Finalmente a casa

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Oggi, dopo avermi appiccicato sulla mia schiena imbottita un photoshop con la mia faccia su di un maiale che dice "prendimi a calci", sono scappato da scuola dalla finestra del bagno. Certo... Con un volume come il mio è stato difficile passare, ma la mia determinazione nell'abbandonare quel covo di vipere mi ha liberato da quello stretto buco. 

Tornato a casa non ho avuto l'accoglienza che desideravo, ma d'altronde uno ci fa l'abitudine. Il giorno della fatidica "rissa" nessuno è venuto a prendermi. Sono tornato in sella alla mia bicicletta, unica amica fedele, percorrendo 50 metri (i più dolorosi della mia vita).

Mia madre lavora fino alle 22:45 in uno squallido locale come barista, mentre mio padre ci ha lasciati quando ero ancora un poppante. Il sogno di lei era di dominare la scena nei teatri di Broadway o sul grande schermo. Aspirava al premio oscar, ad essere una Bette Davis degli anni nuovi. Beh di certo il naso a patata ce l'ha... Purtroppo non andò come voleva lei, gli agenti non la volevano considerandola "un'anfora dorata, ma vuota al suo interno". In effetti mia madre era di una bellezza divina. Con quei suoi dolci occhi azzurri e quel suo sorriso candido che illuminava le vie di questa triste cittadina romana incantava il cuore di ogni uomo. Non aveva talento. Questo era il suo problema, non aveva un briciolo di bravura e di umiltà e questo la portò a quello che è oggi, una donna sciatta con le occhiaie e i denti di un colore simile a quello dello scotch che vende.

Tornata a casa la donna non ha neanche la forza di starmi a sentire: arriva, si versa un goccio di whisky, si butta sulla sua poltrona e si mette a dormire. Io non ho il coraggio di svegliarla. Anche quando le mie lacrime hanno bisogno di trovare un rifugio in un abbraccio materno non oso disturbare quel suo sonno che la libera da qualsiasi sentimento, emozione o sensazione. 

Vi confesso una cosa, la mia luce prima di oscurarsi aveva un altro colore che si accendeva lentamente quando vedevo la mia nonna, il verde. Un semplice ma significativo verde speranza che spazzava magicamente qualsiasi sentimento che mi lacerava l'anima. Purtroppo la nonna se ne è dovuta andare dopo il divorzio da nonno. E' stata la donna che mi ha sempre amato incondizionatamente, anche senza la parentela lei mi amava più dei suoi nipoti biologici. Il suo ricordo e cucito, anzi saldato, nel mio cuore, guerriero dall'animo inarrestabile ma stanco di combattere per niente. 

Eh sì, la mia famiglia è disastrata, ma ho imparato a tirarmi su le maniche e andare avanti da solo; perché sono il paladino della mia guerra, che devo vincere.

Ma attenzione, per vincere la guerra prima devo finire questa assurda e infinita battaglia contro la bolla, apparentemente leggera, ma pesante quanto un macigno, che mi schiaccia, che mi soffoca. 

E' anche vero che ho paura di scoppiarla, perché non so come sarebbe senza. Nonostante mi abbia negato per sedici anni la possibilità di interagire e affrontare i mie demoni, mi ha protetto dai sentimenti e da quelle frecce avvelenate lanciate dagli sguardi degli altri che mi penetrerebbero se non fosse per questo scudo che si è fortificato con il tempo. 

Come sarebbe mettere il piede fuori dalla mia amica/nemica, respirare aria nuova, saper esprimere ciò che penso e non balbettare come al solito. Provare timore per chi mi fa cadere a terra, ma anche tenacia per quando mi rialzerò urlando. Si esatto, sfracellare questa bolla urlando, gridando, percuotendo violentemente l'ugola e liberarmi di tutto. Che bello, che sogno!

Urlare per sputare fuori dal mio corpo l'acidità e l'odio, e la tristezza distruggente. Urlare per... Per sentirmi LIBERO.

Invece no, non ci riesco. Io provo ad urlare ma non esce niente dalla mia bocca. Mi tocca sopportare tutto, respirare per calmare il flusso del sangue alimentato dalla rabbia. Aspettare le due per poi tornare a casa a bordo della mia Titti, arrugginita ma ancora abbastanza forte per sopportare il peso delle mie lacrime che scivolano dal mio viso su Titti. Forze sono esse la causa dello stato rugginoso della bici. 

Andiamo Titti, non pensiamo ad oggi, guardiamo invece queste stelle, bianche, innocenti, piene di luce. Loro non hanno bisogno di un riflettore, e neanche tu. Beata te Titti, beate te! 

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⏰ Last updated: Jun 10, 2018 ⏰

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Questo riflettore buio ||Valerio Montanari||Where stories live. Discover now