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[Amber’ pov]

Continuò a singhiozzare anche quando lo portai in cucina. Mentre cercavo un bicchiere, gli unici suoni udibili erano causati dal mio aprire e chiudere le ante degli scaffali e dai suoi singhiozzi di tanto in tanto.

“Sai,” singhiozzo, “potresti anche chiedermi,” singhiozzo, “aiuto,” disse Harry, osservandomi cercare un cavolo di bicchiere. Dove li nascondevano? Nella vasca da bagno?

Ma aveva ragione. Fermai la mia ricerca e mi spostai una ciocca di capelli da davanti al viso, quando lui mi sorrise e fece due passi- prese un bicchiere da uno scaffale che avevo mancato, dall’altra parte della cucina, sopra al microonde, ovviamente era pieno di bicchieri. Me ne diede due. Sembrava che tutti fossero diversi.

Era adorabile. E con ogni singhiozzo lo guardavo per vedere il modo in cui sussultava ogni volta, mentre riempivo il bicchiere con l’acqua del rubinetto. Era una cosa stupida, ma non potevo smettere di sorridere. Non potevo impedire al mio cuore di sentirsi felice e caldo.

“Dovresti provare a berlo con la testa piegata in avanti,” gli passai il bicchiere e lo vidi prendere un sorso.

“Sei seria?” singhiozzò, dicendo l’ultima parola. Provai ad ignorare i segni della sua stanchezza. Lì, in quella cucina illuminata, erano così chiari i cerchi sotto agli occhi e come sembrasse essere meno vivo, meno energico, meno Harry. Non c’era assolutamente traccia del solito colorito delle sue guance o le linee della sua pelle, quando sorrideva.

Annuii e mi appoggiai al bancone, prendendo la sua mano. L’avevo lasciata nel disperato tentativo di cercare un bicchiere- quando aveva rotto il silenzio.

 Era bello. Era sempre così caldo. La sua pelle era sorprendentemente soffice, anche se le sue dita erano più ruvide, probabilmente per via del fatto che suonasse la chitarra, ma mi piaceva la sensazione della sua mano con la mia. Mi piaceva tracciare con le dita i suoi tatuaggi del lucchetto e della croce. Mi piaceva seguire le linee, le forme, sentire il calore che veniva irradiato dal mio piccolo sole singhiozzante.

Non erano i pianeti ad essere attratti dal loro sole? Beh, lo facevo anche io.

“Prova, piegati e bevi. Ti prometto che funziona,” non sembrò dubitare la mie parole nemmeno per un secondo e dopo avermi guardato negli occhi- si piegò e bevve.

Ridendo, mi sedetti sul bancone, mentre lui cercava di svuotare il bicchiere. Avevo lasciato la sua mano, cosicché potesse tenere il bicchiere con entrambe le mani, e nel frattempo cercai tra gli scaffali un’altra cosa.

“Ha funzionato?” si alzò dalla sua posizione e per mia gioia, le sue guance avevano acquistato un po’ di colore, grazie a quella posizione.

“Credo che forse,”  aspettammo entrambi per sentire un possibile singhiozzo. Ma non ci fu niente. Mi sorrise, “Credo che abbia funzionato.”

“Mi mancherà però,” gli sorrisi a mia volta; lui finalmente notò la scatola dei cereali che avevo in mano, e io lo guardai, chiedendogli silenziosamente se potessi prenderne un po’.

“Mi dispiace per i cereali,” disse Harry, una volta tornati in camera.

“No, mi piacciono i cereali, e la cosa più importante è che abbiamo curato il tuo singhiozzo!” ero seduta sul suo letto, come aveva insistito lui, con la mia schiena contro al muro, guardandolo andare in giro per la stanza a raccogliere vestiti, fogli e altri oggetti fuori posto, sul pavimento. Non che mi importasse.

Gli avevo detto ripetutamente che non doveva, ma mi aveva fatto la linguaccia in risposta. Spinse una pila di vestiti sotto alla scrivania- beh almeno il pavimento era libero.

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“Hai freddo? O vuoi ancora dell’acqua? Posso ordinare una pizza se hai fame?” mi chiese, finalmente soddisfatto con il livello di disordine nella sua stanza, che pensava fosse appropriato quando c’erano degli ‘ospiti’.

“Sto bene. E tu. Stai bene?” in risposta si tolse la felpa grigia, rivelando una maglietta bianca. Come di riflesso tirò la felpa sul pavimento- prima di ricordare che non sarebbe dovuta stare per terra- invece la prese e la appese sulla maniglia della porta.

“Io sono. Io. Non lo ehm,” le sue parole erano confuse.

Scesi dal letto e feci dei passi verso il mio piccolo sole, in piedi con i suoi occhi chiusi, confuso. Era come se aver ‘pulito’ la stanza fosse stata l’ultima cosa a cui era riuscito a pensare per tenersi occupato.

Quindi rimase in piedi con una mano nei capelli, l’altra sul suo fianco, e con gli occhi chiusi.

Attentamente mi avvicinai, fino a che non arrivai di fianco a lui e potei posare una mano sulla sua fronte. I suoi occhi si aprirono lentamente, quando lasciai il mio palmo sulla sua pelle, cercarono il mio volto. Sembrava che stesse bruciando contro al mio tocco.

Quando la mia mano fu calda come la sua pelle, lasciai le mie dita correre sul lato della sua faccia e poi lasciai cadere la mano. Nel frattempo lo guardai con occhi preoccupati, “Quand’è l’ultima volta che hai dormito, Harry?”

I suoi occhi non si spostarono dai miei, e riuscii a vedere qualcosa muoversi dentro. Improvvisamente diventarono disperati.

“Mi dispiace. Mi dispiace per qualsiasi cosa io abbia fatto di male,” i suoi si spostavano velocemente sul mio volto e il suo respiro diventò più frenetico. Sembrava che sentisse il bisogno di dire ogni parola, “ti prego perdonami. Ti prego. So di aver rovinato tutto. Mi dispiace. Non avrei dovuto spingerti in quel modo- e non avrei dovuto dirti tutte quelle cose su di me. Non sono un tuo problema. Ti prego, ti prego perdonami. So che non dovrei chiedertelo ma-“

Senza dire nulla, lo presi per mano e lo portai al letto, zittendolo, “Per prima cosa; non hai fatto niente di male.” Era fantastico poterlo dire- ancora. L’avrei potuto dire altre migliaia di volte e non mi sarei mai stancata. L’avrei detto tante volte, quante ne sarebbero bastate a lui per crederci. Sembrava che dicendole ad alta voce, potessi incollare i pezzi che la sua voce aveva rotto.

“E seconda cosa; penso che tu abbia davvero bisogno di dormire, Harry.” Sussurrai l’ultima parola, spostando le sue coperte blu di lato e gli feci segno di sdraiarsi. Con ogni secondo in cui lo guardavo nella luce della lampada, che lui aveva acceso prima, mi sembrava sempre più evidente quanto  fosse stanco. Improvvisamente divenne chiaro che non avesse dormito-  ma si era portato al limite con le corse e gli allenamenti e Dio sapeva cosa per occupare la sua mente con il dolore fisico, solo per dimenticare.

Le parole di Jenny risuonarono nella mia mente, mentre andavo a prendere dalla sua pila di vestiti una sua maglietta, “Posso?”

Lui annuì , senza dire una parola, appoggiando la testa sulla sua mano. I suoi occhi riuscivano a malapena a stare aperti.

[Harry’s pov]

Stavo sognando? Era davvero stata nella mia stanza con una delle mie magliette nelle sue mani perfette? Lasciai cadere la testa sul cuscino, provando a ricordare l’odore di lavanda. Il suo odore. Coprendo i miei occhi con le mani. Nel buio, continuavo a rimanere aggrappato  a quel pensiero; lei era lì. Lei mi aveva sorriso prima di lasciare la stanza e andare in bagno. Lei era lì. Avevo ascoltato attentamente il rumore della porta chiudersi e di vestiti cadere per terra.

“Harry?”

I miei occhi si aprirono al suono della sua voce. E passando dal buio a vedere lei- improvvisamente ero completamente sicuro che lei fosse un angelo in quel momento. Il modo in cui i suoi capelli castani ricadessero liberi , il modo in cui la mia maglietta bianca le arrivasse a metà delle cosce nude. Il modo in cui la sua pelle era così morbida e perfetta. Il modo in cui non avesse bisogno di trucco per essere più bella di ogni cazzo di stella del cielo o di ogni cristallo di ghiaccio.

Mi spostai per lasciarle spazio sotto la coperta. Il mio cuore batteva all’impazzata. Ero così stanco, ma ancora terrorizzato di qualsiasi mia mossa. Così spaventato che un semplice tocco sbagliato l’avrebbe fatta scomparire per sempre. Quindi rimasi fermo- quasi quasi trattenendo il respiro.

Il più attentamente possibile le scostai una ciocca di capelli, come facevo di solito. Posando poi la mia testa sulla mia mano, rimanendo sdraiato di lato, guardando l’angelo che avevo di fronte a me.

E magari era un sogno. O magari ero andato all’inferno e poi in paradiso. Non ne avevo idea- tutto era sfocato tranne lei. Si accoccolò sul mio petto e a me non importava cosa sarebbe successo quando non sarebbe stata più con me. Non mi importava di domani o del giorno dopo. Assaporai il momento con tutto il mio cuore. Sapendo bene che ne sarei uscito distrutto- ma non mi importava. La avvolsi con un braccio e appoggiai la testa sul cuscino, accanto alla sua.

Scommetto che la vostra reazione, quando avete visto l'aggiornamento sia stata: "Oh chi si rivede?" oppure "Ah allora è ancora viva!" oppure "Alleluja" oppure "Le mie preghiere sono state ascoltate" oppure "I miei insulti sono stati ascoltati" oppure, se avete aggiunto la traduzione nella vostra biblioteca, per errore "Ma chi è questa?" 

Detto ciò, perdonate il mio ritardo... non posso ancora crederci! è una settimana che vado a scuola e mi ritrovo tutti i pomeriggi a studiare/fare i compiti/ fare i compiti che non ho fatto durante le vacanze! 

Cercherò di aggiornare di più, promesso :) 

the journal - h.s. [Italian]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora