senza pupilla di quelle smisurate bestie preistoriche. Quello che mi soffoca è questo schermo dietro al quale vedo i miei amici, i miei amori e tutte le emozioni che ho provato fino ad oggi. È il vetro di un acquario immenso, dal quale non posso fuggire. Un vetro interminabile che separa la mia lenta caduta nell'abisso da quel mondo luminoso. Da quella magnifica, irraggiungibile realtà.

Concorso "Voce alle emozioni" PessimoAugustoWhere stories live. Discover now