Capitolo 2

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Trina

L'Elezione del nuovo Gerarca era un evento importante e imprescindibile per qualunque abitante della Città. Dal momento che i Gerarchi nella storia potevano vivere di più rispetto agli altri grazie al potere del Guanto, non tutte le generazioni avevano avuto l'occasione di assistere ad una successione. Trina, quel giorno, doveva indossare l'abito da cerimonia: una lunga tunica bianca che le sfiorava le caviglie e dalle maniche lunghe e larghe. Arabeschi argentati si intersecavano sul suo petto acerbo, arrampicandosi fino alla scollatura, dove, da un colletto rigido e grigio, spuntava il suo collo lungo e sottile. Per uomini e donne, adulti e piccini l'abbigliamento era lo stesso, cambiava soltanto il modo in cui gli arabeschi si intrecciavano sulla stoffa del vestito.

Non era ancora mezzodì e le strade si stavano riempiendo di persone. Nessuno si sarebbe mai sognato di far mancare la propria presenza. Tutti erano coinvolti, senza esclusioni. I loro piedi scalzi macinavano l'asfalto reso tiepido dalle lanterne di Lux che illuminavano a giorno le strade. Potevano percepire una piacevole tepore che scorreva sulla loro pelle liscia e priva di imperfezioni. Trina e la sua famiglia stavano percorrendo una delle vie secondarie che, come molte altre, confluivano a mo' di capillari in una grossa arteria centrale: il Decumano. Qui milioni di teste brulicanti camminavano lentamente verso il podio al centro della Città. Sembravano dei fantasmi, che fluttuavano silenziosi quasi senza sfiorare la strada. I loro abiti bianchi danzavano come le ali delle farfalle che si intravedono controluce nei campi in primavera. Non si assisteva spesso ad uno spettacolo del genere, perché non erano tante le occasioni per festeggiare. Non esistevano le festività come esistono da noi, non c'erano la Pasqua o il Natale o il Capodanno. L'unica ricorrenza annuale era il Gran Compleanno di tutti, ovvero il giorno in cui sistematicamente le persone venivano progettate per nascere. Vecchi, adulti, ragazzi e piccini festeggiavano insieme condividendo i ricordi degli anni passati e celebravano umilmente per accogliere i nuovi venuti al mondo. Le persone venivano così classificate per generazioni. Trina apparteneva alla generazione 3333, Pico faceva parte della 3341, essendo otto anni più piccolo rispetto alla sorella, Giana era della 3301. Quella mattina, quel preciso giorno, avveniva a cavallo tra la generazione 3349 e 3350. La Grande Epidemia di otto anni prima, era avvenuta durante la generazione 3341.

Trina, Pico e Giana si erano appena introdotti nel Decumano, quando qualcuno sussurrò qualcosa all'orecchio della ragazza.

«Ehi... Pss...»

Nell'esatto momento in cui Trina voltò le proprie spalle, si ritrovò a qualche spanna di distanza da un ragazzo dai capelli rossi, i tratti spigolosi e un paio di occhi blu tanto profondi quanto due pozzi d'acqua stagnanti.

«Ehi Cel...»

Trina lo salutò con un cenno del capo disinteressato e uno sguardo un po' perso tra le nuvole. Di certo non si aspettava l'arrivo dell'amico, ma non ne era neanche particolarmente sconvolta. L'entusiasmo era un'emozione troppo potente per essere provata dalla sua gente e, con essa, anche da lei. Il ragazzo le rivolse un sorriso pacato, tranquillo, anestetizzato da un senso di torpore che accumunava tutti quanti. Era sempre così: c'era sonno nell'aria, si respirava fin dentro le narici, fin dentro l'anima.

«Ho un po' di paura»

Ammise Celantur, con dell'imbarazzo sul viso, mentre le gote si coloravano di una discreta tonalità rosata. O forse era colpa delle luci a giorno che gli riscaldavano le gote?

«Perché?»

Trina sapeva già la risposta, ma dentro di sé continuava a convincersi del contrario: che non sarebbe successo niente, che le leggende riguardo la successione non erano così veritiere come le erano state raccontate. Ormai negare l'evidenza era impossibile, ma tutti continuavano ad autoconvincersi di essere al sicuro: questa volta non sarebbe successo niente.

Lux PopuliWhere stories live. Discover now